IL PIACERE GABRIELE D’ANNUZIO TRAMA
il piacere gabriele d’annunzio
pubblicato l’anno seguente dai Fratelli Treves. I romanzi della Rosa, è il titolo di un ciclo
narrativo che comprende Il Piacere, L’innocente e Il trionfo della morte. Il piacere e il suo
protagonista Andrea Sperelli introducono nella cultura italiana di fine Ottocento la
tendenza decadente e l’estetismo.
In contrapposizione al naturalismo e al positivismo, che in quegli anni sembravano aver
ormai conquistato la letteratura italiana (basti pensare che nello stesso anno 1889 viene
pubblicato un capolavoro del Verismo come il Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga).
D’Annunzio inaugura un nuovo tipo di prosa psicologica e introspettiva, destinata ad
avere un grande successo e che gli consentirà di indagare gli errori e le contrarietà della
vita dell’«ultimo discendente d’una razza intellettuale.
TRAMA LIBRO 1
È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, giovane aristocratico, aspetta con ansia l’ex
amante Elena Muti nella sua casa romana a Palazzo Zuccari. Durante l’attesa torna con la
memoria alla scena del loro addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo 1885, su una
carrozza in via Nomentana. Quando Elena arriva, nell’incontro fra i due si alternano
ricordo, ardore e di nuovo allontanamento e dolore. Viene quindi ripercorsa la storia della
casata degli Sperelli, gli insegnamenti dati ad Andrea dal padre, l’arrivo del giovane a
Roma. La rievocazione prosegue con il primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a
casa della marchesa di Ateleta, cugina del protagonista. Subito egli inizia un serrato
corteggiamento. Il giorno seguente, i due si incontrano una seconda volta a un’asta di
oggetti antichi in via Sistina; quindi, venuto a sapere che Elena è malata, Andrea chiede e
ottiene di essere ricevuto da lei, in un’atmosfera erotico-mistica. Comincia così la
narrazione dell’idillio che nei mesi successivi unisce i due sullo sfondo della Roma
elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti d’arte di Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena
alimenta le fantasie del giovane esteta. Una sera, tornando a cavallo dall’Aventino, Elena
però annuncia la sua imminente partenza, e il loro inevitabile distacco. Dopo l’abbandono,
Andrea si immerge in un gioco di continue seduzioni, conquistando una dopo l’altra sette
nobildonne; si incapriccia infine di Ippolita Albònico. In una giornata di corse di cavalli,
Andrea la corteggia assiduamente suscitando la gelosia dell’amante di lei, Giannetto
Rutolo, da cui viene provocato a duello. Nonostante la sua maggiore abilità nella scherma,
Andrea subisce una grave ferita.
da una lunga agonia e inizia la convalescenza, in un’unione mistica con la natura e l’arte. Il
15 settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja, Maria Ferres con il marito, ministro
plenipotenziario del Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina. Dieci giorni dopo, il
25 settembre, Andrea è sedotto dalla donna «spirituale ed eletta»; la loro amicizia diventa
sempre più intensa, finché il giovane dichiara il suo amore a Maria, che però non risponde,
facendosi schermo della presenza della figlia. Maria Ferres tiene un diario di quei giorni,
dove sono annotati i suoi sentimenti, le sue riflessioni, i turbamenti d’amore per Andrea, da
cui non vuole lasciarsi vincere. Dal 26 settembre in poi, attraverso il diario, vengono
narrate le successive fasi del corteggiamento, sempre più serrato, finché il 4 ottobre,durante una cavalcata nella pineta di Vicomile, la donna cede. Tornato il marito, avviene la
separazione tra i due innamorati.
