La fine dell’Età Repubblicana

La fine dell’Età Repubblicana

Dopo il ritiro di Silla dalla scena politica, avvenuto nel 79 a.C., il senato non era più capace di governare la caput mundi. Nonostante Silla si fosse impegnato molto per ristabilire il potere a Roma, al senato in quel periodo si trovavano persone incapaci di gestire la situazione. gli aristocratici no avevano idea di come gestire grossi problemi come l’insurrezione popolare scoppiata in Spagna o la rivolta servile che si rivelerà la peggiore mai avvenuta fino a quel momento. Era necessario un uomo che incoraggiasse l’esercito ad appoggiare il senato e questa figura si rivelò Gneo Pompeo. Quando fu inviato in Spagna si ritrovò a combattere con il generale Quinto Sertorio, che capeggiava il numeroso gruppo che lottava per l’indipendenza della Lusitania. La lotta era iniziata nel 80 a.C. e si concluse nel 72 a.C. con l’uccisione di Sertorio.Nel 73 a.C. in Italia era scoppiata la rivolta servile più potente di tutta la storia di Roma, guidata da uno schiavo di nome Spartaco. Egli, fu condotto dalla Tracia, il suo paese d’origine a Capua in una scuola per gladiatori. Lui non riusciva a concepire l’esistenza della schiavitù e non voleva rassegnarsi alla sua sorte. Ma si rendeva conto che da solo non avrebbe mai potuto fronteggiare Roma, infatti aveva pensato ad un piano per liberarsi e liberare i suoi compagni, secondo il quale dopo esser fuggiti dal padrone avrebbero valicato le Alpi per tornare nei loro paesi d’origine. Inizialmente Spartaco poté contare sull’aiuto di pochi compagni, ma via via arrivò a formare un gruppo di circa 150.000 schiavi, che si diressero verso sud. Questo accadde perché al gruppo si erano uniti dei delinquenti che iniziarono a razziare le città meridionali e Spartaco li seguì e riuscì a formare un forte esercito, talmente forte che furono necessario 8 legioni romane per fronteggiarlo. Il comando della legioni fu affidato a Marco Licinio Crasso, che nel 71 a.C. batté l’esercito avversario e come punizione Roma fece crocifiggere i 6.000 schiavi lungo la via Appia, mentre i 5.000 schiavi che stavano fuggendo verso nord furono bloccati da Pompeo.

