MALATTIE INTESTINALI MORBO DI CROHN

MALATTIE INTESTINALI MORBO DI CROHN

Eziologia ed epidemiologia

MALATTIE INTESTINALI MORBO DI CROHN fonte msd italia

La causa fondamentale del morbo di Crohn è sconosciuta. Alcune evidenze indicano che una predisposizione genetica causa un’anomala risposta immune da parte dell’intestino a fattori ambientali, alimentari o infettivi. Tuttavia, nessun antigene causale è stato identificato. Il fumo di sigarette sembra contribuire allo sviluppo o all’esacerbazione della malattia di Crohn.

Negli ultimi decenni, l’incidenza del morbo di Crohn è aumentata nelle popolazioni dell’Europa occidentale e di origine anglosassone, nelle popolazioni del terzo mondo, nelle persone di colore e nei latino-americani. La malattia si verifica in modo eguale in entrambi i sessi ed è più frequente tra gli ebrei. Circa un sesto dei pazienti ha almeno un parente di primo grado affetto dalla stessa malattia o, meno frequentemente, dalla colite ulcerosa. La maggior parte dei casi inizia in pazienti con >30 anni di età, con un picco di incidenza tra quelli di età compresa tra i 14 e i 24 anni.

Anatomia patologica

La prima lesione mucosa del morbo di Crohn è la lesione delle cripte sotto forma di un’infiammazione (criptite) e di ascessi, che progrediscono fino alle piccole ulcere aftoidi focali, di solito localizzate a livello dei noduli di tessuto linfatico. In alcuni casi queste lesioni regrediscono; in altri, il processo infiammatorio evolve con l’infiltrazione e la proliferazione di macrofagi e di altre cellule infiammatorie, che occasionalmente formano dei granulomi non caseosi con cellule giganti multinucleate.

La diffusione transmurale dell’infiammazione causa un linfedema e un ispessimento della parete intestinale, che può alla fine evolvere in una fibrosi estesa. Lo sviluppo di ulcerazioni a chiazze sulla mucosa e la combinazione di ulcere longitudinali e trasversali, con il concomitante edema della mucosa, spesso dà luogo a un caratteristico aspetto ad acciottolato. Il mesentere è ispessito e linfedematoso; il grasso mesenterico si estende tipicamente sulla superficie sierosa dell’intestino. I linfonodi mesenterici sono spesso aumentati di volume. L’infiammazione transmurale, le profonde ulcerazioni, l’edema, la proliferazione muscolare e la fibrosi sono responsabili della formazione di profondi tramiti e fistole, degli ascessi mesenterici e delle ostruzioni che sono le complicanze locali più importanti.

I granulomi si possono verificare nei linfonodi, nel peritoneo, nel fegato e in tutti gli strati della parete intestinale e sono occasionalmente osservati alla laparotomia o alla laparoscopia come noduli miliariformi. Sebbene patognonomici, i granulomi sono assenti fin nel 50% dei pazienti e non sono perciò fondamentali per fare la diagnosi del morbo di Crohn. Sembra che non abbiano alcuna rilevanza decisiva sul decorso clinico.

I segmenti dell’intestino malato sono caratteristicamente ben demarcati dai segmenti adiacenti di intestino normale (“skip areas”), da cui il nome di enterite regionale. Di tutti i casi di morbo di Crohn, circa il 35% interessa l’ileo (ileite); il 45% interessa l’ileo e il colon (ileocolite), con una predilezione per il lato destro del colon e il 20% interessa solo il colon (colite granulomatosa). Occasionalmente è interessato tutto il piccolo intestino (digiunoileite) e molto raramente anche lo stomaco, il duodeno o l’esofago. Anche la regione perianale è affetta in 1/4-1/3 dei casi.