del demi-monde e amici indifferenti e superficiali. Irrequieto e pieno di amarezza, egli
reincontra Elena Muti. L’attrazione per l’antica amante, nella sua nuova veste di
provocatrice, e la fascinazione per Maria, nella sua ingenua purezza e fragilità, si
intrecciano nel suo spirito. Tenta così di incontrare Elena nella casa di cui ha ripreso
possesso, a Palazzo Barberini, ma la presenza del marito lo fa fuggire. Poco dopo, a casa
di lei, Andrea assedia Maria Ferres, e la sera dopo i due si incontrano nuovamente a un
concerto alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche Elena. Questa, una volta partita
Maria, invita Andrea ad accompagnarla in carrozza e nel tragitto incrociano una folla di
manifestanti che protestano per i fatti di Dogali; prima di lasciare l’ex amante, Elena lo
bacia intensamente. Sperelli dunque riflette su se stesso e si giudica «camaleontico,
chimerico, incoerente, inconsistente». Ma ormai è deciso a dare caccia senza tregua a
Maria, che lo ama. La donna, dal canto suo, cede sempre più all’amore: a Villa Medici,
durante una delle passeggiate con cui il giovane le mostra le bellezze della città, Andrea e
Maria si baciano.
di Maria, sorpreso a barare al gioco. La donna si mostra forte di fronte al dolore di dover
partire e separarsi dall’amato, decidendo di rimanergli totalmente fedele. Andrea, al
contrario, riesce a nascondere con sempre maggior difficoltà il suo “doppio gioco”. Dopo
aver visto Elena uscire di casa per andare dal nuovo amante, Andrea torna nel rifugio di
Palazzo Zuccari, dove, durante l’ultima notte d’amore con Maria, pronuncia
inconsciamente il nome di Elena. Maria, con orrore, lo lascia. Il 20 giugno all’asta dei
mobili appartenuti ai Ferres, Sperelli vive con ribrezzo e nausea il senso del
«dissolvimento del suo cuore». Fugge alla vista di Elena e degli amici, e verso sera rientra
nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote e percorse dai facchini; la vicenda si
conclude, per Andrea, amaramente, dietro agli scaricatori che trasportano l’armadio da lui
comprato all’asta, salendo la scale «di gradino in gradino, fin dentro la casa».
dell’autore di ritrarsi nel suo personaggio e quella del narratore di criticarlo, condannarlo e
superarlo come tipo umano.
La volontà autobiografica risulta evidente poiché nel personaggio di Sperelli d’Annunzio
incarna sia il frutto delle sue esperienze reali sia i suoi sogni e le sue aspirazioni: Sperelli
è ciò che d’Annunzio è e ciò che vorrebbe essere. Così è giovane, elegante, raffinato e
piacente come lui, ma è anche come lui non è, nobile, ricco e alto di statura; come lui è un
intellettuale, ma Sperelli oltre che poeta è anche incisore; è come lui un seduttore ora
timido come “Cherubino” ora cinico come “Don Giovanni”, ma diversamente da lui è libero
da vincoli coniugali e da obblighi familiari; come lui ha facile accesso nei ritrovi mondani e
nei salotti della nobiltà, ma diversamente da lui vi entra come protagonista e non come
cronista.
Tuttavia nel romanzo il narratore non manca mai di sottolineare la debolezza morale di
Sperelli oltre che il suo cinismo e la sua perversione. È evidente come questo personaggio
sia solito scindersi in ciò che è e in ciò che deve apparire, in ciò che è e in ciò che
vorrebbe essere, in ciò che sente e in ciò che esprime all’esterno. La sua intera vita è
fondata sulla doppiezza, sulla falsità, sulla menzogna e sull’inganno.
l’una l’opposto dell’altra. Emblematicamente si contrappongono fin dal nome: l’una
richiama la donna che secondo il mito trascinò in rovina un intero popolo, l’altra la donna
pura della tradizione cattolica. La prima incarna l’ideale dell’amore erotico e sensuale la
seconda quello dell’amore spirituale: Elena, nella sua vicenda d’amore si avvale dei versi
di Goethe (poeta sensuale), Maria invece ha il suo poeta in Shelley (poeta più
malinconico). Elena non ha figli; Maria è madre. Elena ha una cultura superficiale; Maria è
colta e ha un’intelligenza sensibile alle cose dell’arte e della musica. L’unica cosa che le
accomuna è la voce, che costituisce nel testo il primo indizio di una futura
sovrapposizione.