Con questa vittorie militari Pompeo iniziò ad avere sete di potere e l’aristocrazia senatoria incominciò, giustamente, a proccuparsene, infatti egli aspirava ad essere console. Però non era possibile che ciò avvenisse a causa delle riforme di Silla, secondo una delle quali per diventare console bisognava rivestire le cariche inferiori e percorrere quindi il corsus honorum. Allora strinse un’alleanza con Crasso, che aveva già combattuto al fianco di Silla ed era diventato l’uomo più ricco di Roma, e cercò di procurarsi l’appoggio dei populares, promettendo di modificare in maniere democratica la costituzione sillana. Avendo Pompeo e Crasso alle porte di Roma con le loro legioni e l’appoggio dei populares il senato fu costretto a far divenire Pompeo e Crasso consoli nel 70 a.C. 
Pompeo rispettò le promesse e durante il primo anno di consolato fece approvare una serie di leggi che abolivano quelle precedentemente introdotte nella costituzione sillana :
  • modificò i tribunali che giudicavano i reati commessi dagli esattori delle tasse, reinserendo nei tribunali i cavalieri e restituendogli l’appalto per svolgere lo stesso ruole degli esattori delle tasse in Asia;
  • Abolì le legge secondo cui chi aveva rivestito la carica di tribuno della plebe non poteva rivestire altre cariche;
  • Ridiede ai tribuni della plebe il diritto di veto e lintercessio;
  • Nominò dei censori che espulsero dal senato ottantaquattro.
A confermare la grave situazione politica fu lo scandalo di Verre, un pretore che nel 70 a.C. stava approfittando delle ricchezze della Sicilia. Il processo fu più volte rimandato dai vari pretori, che appoggiavano Verre. Allora intervenne il giovane Cicerone che denunciò i senatori che avevano protetto il pretore, che infine fu costretto a pagare una multa.
Ormai iniziarono a sorgere tensione pure tra aristocratici stessi, tra quelli con mentalità conservatrice e quelli con mentalità aperta. 
Al termine del suo mandato come console, Pompeo non volle accettare l’incarico di governare una provincia. Egli voleva continuare ad esercitare il suo potere a Roma e così fu. Infatti nel 67 a.C. Aulo Gabino propose una legge, la lex de piratis persequendis, che concedeva a Pompeo poteri speciali per tre anni. Tutto ciò era per affrontare il problema dei pirati che si aggiravano per il Mediterraneo, le cui basi erano presso le coste dell’Asia Minore, della Cilicia e di Creta. Essi rappresentavano un grave problema perchè saccheggiavano le navi romane che portavano a Roma il grano; così provocarono una carestia a Roma. Il senato, a causa della pressione del popolo, fu costretto a cedere e ad approvare la legge : Pompeo acquisì poteri che mai nessuno aveva avuto prima (basti pensare che possedeva 500 navi, 120.000 soldati e 5.000 cavalieri).
Dopo una schiacciante vittoria contro i pirati, con la lex Manilia (chiamata così perchè proposta da Caio Manilio) furono affidati nuovamente pieni poteri a Pompeo con lo scopo di finire per sempre la guerra con Mitridate; egli infatti coninuava a tramare contro Roma, schierando dalla sua parte Tigrane, il re dell’Armenia, e invedendo la Cappadocia e la Bitinia, regioni sotto il protettorato romano, nel 75 a.C. Inizialmente l’incarico non fu affidato a Pompeo, ma a Licinio Lucullo che si ritrovò subito in difficoltà. Allora egli fu sostituito da Pompeo che rivelò la sua abilità diplomatiche e politiche. Mitridate si uccise nel 63 a.C. perchè fu abbandonato da Tigrane, attaccato da terra e da mare e tradito dal figlio Farnace. L’Oriente ellenistico fu conquistato : la Siria divenne una provincia e alla Palestina fu concesso di poter restare autonoma ed essere sotto il protettorato romano. Tra il mar Egeo e le coste dell’Asia meridionale furono organizzate nuove provincie e protettorati : in soli quattro anni Pompeo aveva organizzato una zona che introduceva moltissimi soldi.
Pompeo sbarcò a Bridisi nel 62 a.C. e tutti si chiedevano come avrebbe sfruttato la sua ricchezza e il suo pretigio, comunque tutti avevano il timore che adesso Pompeo volesse impossessarsi del potere, grazie alla fedeltà dei suoi eserciti, abolendo la repubblica ed instaurando un principato monarchico. In realtà non accadde tutto ciò, ma Pompeo chiese due cose al senato : la rattifica dei provvedimenti presi in Asia e la distrubuzione di terre ai suoi veterani.
LA SITUAZIONE POLITICA DI ROMA DURANTE L’ASSENZA DI POMPEO
Durante l’assenza di Pompeo, a Roma il divario tra gli optimates e i populares si accentuò.
Tra gli esponenti più importanti degli optimates furono Marco Tullio Cicerone e Marco Porcio Catone. Cicerone, durante il processo a Verre, aveva denunciato la corruzione dell’aristocrazia, anche se sosteneva gli optimati poichè li riteneva gli unici in grado di difendere le istituzioni repubblicane. Catone era di famiglia aristocratica ed aveva sempre sostenuto le idee della sua classe.
I principali esponenti dei populares erano, invece, Lucio Licino Crasso, Caio Giulio Cesare e Lucio Sergio Catilina. Crasso era stato al fianco di Pompeo in battaglia e con lui era stato console nel 70 a.C. Egli non aveva una grande abilità politica, ma aveva grandi ricchezze sulle quali gli altri esponenti della classe si appoggiavano, come Giulio Cesare. Cesare infatti aveva stretto un’alleanza con lui solo perchè, pur essendo nobile e discendente della gens Iulia (che vantava quindi origine divina), non possedeva molto denaro e utilizzava quello di Crasso. Cesare nacque nel 100 a.C. ed era nipote di Caio Mario, sposò Cornelia, figlia di Cinna, uno dei più importanti esponenti dei populares.
Catilina proveniva da una nobile famiglia e si sa che combattè con Pompeo e Crasso e fu responsabile della morte del cognato Caio Mario. Egli dopo l’anno di carica da pretore si trasferì in Africa per due anni per governare una regione, ma il suo comportamtento gli provocò l’accusa di “concussione” che gli impedì di candidarsi come console nel 65 a.C.e, nonostante venne assolto, questo fu solo il primo degli impedimenti che non lo fecero diventare console. Nel 64 a.C. si candidò nuovamente, ma fu battuto per pochi punti da Cicerone. L’anno dopo, nel 63 a.C., si candidò per l’ultima volta con un programma elettorale che prevedeva la cancellazione di tutti i debiti, ma anche se in questo modo si procurò l’appoggio della plebe, si procurò anche l’ostilità dei più ricchi che riuscivano a controllare i comizi.
Catilina, non credendo più possibile diventare console, pensò di effettuare una rivolta armata con azioni terroristiche da parte di un esercito arruolato in Etruria e aveva raccolto seguaci tra stati più bassi della società romana, perdendo così l’appoggio di Crasso e Cesare che non volevano perdere l’appoggio dei ricchi. Cicerone scoprì ben presto la congiura e il 23 ottobre 63.a.C. ne parlò in senato pronunziando la famosa orazione Prima Catilinaria. L’8 novembre dello stesso anno Catilina fu costretto all’esilio e si rifugiò a Fiesole, dove erano le sue truppe. I congiurati rimasti a Roma non si davano per vinti e decisero di seguire il vecchio piano il 17 dicembre, ma pure questa volta venne svelata la congiura e i congiurati furono condannati a morte senza appello, nonostante fosse contro la legge ed anche Cesare provò a fermare l’azione cercando di farli punire con l’esilio o con la confisca dei beni. I congiurati morirono e nel 62 a.C. i congiurati che si erano rifugiati in Etruria si scontrarono con i romani nella battagli di Pistoia, dove morì lo stesso Catilina.
Caio Giulio Cesare