Sintomi, segni e complicanze

I sintomi di presentazione più comuni sono la diarrea cronica associata a dolore addominale, febbre, anoressia, perdita di peso e alla presenza di una massa addominale nel quadrante inferiore dx. Comunque, molti pazienti giungono all’osservazione del medico per la prima volta per un addome acuto che simula un’appendicite acuta o un’ostruzione intestinale. In circa 1/3 dei pazienti c’è un’anamnesi positiva per una malattia perianale, specialmente ragadi e fistole, che sono a volte il disturbo iniziale o il più importante. Nei bambini frequentemente predominano le manifestazioni extraintestinali rispetto ai sintomi GI. I sintomi iniziali possono essere rappresentati dall’artrite, da una febbre di origine sconosciuta, da un’anemia o da un ritardo della crescita e il dolore addominale e la diarrea possono essere assenti.

Il quadro patologico più comune del morbo di Crohn è rappresentato da (1) infiammazione, caratterizzata da dolore e dolorabilità in corrispondenza del quadrante addominale inferiore di dx; (2) ostruzione parziale ricorrente, causata dalla stenosi intestinale, responsabile di gravi coliche, distensione addominale, costipazione e vomito; (3) digiunoileite diffusa, con infiammazione e ostruzione che causa una malnutrizione e una debolezza cronica e (4) fistole addominali e ascessi, solitamente a sviluppo tardivo, che spesso provocano febbre, masse addominali dolorose e un deperimento generalizzato.

Le frequenti complicanze dell’infiammazione sono rappresentate dall’ostruzione, dalla formazione di fistole enteroenteriche, enterovescicali, retroperitoneali o enterocutanee e dalla formazione di ascessi. Raramente si può avere un sanguinamento intestinale, una perforazione e lo sviluppo di un cancro del piccolo intestino. Quando è interessato solo il colon, il quadro clinico può essere indistinguibile da quello della colite ulcerosa.


Le manifestazioni extraintestinali sono distinte in:

Complicanze che, di solito, vanno di pari passo con l’attività della malattia intestinale e, probabilmente, rappresentano i fattori concomitanti acuti immunologici o microbiologici dell’infiammazione intestinale: l’artrite periferica, l’episclerite, la stomatite aftosa, l’eritema nodoso e il pioderma gangrenoso. Queste manifestazioni possono essere osservate in oltre 1/3 dei pazienti ospedalizzati con affezioni infiammatorie intestinali. Sono due volte più comuni quando è presente una colite rispetto a quando la malattia è limitata al piccolo intestino. Quando si verificano, le manifestazioni extraintestinali sono multiple in circa 1/3 dei pazienti.
Disturbi associati alla malattia infiammatoria intestinale, ma che hanno un decorso indipendente: spondilite anchilosante, sacroileite, uveite e colangite sclerosante primitiva. L’associazione genetica tra queste sindromi e la malattia di Crohn (e la colite ulcerosa) con l’antigene HLA B27 è trattata in seguito, a proposito delle complicanze extracoliche della colite ulcerosa.

Complicanze che sono in rapporto diretto con l’alterata fisiologia dell’intestino: calcoli renali dovuti a un’alterazione del metabolismo dell’acido urico, a un’alterata diluizione e alcalinizzazione delle urine e a un eccessivo assorbimento di ossalati dalla dieta; le IVU, specialmente con la fistolizzazione nel tratto urinario; e l’idrouretere e l’idronefrosi dovuti alla compressione ureterale derivante dall’estensione retroperitoneale del processo infiammatorio intestinale. Altre complicanze correlate all’intestino includono il malassorbimento, soprattutto in presenza di estese resezioni ileali o di contaminazioni batteriche derivanti dall’ostruzione del piccolo intestino o dalla fistolizzazione; una colelitiasi correlata con l’alterato riassorbimento ileale dei sali biliari e un’amiloidosi, secondaria all’infiammazione di lunga durata e alla malattia suppurativa. Le complicanze tromboemboliche si possono verificare, di solito, durante le fasi attive di una grave malattia, a causa dell’ipercoagulabilità associata agli alterati livelli dei fattori della coagulazione e alle alterazioni delle piastrine.
Diagnosi

La diagnosi del morbo di Crohn deve essere sospettata in qualunque paziente che presenti i sintomi infiammatori od ostruttivi suddescritti e in un paziente senza importanti sintomi GI, ma che presenti una fistola o un ascesso perianale o disturbi, altrimenti inspiegabili, quali l’artrite, l’eritema nodoso, la febbre, l’anemia o un ritardo di crescita (in un bambino).

