PARAFRASI I FIUMI di GIUSEPPE UNGARETTI
-PARAFRASI:
Mi tengo a quest’albero spezzato, isolato e abbandonato dal consorzio umano, in questa dolina, che è priva di vitalità come un circo nel momento precedente e successivo allo spettacolo, e osservo le nuvole che passano sulla luna. Questa mattina mi sono disteso sull’acqua, quasi fossi in un’urna, e ho riposato come una reliquia. Le acque dell’Isonzo mi levigavano come se fossi un sasso. Mi sono alzato e me ne sono andato come un acrobata che cammina sull’acqua. Mi sono seduto vicino alle mie vesti sporche per la guerra, e come un beduino mi sono chinato a prendere il sole. Questo fiume è l’Isonzo, e qui meglio ho potuto vivere l’esperienza di sentirmi in comunicazione con la natura, come una docile fibra dell’universo. La mia sofferenza è causata dal non sentirmi in armonia con ciò che mi circonda. Ma quelle mani nascoste nell’Isonzo che mi stringono nell’acqua, mi regalano una felicità che è rara a trovarsi. Ho ritrascorso le età della mia vita. Questi sono i miei fiumi. Questo è un Serchio, al quale hanno attinto forse per duemila anni i miei antenati campagnoli e i miei genitori. Questo è il Nilo, vicino al quale sono nato e cresciuto, inconsapevole del mio destino, trascorrendo la mia fanciullezza nelle estese pianure. Questa è la Senna, e in quella sua acqua fangosa mi sono rimescolato acquisendo la consapevolezza di me stesso. Questi sono i miei fiumi che confluiscono nell’Isonzo, ma che sono distinguibili gli uni dagli altri. Questa è la mia nostalgia, che traspare dal ricordo di ognuno di loro, ora che è notte, e che la mia vita mi sembra un fiore (l’essenza del fiore) circondato dalle tenebre. “ la pioggia nel pineto” – d’annunzio Taci. Entrando nel bosco non odo più suoni umani; ma odo parole insolite pronunciate dalle gocce e foglie che cadono in lontananza. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici impregnate di salsedine ed arse dal sole, sui pini dalle scorze ruvide e dalle foglie aghiformi, sui mirti sacri a Venere, sulle ginestre dai gialli fiori raccolti sui ginepri che sono pieni di bacche profumatissime, Piove sui nostri volti divenuti tutt’uno con il bosco piove sulle nostre mani nude, sul nostro corpo, sui nuovi pensieri sbocciati dall’anima rinnovata sull’illusoria favola dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude o Ermione. Odi? La pioggia che cade sul fogliame della pineta deserta producendo un crepitio che dura e varia secondo quanto è folto il fogliame. Ascolta. Alla pioggia risponde il canto delle cicale che non è fermato né dalla pioggia né dal colore scuro del cielo. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, e le gocce di pioggia sono come miriadi di dita che fanno suonare diversamente queste piante. Noi siamo nel più intimo della foresta, non più esseri umani ma vivi d’una vita vegetale; E il tuo volto bagnato ed inebriato dalla gioia e le tue chiome profumano come le ginestre, o creatura originata dalla terra
Contenuto del testo
vv. 1-26: il poeta si trova nel Carso, in una dolina, durante la Prima guerra mondiale; riflette con se stesso e dice di essersi steso dentro ad una cavità piena d’acqua, vicino all’Isonzo. Lì ha iniziato a contemplare il paesaggio, poi ha raccolto i suoi vestiti e si è messo a prendere il sole
vv. 27-41: il poeta riflette sull’Isonzo, il fiume in cui si trova; lì egli si riconosce come una parte dell’Universo e individua le radici del suo dolore quando non si sente in armonia con ciò che lo circonda
vv. 42-69: il poeta compie un percorso mentale, attraverso i quattro fiumi che hanno segnato le quattro tappe più importanti della sua esistenza: il Serchio, fiume della Lucchesia, che ricorda ad Ungaretti la sua famiglia originaria di quelle parti; il Nilo, che gli ricorda l’Egitto, dove è nato e dove ha trascorso la sua infanzia; la Senna, che gli ricorda l’ambiente francese, nel quale ha completato la sua formazione culturale e letteraria. Infine l’Isonzo, il fiume legato al momento presente, quello della guerra, nel quale si ricapitolano tutte le esperienze del poeta che sfociano in una amara considerazione sulla vita e sul dolore.