L’ ascesa di Cesare si ebbe nel 60 a.C., quando ritornò dalla Spagna. Egli aveva come obiettivo quello di diventare console.

Cesare per arrivare a raggiungere il suo obiettivo aveva bisogno di Crasso, che lo aveva aiutato a partire per la Spagna pagando tutti i creditori che non volevano che si allontanasse da Roma, ora però non aveva bisogno dei suoi soldi, ma dei voti che lui possedeva, anche se tuttavia non furono sufficienti.

Allora si rivolse a Pompeo che, dopo aver sciolto l’esercito, chiese di esser retribuito con la ratifica delle terre prese in Asia e la distribuzione delle terre conquistate ai veterani, ma non gli diedero ciò e allora si unì a Cesare, a patto che quando sarebbe diventato console gli avrebbe dato ciò che voleva.

L’alleanza tra Cesare, Crasso e Pompeo avvenne nel 60 a.C. e fu chiamato accordo di Lucca, anche definito Triumvirato, dove Pompeo e Crasso avrebbero appoggiato l’ascesa di Cesare nel 59 a.C.

Dopo che Cesare venne eletto, fece approvare due leggi che davano ai veterani la distribuzione delle terre (per accontentare Pompeo) e un’altra dove riducevano i canoni di un terzo per i publicani di oriente che dovevano versare allo stato (favorendo cosi la classe dei cavalieri a cui apparteneva Crasso)

Oltre a queste due leggi, Cesare introdusse nuove leggi che favorivano i plebei e ciò non fu preso bene.

Durante la sua carica, Cesare si assicuro il comando proconsolare per cinque anni nella Gallia Cisalpina, nell’Illirico e nella Gallia Narbonese. Egli scelse questo luogo poiché grazie ai movimenti dei celtici riuscì a farsi affidare quattro legioni con le quali avrebbe potuto portare a termine una spedizione espansionistica, ma prima si libero dei suoi nemici, Cicerone e Catone, dalla città cosi affinché non potessero prendere il potere di Cesare.

Catone venne allontanato con il pretesto che, avendo ricevuto in dono dall’Egitto l’isola di Cipro, egli era stato designato a governarla. Cicerone aveva a Roma un altro nemico, Publio Clodo, che mettendosi d’accordo con Cesare fece approvare una legge che facesse esiliare tutti coloro che avevano ucciso  dei cittadini romani senza concedergli il diritto di appellarsi al popolo ed era chiaro che questa legge fosse stata proposta proprio per mandarlo in esilio : quando Cicerone era console aveva giustiziato senza appello dei congiurati di Catilina, allora Cicerone fu esiliato e Cesare poté  partire senza problemi.