Gli esami di laboratorio sono aspecifici e possono includere l’anemia, la leucocitosi, l’ipoalbuminemia e gli aumentati livelli dei marker della fase acuta evidenziati da un aumento della VES, della proteina C-reattiva o degli orosomucoidi. Gli aumenti della fosfatasi alcalina e della g-glutamil transpeptidasi che accompagnano la malattia colica, spesso riflettono una colangite sclerosante primitiva.

La diagnosi definitiva, di solito, viene fatta radiologicamente. Il clisma opaco può mostrare un reflusso di bario nell’ileo terminale con irregolarità, nodularità, rigidità, ispessimento della parete e un restringimento del lume. Una rx dell’apparato digerente con scatti mirati sull’ileo terminale solitamente dimostra molto chiaramente la natura e l’estensione della lesione. La sola rx dell’apparato digerente senza lo studio seriato del tenue, comunque, di solito non permette la diagnosi.

Nei casi avanzati si può osservare il segno della corda con un marcato restringimento dell’ileo e una separazione delle anse intestinali. Nelle fasi precoci, la diagnosi rx può talvolta essere difficile, ma la tecnica del clisma opaco a doppio contrasto con aria e bario e l’enteroclisi sono in grado di dimostrare le ulcere aftose superficiali e quelle lineari. Nei casi dubbi, la colonscopia e la biopsia possono essere d’aiuto nel confermare la diagnosi di malattia di Crohn e permettere la visualizzazione diretta e la biopsia dell’ileo terminale. L’endoscopia del tratto GI superiore può identificare l’interessamento gastroduodenale da parte della malattia nei pazienti con sintomi GI superiori. Anche se la TC può mostrare le complicanze extramurali (p. es., le fistole, gli ascessi e le tumefazioni), non è sempre necessaria per fare la diagnosi iniziale. L’ecografia può essere utile per differenziare le patologie ginecologiche che si presentano con dolore nei quadranti inferiori dell’addome e nella pelvi.

Terapia

Non si conosce alcuna terapia. I crampi e la diarrea possono essere alleviati dalla somministrazione orale, fino a qid (meglio se prima dei pasti), di anticolinergici, difenossilato, 2,5-5 mg, loperamide, 2-4 mg, tintura di oppio raffinata, 0,5-0,75 ml (10-15 gocce) o codeina, 15-30 mg. Questo trattamento sintomatico è sicuro, tranne che nei casi gravi di colite di Crohn acuta, che possono progredire al megacolon tossico come accade nella colite ulcerosa. Le mucillagini idrofile (p. es., le preparazioni di metilcellulosa e di psillio) talvolta aiutano a prevenire l’irritazione anale, aumentando la consistenza delle feci.

La sulfasalazina è utile soprattutto nei pazienti con coliti e ileocoliti, lievi o moderate, ma è efficace anche nelle ileiti. Può permettere la remissione della malattia, sebbene non sia provato che prevenga le ricorrenze dopo l’intervento chirurgico. (Per i dettagli sulla terapia con la sulfasalazina, v. Terapia in Colite ulcerosa.)

La mesalamina (acido 5-amminosalicilico), la molecola attiva della sulfasalazina, è disponibile in diverse preparazioni orali formulate in modo da rilasciare il farmaco nei vari segmenti del piccolo intestino e del colon. È particolarmente utile nei pazienti che sono intolleranti alla sulfasalazina. In dosi anche di 4 g/die, la mesalamina è efficace nell’indurre e mantenere la remissione e si sta dimostrando particolarmente promettente per l’inibizione delle recidive postoperatorie.

La terapia corticosteroidea è utile nel trattamento della fase acuta della malattia di Crohn, in quanto riduce drasticamente la febbre e la diarrea, allevia il dolore e la dolorabilità addominale e migliora l’appetito e il senso di benessere generale. Inizialmente devono essere somministrate dosi elevate (40-60 mg/die) di prednisone per via orale. La dose equivalente di idrocortisone (200-300 mg) può essere somministrata in infusione EV continua nei pazienti affetti da una malattia grave e ospedalizzati. La dose giornaliera di prednisone viene gradualmente ridotta dopo una risposta soddisfacente in modo da arrivare, dopo 1 o 2 mesi, a _ 10 mg.

