RICERCA SU ADOLF HITLER
RICERCA SU ADOLF HITLER
Introduzione
Adolf Hitler, nato in Austria, demagogo dalle doti carismatiche, prese il potere in Germania a cavallo tra gli anni Venti e i Trenta del nostro secolo; era un tempo di gravi sommovimenti politici, sociali ed economici. Un primo tentativo di andare al potere con la forza nel 1923 fallì: egli finì per andarci democraticamente. Una volta insediato a capo del paese, Hitler eliminò ogni forma di opposizione e diede inizio a un ambizioso programma di conquista del mondo e di eliminazione degli ebrei, secondo le idee diffuse nel libro Mein Kampf.
Il suo Reich, che doveva essere “l’Impero dei mille anni”, ne durò appena dodici ed egli morì distrutto e sconfitto.
Infanzia e prima giovinezza
Adolf Hitler nacque il 20 aprile 1889 nella città austriaca di Braunau, quarto figlio di Alois Schickelgruber e di Klara Hitler. Due dei suoi fratelli morirono di difterite da piccoli, e un altro morì neonato. Alois era un doganiere, figlio illegittimo: la sua cameriera lo descrive come un uomo «molto severo ma tranquillo». Il piccolo Adolf fu coperto di tenerezza e amore dalla mamma.
Quando Adolf ebbe tre anni, la famiglia si trasferì oltre confine, a Passau, sul fiume Inn, dal lato tedesco. Di lì a due anni nacque un altro fratello, Edmond. La famiglia traslocò di nuovo nel 1895, e andò a vivere in campagna, nel paesino di Hafeld, 45 chilometri a sud-ovest di Linz. Nel 1896 nacque un’altra sorella, Paula, la sesta nata dalla coppia; inoltre vi erano un fratellastro e una sorellastra, nati da uno dei due precedenti matrimoni del padre.
In seguito a un ulteriore trasloco della famiglia, Adolf visse per sei mesi nei pressi di un grande monastero benedettino. Nello stemma del convento figurava in posizione assai visibile una svastica. Da ragazzo, il sogno di Adolf era di diventare sacerdote. Secondo l’aneddotica il padre lo percuoteva regolarmente durante l’infanzia, ma si trattava di un provvedimento disciplinare assai comune per quei tempi.
Intorno al 1900 cominciò a emergere il talento pittorico di Hitler. A scuola andava abbastanza bene: poteva scegliere se continuare gli studi presso il Gymnasium, che preparava all’università, o alla Realschule, di carattere tecnico-scientifico. Poiché in quest’ultima si insegnava il disegno, Adolf accettò la decisione del padre di iscrivervelo. Non fu un buon allievo.
Il padre di Adolf morì nel 1903 in seguito a un’emorragia pleurica. Adolf stesso andava soggetto a infezioni polmonari, e lasciò la scuola a sedici anni, un po’ per motivi di salute, un po’ a causa del suo cattivo rendimento.
Nel 1906, Adolf ebbe il permesso di visitare Vienna, ma non riuscì a ottenere l’ammissione a una prestigiosa scuola d’arte.
Nello stesso anno sua madre si ammalò di un tumore maligno al seno e fu curata dal dottor Eduard Bloch, un medico ebreo che curava i poveri. In seguito a un’operazione e a un trattamento dolorosissimo e costoso per il quale fu costretta ad assumere un farmaco molto pericoloso, ella morì il 21 dicembre 1907.
Hitler visse per sei anni a Vienna; viveva con un piccolo lascito ricevuto alla morte del padre e con una pensione da orfano. Nel 1909 non aveva letteralmente più un soldo, e girava per Vienna come un vagabondo: dormiva nei bar, negli albergacci di infimo ordine, nei dormitori pubblici, compresi alcuni, per colmo di ironia, finanziati da filantropi ebrei.
Fu durante questo periodo ch’egli andò formando i propri pregiudizi sugli ebrei, l’interesse per la politica e le capacità oratorie. Secondo la biografia di Hitler curata da John Toland, due dei suoi più cari amici di quel periodo erano ebrei, ammirava i mercanti d’arte ebrei e i cantanti e i produttori ebrei che lavoravano nell’opera lirica. Tuttavia a Vienna l’antisemitismo era molto diffuso e la stampa ritraeva gli ebrei secondo i soliti stereotipi, attribuendo loro le colpe di molti problemi: e Hitler subì il fascino di quella propaganda.
Nel maggio del 1913 Hitler cercava di evitare il servizio militare: lasciò Vienna e si diresse verso Monaco di Baviera, in seguito a un improvviso lascito da parte di una zia morente. A gennaio gli arrivò in casa la polizia con un ordine di chiamata alle armi da parte del governo austriaco. Il documento diceva che, qualora egli fosse stato trovato colpevole di abbandono della patria allo scopo di evitare il servizio militare, sarebbe stato condannato a una multa e a un anno di prigione. Fu arrestato sul posto e portato al consolato austriaco. Quando si presentò in caserma, a Salisburgo, per la visita medica, venne trovato «non idoneo… troppo debole…non in grado di portare armi».