La prima battaglia contro i popoli confinanti ai Galli avene nel 58 a.C., quando il popolo dei elvezi minacciarono gli edui, che chiesero la protezione di Cesare, egli riuscì a sconfiggere il popolo nemico nella battaglia di Bibracte. Dopo aver assunto il ruolo di difensore dei galli, andò a scontrarsi contro Arivisto, re dei germanici, che venne sconfitto e fu costretto a promettere che non avrebbe oltrepassato il fiume Reno. Quando Cesare raggiunse i confini della Gallia del nord, il popolo che confinava con essa, i belgi, avendo paura dell’espansionismo romano, si allearono con altri popoli in una coalizione antiromana, ma che fu facilmente sconfitta da Cesare.

Nel frattempo a Roma la situazione comincio a degenerare perché  i popolari, guidati da Publio Clodio, erano impegnati a contrastare la bande armate di Milone, che aiutavano l’aristocrazia nel contrastare i popolari. Pompeo, avendo paura del grande successo di Cesare, contattò l’oligarchia senatoria e  la incoraggio a far ritornare dall’esilio Cicerone.

Cesare, nel 56 a.C., ritornò in Italia e incontrando Pompeo e Crasso a Lucca, firmarono un nuovo accordo, nel quale si diceva che Cesare sarebbe diventato proconsole per altri cinque anni in Gallia e loro, Crasso e Pompeo, l’anno successivo sarebbero divenuti consoli, ma prima dovevano andare come proconsoli il primo in Oriente, mentre il secondo in Spagna. Crasso, non avendo potuto godere dei vantaggi delle conquiste di guerre, facendo il proconsolato poté farsi conoscere come colui che allargò il territorio Romano nell’oriente.

 Di nuovo le sorte della repubblica di Roma erano scelte dai tre personaggi, i cui rapporti erano di tensione e rivalità.

Dopo il secondo trattato di Lucca, non ci fu un nuovo modo per risistemare le cose, infatti Pompeo, non volve lasciare Roma e Crasso nel 53 a.C. morì in una battaglia in Mesopotamia. Nel 52 a.C., con la morte di Clodo, Pompeo venne eletto console e fu incaricato di reclutare un nuovo esercito.

Intanto Cesare, ritornato in Gallia, aveva continuato la sua marcia espansionistica e, giungendo in Bretagna, aveva fatto degli accordi con le tribù. Ma venne richiamato in Gallia, poiché il nuovo capo degli Arverni, Vercingetorige,  formando un esercito costituito da delle tribù attaccò la Gallia. Il capo degli Arverni riuscì a difendere il suo territorio per due anni ma, in seguito ad un assedio alla città di Alesia, il re si arrese, cosicché  la Gallia fu annessa al territorio romano.

Cesare intendeva candidarsi al consolato, ma il senato, sotto consiglio di Pompeo, decise che chi si  dovesse eleggere doveva essere presente a Roma. Cesare doveva sciogliere le sue legioni e presentarsi come cittadino privato, e chiese a Pompeo di sciogliere il suo esercito. Però quando il senato rifiutò la sua candidatura, Cesare, nella notte del 10 gennaio 49 a.C. , con le sue legioni oltrepassò il fiume Rubicone dicendo : ”alea iacta est” (il dado è tratto) , infatti chiunque superasse il Rubicone con un esercito al seguito era automaticamente nemico dei Romani, così con il passaggio di Cesare nel Rubicone avvenne un’altra guerra civile.

Sostenuto da molti dei suoi simpatizzanti Cesare entrò a Roma, da dove Pompeo impreparato fuggì con parte dell’aristocrazia in Macedonia. Conquistata la penisola italica, Cesare si diresse nella penisola iberica, dove molti soldati Pompeiani si erano rifugiati e dove vennero sconfitti da Cesare nel giro di pochi mesi. Superato questo pericolo, si recò in Tessaglia e nella battaglia di Farsalo sconfisse Pompeo.

