ITALO SVEVO TRIESTE 1861

ITALO SVEVO TRIESTE 1861


VITA: (Trieste 1861 – Motta di Livenza – TV – 1928) – pseudonimo di
Ettore Schmitz- Quando nasce Trieste non è ancora italiana (lo sarà nel
1918). La sua formazione culturale è caratteristica perché si svolge
nell’ambiente mitteleuropeo della città, aperta a influenze germaniche,
ma anche inglesi, al fatto che non è legata a quella del tipico
intellettuale dell’epoca, di estrazione universitaria, inserito nei circoli
culturali ufficiali. Studia in un collegio in Baviera, poi viene avviato
agli studi commerciali. Nel 1880, in seguito al fallimento dell’industria
paterna, si impiega in banca e ci resterà 20 anni, collaborando a riviste
letterarie e scrivendo i suoi primi romanzi. In questo senso Svevo è un
intellettuale “non professionista” (vedi D’Annunzio). Legge gli autori
classici tedeschi e italiani, quelli del realismo francese e pubblica a
proprie spese i suoi romanzi: Una vita (1892) e Senilità (1898) che
passeranno del tutto inosservati. Smette di scrivere per un ventennio
ma tiene un diario. Viaggia a Venezia, Londra e in tutta Europa. Nel
1905 inizia l’amicizia con Joyce. Tra il 1908 e il 1912 legge Freud. Nel
1923 pubblica, sempre a proprie spese, La coscienza di Zeno, che suscita
la positiva critica di Joyce e Montale, e di quella francese. Diventa
quindi famoso e progetta altri lavori: Il vecchione, ma muore in un
incidente stradale nel 1928.
NOTE: Da notare che Svevo è un personaggio “estraneo” alla cultura
ufficiale, come testimoniano anche le documentazioni lasciate da
famigliari e amici.


CARATTERISTICHE
L’INETTITUDINE: Se nel primo romanzo, Una vita, si nota una struttura
di tipo verista, in realtà, a differenza del verismo cambia tutta la
prospettiva di fondo. Qui infatti la sconfitta (suicidio) o gli insuccessi
in ogni caso dei personaggi sveviani non dipendono da una lotta tra
l’uomo e la realtà esterna, l’insuccesso invece è il prodotto della loro
stessa inettitudine, dalla confusione tra i propri desideri e la realtà,
dalla non comprensione delle effettive relazioni umane e anche dalla
non conoscenza di se stessi.


MONOLOGO INTERIORE: Con Senilità Svevo liquida del tutto ogni
riferimento alla struttura verista del romanzo. Infatti alla narrazione
obiettiva degli eventi si sostituisce la narrazione secondo la risonanza
interiore che i fatti hanno sul protagonista. È la tecnica del “monologo
interiore”, in cui i fatti e la loro successione, l’interpretazione, vengono
espressi attraverso il punto di vista dell’autore, filtrato dalla sua
coscienza.


FLUSSO DI COSCIENZA: Un’ulteriore innovazione di Svevo si ha con La
coscienza di Zeno, dove viene adottata la tecnica del “flusso di
coscienza”, per la quale il fluire imprevisto dell’inconscio si sostituisce
al racconto stesso ed elimina ogni criterio temporale e di continuità
della narrazione. La coscienza di Zeno infatti descrive l’autore e i suoi
fallimenti a partire da annotazioni stesse dell’autore su aspetti della
propria vita. La stessa divisione del romanzo in capitoli distinti come
storie ben precise è il frutto di questa tecnica. Svevo è contemporaneo
di D’Annunzio, ma i personaggi dei suoi romanzi sono l’esatto contrario
dell’eroe dannunziano e del carattere formule e letterario dei suoi
romanzi.


PSICANALISI: Si nota che senza Freud non sarebbe mai nata La coscienza
di Zeno e quindi il legame che esiste con la psicoanalisi. La sua opera è
la più straordinaria rappresentazione in campo europeo di una
fenomenologia analitica del “malessere”.


SIGNIFICATI GENERALI: “In lui la sofferenza nevrotica viene assunta, per
la prima volta, come fondamentale condizione dell’uomo
contemporaneo (Balbis, ecc.). In pratica la posizione di Svevo va vista
sotto questo aspetto: ci troviamo in un’epoca in cui la distruzione di
forze produttive è alla base della contraddizione tra aspirazioni e
bisogni dell’umanità e le loro possibilità di realizzarsi che si riducono
via via e che il “progresso” non garantisce. È questa la base di una sorta
di “nevrosi permanente” del personaggio umano dell’età
contemporanea, protagonista dei romanzi di Svevo.


INTERPRETAZIONI
Svevo si tirò addosso l’accusa di “scrivere male”, accusa che partiva da
una incomprensione delle sue innovazioni letterarie. Erano gli anni del
classicismo della rivista “La Ronda”. Anche Montale che aveva scoperto
e difeso Svevo, si tirò addosso critiche. La fortuna di Zeno si stabilizza
poi con i “neorealisti” che lo riscoprono nel dopoguerra. In diversi
comunque si occupano di lui come Contini per l’analisi linguistica,
Manacorda e altri critici che cominciavano ad avere una certa
dimestichezza con la psicanalisi (Saccone, David).

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