Hitler combatte nella prima guerra mondiale
Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, fu ucciso a Sarajevo da uno studente serbo, membro di un’organizzazione indipendentista: l’attentato fu la scintilla che fece scoppiare la prima guerra mondiale.
La xenofobia di Hitler, rivolta particolarmente contro gli slavi, ne risultò infiammata. Egli si trovò coinvolto nel patriottismo dell’epoca e fece domanda per essere accettato nell’esercito bavarese.
Dopo meno di due mesi di addestramento, il reggimento di Hitler combattè per la prima volta contro inglesi e belgi presso Ypres. Egli sfuggì alla morte in battaglia in più di un’occasione, e fu poi insignito di due Croci di ferro per il suo coraggio. Fu promosso appuntato, ma non andò oltre. Nell’ottobre del 1916 fu ferito da una bomba nemica ed evacuato in un ospedale militare nell’area di Berlino. Dopo la guarigione, e dopo quattro anni complessivi di trincea, egli rimase temporaneamente cieco a causa di un bombardamento di iprite avvenuto in Belgio nell’ottobre del 1918.
I Freikorps
Mentre Hitler si rimetteva in salute molte insurrezioni di ispirazione comunista sconvolsero la Germania. Alcuni dei capi di questi moti erano ebrei, e ciò scatenò in lui l’odio per gli ebrei e per i comunisti insieme. Il 9 novembre il Kaiser abdicò e i socialisti andarono al potere. L’anarchia regnava nelle città.
I Freikorps erano un’organizzazione paramilitare composta di veterani della guerra organizzati in bande per combattere le sempre più frequenti rivolte comuniste che sconvolgevano la Germania. I Freikorps riuscirono a domare queste insurrezioni. I suoi membri andranno a comporre il nucleo delle Camicie brune, l’esercito del Partito nazista.
La repubblica di Weimar
Con la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, la monarchia tedesca ebbe fine e fu proclamata la repubblica. Fu redatta una costituzione che prevedeva un presidente con ampi poteri politici e militari e una democrazia parlamentare. Vi furono elezioni nazionali per eleggere i 423 deputati del Reichstag. I partiti di centro ebbero vittoria facile. La legislatura che seguì è nota col nome di repubblica di Weimar.
Il 28 giugno 1919 il governo tedesco ratificò il trattato di Versailles. Questo trattato sanciva la fine delle ostilità, e le condizioni che la Germania dovette accettare erano pesanti: il pagamento di tutti i danni causati dalla guerra ai civili e la perdita delle colonie e di vaste regioni del proprio territorio. Una striscia larga 50 chilometri sulla riva destra del Reno venne smilitarizzata. Furono posti limiti agli armamenti e al numero di soldati. Le condizioni del trattato risultarono umilianti per molti tedeschi; il governo fu criticato per averle accettate, e ne uscì assai indebolito. Queste critiche al governo furono il grido di battaglia di coloro che come Hitler erano convinti che la Germania avesse davanti a sé un destino di grandezza (vedi anche I semi della guerra e della conquista del mondo).
Il Partito tedesco dei lavoratori
Poco dopo la guerra Hitler venne reclutato in un corpo di spionaggio militare: doveva fornire informazioni a proposito della Deutscher Arbeiterpartei, il Partito tedesco dei lavoratori.
A quel tempo esso contava solo una manciata di iscritti. Era un gruppo disorganizzato e privo di programma, ma i suoi membri avevano opinioni assai in sintonia con quelle di Hitler. Egli vide in questo partito un trampolino di lancio per le proprie mire politiche. Il suo odio crescente per gli ebrei divenne parte integrante delle rivendicazioni politiche del partito, che Hitler costruì praticamente da zero, trasformandolo da nulla più che un gruppo di discussione in un vero e proprio partito politico. Le riunioni venivano reclamizzate sui giornali a tendenza antisemita.
La svolta nella travolgente carriera oratoria di Hitler avvenne durante una di queste riunioni, il 16 ottobre 1919. Il suo discorso, improvvisato e pieno di pathos, catturò la platea. Cominciò a spargersi la voce che c’era un giovane leader pieno di energia e di magnetismo: arrivarono alle casse del partito offerte in denaro, e centinaia di tedeschi bramosi di udirlo parlare accorsero ai successivi comizi.