Sperando nell’aiuto di Tolomeo XIII, Pompeo fuggì in Egitto dove, però, venne ucciso. Tolomeo, che aveva dato l’ordine di ucciderlo per acquisire dei meriti nei confronti di Cesare, ma, al contrario, il gesto  venne considerato da Cesare una dimostrazione di viltà, forse perchè lo stesso fu influenzato dalla moglie e sorella di Tolomero, Cleopatra, avversa al fratello. Infatti nella dinastia dei Lagidi, a cui apparteneva pure Cleopatra, era regola che ci si doveva sposare tra fratelli e sorelle, affinché il regno fosse governato da tutte e due insieme. Cesare si era innamorato della bellissima ventunenne Cleopatra, e durante la sua permanenza di venti mesi in Egitto l’appoggiò sempre. Eliminato Tolomeo XIII, Cesare nominò Cleopatra regina d’Egitto che si dovette sposare con il fratello minore Tolomeo Neotero XIV, appena undicenne. Ma Cesare dovette partire in Asia Minore poiché  Farance,  re del Ponto, si scontrò contro i romani, ma venne sconfitto a Zela nel 47 a.C. Egli riuscì a sconfiggere l’esercito di Faranace in così breve tempo che comunicò il fatto con la celebre frase “veni, vidi, vici”, cioè “venni, vidi, vinsi”. Alcuni superstiti dei pompeiani vennero sconfitti nella battaglia di Tapso nel 46 a.C. Poi uccise gli ultimi pompeiani rimasti nel 45 a.C. a Munda.

Oltre alla carica di pontefice massimo, già a lui conferitagli nel 63 a.C., ricevette il titolo di  imperator e di padre della patria e venne nominato dittatore a vita, prendendo l’inviolabilità tribunizia rendendolo sacrosanctus.

Nel senato, lui aveva diritto a sedersi su un trono d’oro, nei templi vennero poste delle statue che lo incorniciavano, nelle monete vennero coniate con la sua effigie e fu dato il suo nome al mese di Luglio poiché egli stesso nacque 13 nel mese chiamato Quintile dai tempi di Romolo.

Le idee repubblicane rimasero, ma in sostanza il potere religioso, politico e militare era conferito ad un unico uomo: Cesare, ma lui non abusò del suo potere, anzi lo uso in una maniera senza precedenti, dando inizio a una organica politica riformatrice.

Dopo aver permesso a tutti coloro che erano stati esiliati un ritorno a Roma, concesse la cittadinanza agli abitanti della Gallia Cisalpina e ad altre provincie, risistemò la legge da lui emanata per i tributi dei pubblicani, fece delle distribuzioni gratuite di grano e fece molte opere pubbliche per far diminuire la disoccupazione : fece arginare il Tevere, fece prosciugare vari paludi e sistemò il Foro.

All’aristocrazia senatoria non importava se Cesare avesse portato in poco tempo la pace e reso la società migliore, ma aveva paura che Cesare si volesse impadronire del potere assoluto. A Roma girava voce che Cesare fosse ancora in ottimi legami con Cleopatra, dalla quale avesse avuto un figlio Cesarione, e che fosse lei a spingerlo al potere assoluto. Oltre all’oligarchia, odiarono Cesare anche alcuni repubblicani, che credevano che avesse tolto alla società al liberta.

La morte di Cesare, organizzata da un gruppo di congiurati, avene il 15 Marzo 44 a.C., quando Cesare, avvertito del pericolo, andò al senato e dove venne bloccato dai congiurati, tra cui suo figlio adottivo Marco Giunio Bruto, e pronunciando queste parole “ Tu quoque, brute, fili mi! “ ( anche tu, Bruto, figlio mio!),  si tirò la toga fino al capo, offrendosi agli dei, e con 23 pugnalate morì. 

  

La situazione a Roma dopo la morte di Giulio Cesare

I congiurati speravano che il popolo fosse lieto della notizia della morte di Cesare, ma l’esercito rimase ai suoi luogotenenti, ed in particolare ad Antonio. I congiurati spaventati per un possibile intervento di Antonio non vollero cambiare l’assesto costituzionale, scesero a patti con questi, che gli offriva di non aprire un’inchiesta sulla morte di Cesare a patto che le leggi di Cesare non cambiassero, per avere il loro favore dato che egli voleva essere il successore di Cesare.