Nel corso della vicenda, Elena consapevolmente e Maria passivamente, le due donne
subiscono prima un processo di radicalizzazione dei ruoli (Elena sempre più malvagia,
Maria sempre più dolce e tenera), poi un processo d’identificazione che le porta dapprima
alla sovrapposizione sentimentale ed erotica dell’una all’altra e, infine, addirittura allo
scambio dell’una con l’altra: è il mostruoso connubio finale.
campagna di Rovigliano, a villa Schifanoja.
Nel Piacere, d’Annunzio delega il compito di raccontare gran parte della vicenda a un
narratore in terza persona singolare, inoltre, nel capitolo quarto del libro secondo, il
narratore a sua volta lascia che parte della vicenda venga appresa mediante il diario di un
personaggio.
Per distinguersi dal narratore, d’Annunzio fa si che il narratore lo citi ben due volte: una
volta come un “poeta contemporaneo” che Sperelli predilige, e una seconda volta come
autore di un “emistichio sentenziale” caro allo stesso personaggio.
Questo narratore-autore è un narratore onnisciente: interviene a integrare il punto di vista
dei personaggi, a spiegare e a puntualizzare; si lascia andare ad anticipazioni e a
premonizioni; non esita a farsi avanti in prima persona per attestare la veridicità di
qualcosa. Tuttavia l’onniscienza del narratore non gli impedisce a volte di utilizzare il punto
di vista interno di svariati personaggi.
Il narratore è solito intrecciare i piani temporali, tagliando e saldando a suo piacere
momenti diversi, anche attraverso ellissi che provvede poi a integrare mediante il ricorso a
più o meno diffusi flashback.
L’oggettività di partenza viene quasi sempre sopravanzata e cancellata dagli interventi
personali e soggettivi del narratore, che anche nel corso delle descrizioni si inserisce
continuamente con le sue valutazioni personali introdotte da formule come “quasi direi”.
corrispondenza nella lingua con cui viene descritto: una lingua preziosa e ricercata che si
adatta tanto alle descrizioni d’ambiente cui il narratore si abbandona quanto al suo gusto
per l’analisi degli stati d’animo dei personaggi. Infatti, le forme arcaiche e letterarie
(conscienza), il continuo uso delle tronche di tradizione illustre (l’epansion) e, nell’edizione
originale, la forma antiquata di articoli e preposizioni articolate (li) contribuiscono ad
impreziosire le pagine del libro e a creare l’atmosfera alta e nobile che caratterizza il
romanzo.
La prosa utilizzata è ricca ed elegante ma allo stesso tempo allusiva, suggestiva e
musicale: la lingua del romanzo perde spesso la sua funzione comunicativa per
acquistarne una espressiva.
Il romanzo è appiattito su un solo registro linguistico: quello ricercato e un po’ troppo
eloquente classico del d’Annunzio di quegli anni.
Lo scrittore ricorre spesso allo strumento della comparazione e della metafora che molte
volte rende complicato o sfuocato ciò che dovrebbe invece chiarire e smorza i già scarsi
nuclei di tensione narrativa.
Per quanto riguarda la sintassi, è da sottolineare l’uso quasi esclusivo della struttura
paratattica, la più adatta ad accentuare la tendenza alla comparazione, all’anafora e
all’elencazione.
L’utilizzo del flashback permette di evitare le situazioni e i passaggi più scontati e
prevedibili, vitalizzando una narrazione generalmente statica e coinvolgendo il lettore in un
gioco di collaborazione e di ricostruzione degli eventi.