Con altri del suo partito, Hitler stese un programma in venticinque punti. Questa piattaforma venne presentata a un comizio il 24 febbraio 1920; erano presenti duemila persone entusiaste. Dopo che alcuni disturbatori furono allontanati con la forza dagli uomini di Hitler, armati di sfollagente di gomma e di frusta, Hitler elettrizzò il pubblico con la sua arte di demagogo. Gli ebrei erano il suo bersaglio principale.
Alcuni tra questi venticinque punti erano:
– la revoca del trattato di Versailles;BR> – la confisca dei profitti di guerra;
– l’esproprio della terra ai privati a beneficio dello stato;
– la revoca dei diritti civili agli ebrei
– l’espulsione di quegli ebrei che erano immigrati in Germania dopo l’inizio della guerra.
Il giorno seguente sul locale quotidiano antisemita apparvero i “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” (vedi L’antisemitismo moderno). Le accuse false e allarmiste in essi contenute rafforzarono in Hitler l’odio per gli ebrei. Da quel momento nei discorsi di Hitler l’antisemitismo divenne un punto centrale: gli ebrei erano responsabili della disoccupazione, dell’inflazione, dell’instabilità politica e della sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale. Questi argomenti trovavano un pubblico assai ricettivo. Egli collegava i concetti di ebraismo e di internazionalismo. Il nome del partito fu cambiato in National-Sozialistische Deutsche Arbeiter Partei (Partito nazional-socialista tedesco dei lavoratori), e la bandiera rossa con la svastica ne divenne il simbolo. Un piccolo giornale a tendenza antisemita era sull’orlo della bancarotta: Hitler riuscì a reperire i fondi necessari per acquistarlo per il partito.
Nel gennaio del 1923 truppe francesi e belghe varcarono il confine con la Germania per ottenere un risarcimento di guerra. I tedeschi si sentirono umiliati; inoltre l’occupazione ebbe effetti negativi sull’economia. Il partito di Hitler trasse molti benefici dall’evento e lo sfruttò organizzando raduni di protesta, indifferente ai divieti imposti dalla polizia locale.
Il Partito nazista (forma abbreviata di nazional-socialista) cominciava ad attirare migliaia di nuovi iscritti, molti dei quali subivano di persona gli effetti della terribile inflazione; costoro erano sollevati dal fatto di poter dar la colpa dei loro mali agli ebrei. Il prezzo di un uovo, per esempio, si era moltiplicato per trenta milioni in dieci anni. Al caos economico segue sempre quello politico e la Germania degli anni Venti non fece eccezione.
Il Putsch di Monaco
Il governo bavarese accusava la repubblica di Weimar di essere troppo sbilanciata a sinistra. Hitler ne caldeggiò la caduta e, in occasione di un comizio, il 30 ottobre del 1923, dichiarò di essere pronto a marciare su Berlino per liberare il governo da ebrei e comunisti . Il giorno 8 novembre 1923, in un discorso in una birreria di Monaco, egli proclamò l’inizio della rivoluzione. Il giorno seguente, alla testa di 2000 Camicie brune armate, tentò un colpo di stato in Baviera. Il putsch fu fermato e represso dalla polizia: una dozzina di persone perse la vita. Hitler si slogò e si fratturò un braccio, fu arrestato e condotto nella prigione di Landsberg. Fu condannato a cinque anni di carcere.
Hitler scrive Mein Kampf
Hitler scontò soltanto nove mesi dei cinque anni cui era stato condannato. In carcere scrisse il primo volume di Mein Kampf (La mia lotta).
Si tratta di un libro in parte autobiografico (benché zeppo di inesattezze o di mezze verità volte a glorificare l’autore, nonché di clamorosi esempi di revisionismo storico); in esso vengono inoltre esposte in dettaglio le opinioni dell’autore a proposito del popolo germanico.
Gli strali hanno vari obiettivi: i democratici, i comunisti , gli internazionalisti. Ma il meglio del vituperio viene riservato agli ebrei, che vengono descritti come i colpevoli di tutti i mali del mondo, e in particolare della democrazia, del comunismo e dell’internazionalismo, nonché della sconfitta tedesca. Gli ebrei sono il vero nemico della nazione tedesca; non hanno cultura propria, ma pervertono le culture preesistenti, quali quella tedesca, con il loro parassitismo. Per questo gli ebrei non sono una razza, bensì un’anti-razza.
«L’obiettivo ultimo [degli ebrei] è la denaturalizzazione, la promiscua bastardizzazione degli altri popoli, l’abbassamento del livello razziale dei popoli superiori nonché il dominio di questo miscuglio razziale tramite l’estirpazione dell’intellighenzia locale e la sua sostituzione con persone ebree» scrive Hitler. Al contrario, il grado di purezza razziale del popolo tedesco era altissimo, e per questo esso era destinato a diventare la razza padrona. Per mantenere questa purezza era necessario evitare matrimoni interrazziali con razze subumane quali l’ebrea e la slava.