Il 18 marzo, il giorno dopo in cui Antonio e i congiurati avevano stretto l’accordo, venne aperto il testamento di Cesare che lasciava tutto nelle mani del pronipote, allora diciannovenne, Caio Ottaviano figlio adottivo di Cesare e figlio biologico di una delle figlie della sorella Giulia.

Intanto il controllo sulla città di Roma era problematico poiché il popolo, che era sempre stato dalla parte di Cesare, ora voleva le teste dei suoi assassini ed incendiò le case dei principali artefici della congiura, e i conservatori non erano capaci di gestire la situazione perché erano alleati con Antonio, e dato che l’idea della restaurazione della repubblica svanì, nei primi giorni del mese di aprile Cassio e Bruto, artefici della congiura a Cesare, dovettero scappare da Roma e si rifugiarono nelle regioni del territorio romano in Oriente (Macedonia e in Siria).

Verso fine Aprile Ottaviano, erede di Cesare, andò a Roma per far rispettare il testamento di Cesare, ma Antonio non gli diede i mezzi necessari per farlo. Allora Ottaviano vendette i suoi beni e il ricavato lo diede al popolo e ai soldati per mantenere la promessa fatta da Cesare nel testamento, cosicché divenne popolare nel proletariato. In seguito, per non inimicarsi il senato, si schierò con il partito dei conservatori più moderati, di cui faceva parte Cicerone, che con i suoi colleghi presero le distanze da Antonio.

Antonio ricevette l’incarico di governare una lontana regione, ma lui non volle allontanarsi da Roma, cosi creò una legge che consentiva la permuta delle province (lex de permutazione provinciarum) togliendo il potere della Cisalpina a Decimo Bruto, che l’aveva ottenuto regolarmente e non voleva cedergli il posto. Contro Antonio si era schierato Cicerone che lo aveva dichiarato nemico della patria con le famose orazioni Filippiche. Antonio, intanto, ricorse alla forza con l’intenzione di occuparla. Lo scontro avvenne a Modena e in aiuto di Bruto vennero le truppe di Ottaviano e quelle consolari causando nel 43 a.C. la sconfitta di Antonio, che si rifugio insieme a Marco Emilio Lepido nella Gallia Narbonese e vennero considerati i nemici della repubblica.

In realtà, la vittoria avuta a Modena non fu vinta dalle truppe consolari ,ma da quelle di Ottaviano. Ciò fece spaventare i romani poiché avevano dedotto che Ottaviano non si sarebbe mai sottomesso a nessuno.

Ottaviano, non ancora ventenne, chiese al senato di essere un console, ma rifiutarono la richiesta perché lo accusarono di aver battuto Antonio con delle truppe irregolari. Ottaviano iniziò a pensare ad un accordo con il suo acerrimo nemico, poiché nonostante le truppe di Antonio gli fossero fedeli, erano rimaste sempre fedeli ai repubblicani. Allora nel 43 a.C. fece avanzare il suo esercito verso Roma e lo fece accampare nei confini della città ed entrò, dove si fece eleggere console dai comizi da lui stesso convocati. I suoi primi provvedimenti furono la rievoca dell’assoluzione concessa ai cesaricidi e della condanna con l’editto di Antonio e Lepido come nemici di Roma. Nello stesso anno Ottaviano incontrò Antonio e Lepido a Bologna, dove firmarono il secondo triumvirato, che sarebbe durato 5 anni e i loro scopi erano quelli di punire gli assassini di Cesare e di cambiare radicalmente la costituzione e per raggiungere i loro obiettivi avevano poteri illimitati e si divisero i territori.

Il secondo triunvirato, al contrario del primo, pubblicò l’accordo e con il sostegno del popolo i triumviri ebbero le mansioni di magistrati straordinari.  Tra le vittime politiche, causate dalle liste di proscrizione, ci fu pure Cicerone, ucciso da Antonio, anche se Ottaviano volle salvarlo ma non ci riuscì.

Intanto Cassio e Bruto rifugiati a Macedonia avevano allestito un esercito, allora Antonio e Ottaviano,  lasciato a Roma Lepido, li costrinsero alla battaglia, che avvenne nella pianura di Filippi nel 42 a.C., dove Cassio e Bruto sconfitti si suicidarono per non essere fatti schiavi.