Analisi e commento del testo.
Il poeta sceglie di rappresentare la sua vita attraverso quattro fiumi che segnano le tappe più significative della sua biografia familiare e personale:
Il Serchio rappresenta le origini della famiglia del poeta, i cui genitori erano lucchesi; inoltre, per estensione, sta ad indicare un’indagine sulle radici dei propri antenati agricoltori e lavoratori della terra.
Il Nilo rappresenta l’Egitto, la terra in cui Ungaretti è nato, il paese in cui ha vissuto la sua infanzia.
La Senna rappresenta la Francia, la sua formazione culturale ed intellettuale, il contatto con il mondo della Letteratura (Espressionismo, avanguardie, simbolismo) e della Filosofia (Bergson).
L’Isonzo rappresenta il momento attuale, la guerra nel Carso, la morte, la distruzione. In questo fiume sono ricapitolati tutti gli altri, cioè le tappe fondamentali della vita dell’autore
Analisi retorica del testo
Numerose e significative le figure retoriche del testo.
9-12: “Stamani mi sono disteso / in un’urna d’acqua / e come una reliquia / ho riposato“, troviamo una metafora (urna d’acqua) che ha un significato simbolico di sacralità. Il poeta, stendendosi nell’acqua, si è sentito come chiuso in un’urna, ha meditato sulla sua vita e sull’esistenza umana e universale; si è riconosciuto come parte dell’Universo e ha trovato in se stesso ed in ogni uomo una dimensione sacrale (ecco il perché dell’accostamento alla reliquia).
13-15: <<L’Isonzo scorrendo / mi levigava / come un suo sasso>> metafora e similitudine = l’acqua assume una funzione rigeneratrice e purificatrice, richiama l’acqua del fonte battesimale
16-17: <<Ho tirato su / le mie quattr’ossa>> sineddoche = la figura umana, designata con le ossa (una parte per il tutto) è scarnificata dal male e dal peccato, ma questo è un presupposto per la sua futura rigenerazione
19-20: <<come un acrobata / sull’acqua>> similitudine = richiama allusivamente Cristo che cammina sulle acque del Giordano e mette alla prova i suoi discepoli sulla fede in lui.
24-25: <<come un beduino / mi sono chinato…>> similitudine = richiama le preghiere dei musulmani che si inchinano rivolgendo il corpo in direzione della Mecca
30-31: <<docile fibra / dell’universo>> metafora = l’uomo è una componente dell’universo debole e parte integrante dello stesso
Molto evidente l’anafora nei vv. 45,47,52,57,61,63 (Questo … Questo … Questi …)
68-69: <<corolla / di tenebre>> ossimoro = dà l’idea della vita come di un quaklcosa di misterioso e di labile, difficilmente conoscibile all’uomo.
Commento
La poesia ripercorre la biografia storico – familiare di Ungaretti con : i quattro fiumi (Serchio, Nilo, Senna, Isonzo) rappresentano le tappe fondamentali della vita del poeta. Attraverso questi fiumi egli riesce a riconoscere se stesso e la propria identità storica, civile, morale e culturale; in pratica, come afferma, si riconosce <<fibra dell’universo>>. La riflessione di Ungaretti, condotta attraverso i fiumi, è una presentazione del proprio <<io>> con un sistema efficace e singolare che può, a buon diritto, essere definito la sua <<carta di identità>>.
Dal punto di vista dello stile, della metrica, del linguaggio il testo è decisamente interessante. Ungaretti è un autore – da questo lato – rivoluzionario. La rivoluzione ungarettiana si inserisce nel panorama del Primo Novecento, sulla scia delle sperimentazioni delle avanguardie storiche (Futurismo, Espressionismo) e della lirica dei crepuscolari (Moretti, Corazzini …). Si avverte l’esigenza di superare la tradizione e di liberarsi dagli schemi classicisti, anche per poter esprimere, in modo più efficace, la condizione di disagio e di precarietà dell’uomo contemporaneo. Ungaretti sceglie, nella prima fase della sua produzione poetica, versi molto brevi, i cosiddetti versicoli, che si presentano frantumati e destrutturano il discorso e la sintassi tradizionale. Pochi gli aggettivi e i connettivi logici, assente la punteggiatura; scarse le rime, sostituite dalle assonanze, dalle allitterazioni, dal fonosimbolismo. La tecnica più usata è il procedimento analogico, che consiste nell’accostare immagini e parole che apparentemente non hanno alcun nesso logico, ma che, in realtà, nascondono segrete corrispondenze e forti connessioni intuitive. La poesia di Ungaretti, in sostanza, punta sull’efficacia espressiva della parola e per questo viene definita <<poesia pura>>.