Anche se in alcuni pazienti possono essere utili, nel controllo dei sintomi, dosi minime di prednisone, pari a 5-10 mg/die, la terapia a lungo termine spesso dà più problemi che benefici. I corticosteroidi devono essere evitati quando sono presenti delle ovvie infezioni (p. es., ascessi, fistole). Nei casi dubbi (p. es., quelli con una massa infiammatoria dolente) devono essere somministrati contemporaneamente degli antibiotici.

Il nuovo corticosteroide attivo per via topica, il budesonide, può essere somministrato per via orale o come clistere e ha una bassa biodisponibilità sistemica e quindi una ridotta soppressione surrenalica. Il budesonide a rilascio controllato, somministrato per via orale, induce la remissione con minori effetti collaterali rispetto al prednisolone, ma non è efficace quanto i corticosteroidi convenzionali e non sembra meglio del placebo nel prevenire le recidive dopo i 6 mesi.

Gli antibiotici ad ampio spettro che sono attivi contro la flora enterica gram – e quella anaerobia, possono essere utili nel ridurre l’attività della malattia in molti pazienti, ma sono più efficaci per il trattamento delle complicanze suppurative (p. es., ascesso, fistola infetta). Il metronidazolo, a dosaggi di 1-1,5 g/die, ha dato buoni risultati, specialmente nella colite di Crohn ed è risultato particolarmente utile nel trattamento delle lesioni perianali. Un effetto collaterale, frequente, potenzialmente grave con l’uso a lungo termine, è rappresentato da una neuropatia, solitamente reversibile con la sospensione del farmaco, che si manifesta principalmente con delle parestesie. Dopo l’interruzione della terapia ci sono, comunque, numerose recidive. Tra gli altri antibiotici ad ampio spettro, la ciprofloxacina si è dimostrata particolarmente promettente, mentre i risultati del regime antitubercolare con più farmaci sono mal valutabili perché considerati insieme.

I farmaci immunomodulanti, particolarmente gli antimetaboliti, azatioprina e 6-mercaptopurina, sono efficaci come terapia a lungo termine. L’azatioprina, alla dose di 2,0-3,5 mg/kg/die o la 6-mercaptopurina, alla dose di 1,5-2,5 mg/kg/die PO, migliorano significativamente lo stato generale del paziente, riducono il fabbisogno di corticosteroidi, guariscono le fistole e mantengono la remissione della malattia per molti anni. Tuttavia, questi farmaci spesso non sono clinicamente efficaci prima di 3-6 mesi e si deve stare attenti agli effetti collaterali rappresentati dall’allergia, dalla pancreatite o dalla leucopenia.

Il metotrexato 25 mg IM o SC una volta alla sett. è utile in alcuni pazienti affetti da una grave malattia refrattaria ai corticosteroidi, anche quelli che non hanno risposto all’azatioprina o alla 6-mercaptopurina. La ciclosporina ad alte dosi si è dimostrata utile nella malattia infiammatoria e fistolosa, ma il suo impiego a lungo termine è controindicato per i numerosi effetti tossici. L’infliximab, un anticorpo monoclonale che inibisce il tumor necrosis factor, può essere somministrato EV, nei casi di malattia moderata o severa (specialmente nella malattia fistolosa) refrattaria agli altri trattamenti; l’efficacia e gli effetti collaterali a lungo termine, sono, comunque, ancora da accertare. Gli altri potenziali trattamenti immunoregolatori includono i bloccanti dell’interleuchina-1, gli anticorpi contro l’interleuchina-12, gli anticorpi anti-CD4, gli inibitori delle molecole di adesione e le citochine inibenti. Questi numerosi trattamenti sperimentali dimostrano l’inadeguatezza dell’attuale terapia farmacologica per il morbo di Crohn.

fonte msd italia

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