L’unico modo in cui la Germania poteva impedire che gli ebrei conquistassero il mondo era eliminarli. Questo avrebbe inoltre permesso alla Germania di conquistarsi il Lebensraum, lo spazio vitale, senza il quale la superiore cultura germanica era destinata a decadere. Questo spazio vitale, continuava Hitler, doveva venire dapprima dalla conquista della Russia (che si trovava, a sentire lui, nelle mani di ebrei marxisti) e dei paesi slavi. Questo impero era destinato a cominciare una volta che la democrazia fosse stata eliminata, e si fosse individuato un Führer (capo) il cui compito sarebbe stato quello di ricostruire il Reich tedesco.
Un secondo volume di Mein Kampf fu pubblicato nel 1927. Esso comprendeva una storia del Partito nazista fino a quel momento e il suo programma, insieme con un manualetto che spiegava come si prende e si mantiene il potere politico, a cosa servono la propaganda e il terrorismo, e come si costruisce un’organizzazione politica.
Anche se Mein Kampf era mal scritto e imbarazzante per le sue interminabili digressioni fuori tema, faceva vibrare una corda nel profondo del cuore di quei tedeschi cui era destinato: quei tedeschi che credevano che il loro destino era dominare il mondo. Prima dell’inizio della seconda guerra mondiale il libro aveva già venduto più di cinque milioni di copie.
Hitler prende il potere
Una volta uscito di prigione, Hitler decise di prendere il potere con mezzi legali e non con la forza delle armi. Egli parlava a platee stracolme con il suo stile demagogico, e chiamava il popolo tedesco a opporsi al giogo imposto da ebrei e comunisti, e a creare un nuovo impero destinato a dominare il mondo per mille anni.
Alle elezioni del 1930 il Partito nazista di Hitler ottenne il 18% dei voti popolari; nel 1932 Hitler si candidò presidente e ottenne il 30% dei voti, costringendo Paul von Hindenburg al ballottaggio. Quest’ultimo finì per vincere. Venne stretto un patto: in cambio dell’appoggio politico Hitler sarebbe diventato cancelliere. Egli si insediò nel gennaio del 1933.
Alla morte di Hindenburg, avvenuta nell’agosto del 1934, Hitler fu nominato suo successore per consenso generale. L’economia andava migliorando: Hitler avocò a sé il merito del miglioramento, e consolidò la propria posizione come dittatore, dopo avere eliminato ogni ostacolo da parte degli altri partiti politici e delle istituzioni. La macchina industriale della Germania si mise in movimento e i preparativi bellici ebbero inizio.
Nel 1937 la sua situazione era sufficientemente consolidata da permettergli di mettere in opera il piano delineato in Mein Kampf. Egli riunì tutti gli alti gradi militari nella Führer Konferenz del novembre del 1937, e spiegò in dettaglio i propri programmi per la conquista del mondo. Chi dissentiva fu allontanato dagli incarichi (vedi anche I semi della guerra e della conquista del mondo).
Il mondo in guerra
Hitler ordinò l’annessione dell’Austria e della regione dei monti Sudeti nel 1938. Il 1 settembre 1939 l’esercito tedesco invase la Polonia: di conseguenza Inghilterra e Francia dichiararono guerra alla Germania. Il Blitzkrieg (guerra lampo) si abbatté su quasi tutta l’Europa occidentale, e uno stato dopo l’altro si arrese ai carri armati e alla fanteria tedeschi (vedi anche I semi della guerra e della conquista del mondo).
Nel giugno 1941, ignorando un patto di non aggressione ratificato nell’agosto del 1939 con l’Unione Sovietica, Hitler invase la Russia. Dapprima egli conseguì molte vittorie, ma in seguito le sorti si rovesciarono, e l’esercito tedesco subì schiaccianti sconfitte a Mosca (dicembre 1941) e a Stalingrado (inverno 1942-19443). Gli Stati Uniti entrarono in guerra nel dicembre del 1941. Il 9 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Italia meridionale: Mussolini, il principale alleato di Hitler, perse il potere; nel 1944 gli Alleati sbarcarono in Normandia e le città tedesche vennero distrutte dai bombardamenti.
Gli ultimi giorni di Hitler
Durante la sua vita Hitler subì parecchi attentati, ma nessuno ebbe successo. Quando fu chiaro che la guerra era inevitabilmente persa e che anche i luogotenenti più fedeli, vedendo che tutto era inutile, disobbedivano agli ordini, Hitler si tolse la vita: era il 30 aprile del 1945. La sua amante, da poco sposa novella, Eva Braun, si unì a lui nel suicidio. Ma uno dei suoi obiettivi principali era stato raggiunto: l’annientamento di due terzi degli ebrei d’Europa.