Possiamo trovare qualche esempio di quanto detto dal testo esaminato:
“Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato”
Non ci sono punti e virgole; i versi sono liberi; si può notare l’assonanza in a:
urna d’acqua / e come una reliquia / ho riposato.
urna d’acqua = è una metafora ed un procedimento analogico: la cavità che raccoglie l’acqua diventa come un’urna nella quale si cala il corpo del poeta che acquista una valenza sacrale, espressa anche dalla similitudine <<come una reliquia>>
Approfondimenti.
Aspetto centrale della lirica è sicuramente il viaggio come percorso spirituale che richiama la vita del poeta. Il tema del viaggio, spesso metaforico, è un motivo ricorrente nella letteratura simbolista e decadente. Possiamo partire da Baudelaire, il maestro dei poeti simbolisti francesi. Egli ha visto il viaggio come evasione nel mondo dei sensi e in quello incontaminato e puro dell’immaginazione. La metafora del viaggio serve a Baudelaire per esprimere il suo disagio verso la società contemporanea in cui non si riconosce. Per questo aspira ad un altro mondo, e in lui ricorre il tema dell’esilio come, ad esempio, l’esilio dell’albatro, che significa poi l’esilio del poeta sulla terra. La ricerca di un “altrove”, diventa l’aspirazione del poeta ad una nuova patria, e, nello stesso tempo, una evasione. Alcune sue composizioni ci parlano, infatti, di un viaggio immaginario che muove dai sensi.
Nel Decadentismo viene ripreso molto il mito di Ulisse, reinterpretato per gli elementi di apertura ed ambiguità che racchiude. Il viaggio di Odisseo diviene una ricerca esistenziale che rende vivo ed attuale questo mito. La ricerca avviene essenzialmente in una dimensione interiore e dell’inconscio.
Il poeta Rimbaud in “Battello ebbro” ci propone un’evanescente metafora del viaggio che si configura come una frattura, un allontanamento da tutto quello che è noto e come una perdita di sensibilità, cioè, in sostanza, un abbandono alla oscillazione delle acque, all’ondeggiamento, alla fluttuazione, quasi un richiamo ad una forma di purificazione che riscopre l’infanzia.
Pascoli invece nell’ “Ultimo viaggio” vede Ulisse come un esule sconfitto, che ricerca una verità superiore, ma invano e muore nell’isola di Calipso dopo una inutile interrogazione sul senso della vita.
Anche il pittore Gauguin, caposcuola indiscusso del Simbolismo pittorico, ha trattato il tema del viaggio. Gauguin rifiuta il soffocante clima sociale che lo circonda. Per questo fugge da Parigi e dall’Europa, attratto dal bisogno di nuovi soggetti da ritrarre, ma anche dalla ricerca di un universo puro e felice in cui rinnovarsi. Frutto di questa esperienza è una sorta di romanzo-diario dei suoi ‘giorni oceanici’: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”.
Infine abbiamo Joyce che nel suo “Ulisse” ripropone ancora il motivo dell’eroe viaggiatore, ambientando però la vicenda nella moderna Dublino. Il viaggio diventa la vana ricerca del senso della vita da parte dell’uomo moderno, che non riesce a trovare il significato della banalità del quotidiano, e si abbandona ad un flusso confuso i pensieri.
Il viaggio in sostanza rappresenta una compresenza tra la fedeltà alle radici della terra natale e dei valori della società in cui si vive, e la volontà della ricerca, della conoscenza piena dell’altro. E’ un rischio di perdere qualcosa, ma può essere anche l’occasione di conquistare qualcos’altro e di realizzare la speranza del ritorno o l’esperienza estatica dell’ abbandono all’ignoto.