I superstiti di questa guerra si unirono a Sesto Pompeo, nemico di Ottaviano e Antonio, che anche dopo aver conquistato la Sicilia, la Corsica e la Sardegna, non era in grado di sconfiggere l’esercito nemico. Cosi che tutto il partito anticesariano venne distrutto e Roma passo sotto le mani dei triumviri.

Le divergenze tra Antonio e Ottaviano caratterizzò anche il decennio successivo, il motivo scatenante della guerra tre Antonio e Ottaviano fu nel 41-40 a.C. quando, dopo la vittoria avuta contro Bruto e Cassio, dovettero sciogliere l’esercito e dargli, come promesso, un appezzamento di terra. Il compito di Ottaviano era quello di confiscare le terre ai popoli italici per donarlo , mentre quello di Antonio era di andare nelle regioni orientali di Roma e riscuotere i tributi del popolo. Vista la situazione ne vollero approfittare la moglie e il fratello di Antonio, Fulvia e Antonio Lucio, che organizzarono una rivolta contro Ottaviano coinvolgendo tutti i proprietari terrieri italici a cui furono sottratte le proprie terre. Si diceva che la guerra fosse stata voluta da Fulvia per far ritornare Antonio dall’Egitto, dove era rimasto catturato dal fascino di Cleopatra, mentre in realtà si crede sia stato Antonio Lucio a scatenare la guerra. Ottaviano, comunque, cercò in tutti i modi di non finire alle armi, ma i suoi desideri non si avverarono, infatti  la battaglia avvenne a Perugia, quartier generale della rivolta, dove vinse Ottaviano e dopo l’assedio brucio la città, ma per non peggiorare i rapporti con il suo collega triumviro evitò l’uccisione dei suoi parenti e fece andare Fulvia in Grecia, dove troverà la morte poco dopo,  mentre Antonio Lucio in Spagna come legato. Molti degli abitanti di Perugia furono utilizzati come vittime sacrificali in onore di Giulio Cesare.

 

 

La rivalità tra Ottaviano e Antonio

 

Dopo la battaglia di Perugia la rivalità tra Ottaviano e Antonio si inasprì e lo scontro armato fu evitato solo grazie a degli amici in comune (Mecenate e Asinio Pollione). Nel 40 a.C. Ottaviano, Antonio e Lepido si incontrarono a Brindisi e si divisero il comando del territorio romano : Ottaviano avrebbe avuto il potere triumvirale delle regioni occidentali, Antonio quello delle regioni orientali e Lepido quello delle regioni africane. Per concludere la resistenza di Sesto Pompeo, i triumviri si accordarono con egli con l’accordo di Misene stipulato nel 39 a.C.: avrebbe avuto il governo della Sicilia, della Sardena, della Corsica e dell’Acaia per cinque anni, a patto che non compisse più azioni di rivolta contro Roma e che liberasse il Mediterraneo dai pirati. Per sigillare i patti furono conclusi due matrimoni : Antonio, rimasto vedovo, sposò Ottavia, sorella di Ottaviano, e Ottaviano sposò Scribonia, parente di Sesto Pompeo.

Giunto in Oriente, Antonio si stabilì alla corte di Alessandria, mentre riscuoteva i tributi della popolazioni. Infatti egli non aveva resistito al fascino di Cleopatra e il matrimonio con Ottavia non fu sufficiente a farmarlo. Presto la appoggiò in tutte le sue decisioni, forse perchè avevano aspirazioni simili, ed entrambi aspiravano al potere assoluto. Antonio si comportava come se le provincie d’Oriente fossero di sua proprietà e, così, conquistò il regno di Media e creò nuovi nuovi reami come quello della Siria, dell’Armenia e della Cirnaica organizzando una federazione di monarchie con a capo Cleopatra. In questa maniera però finì per trascurare il vero compito per cui si trovava là. Nel 39 a.C. e nel 38 a.C. i parti invaserò i confini e dopo che i legati ristabilirono i confini, Antonio decise di combattere con l’esercito i parti, scelta che causò una tremenda ritirata.

Nel frattempo a Roma Ottaviano con la sua propaganda politica accusava Antonio di essere un traditore che non rispettava i doveri matrimoniali né quelli pubblici. Così facendo, Ottaviano cominciò a costruirsi un’immagine di difensore di Roma e dei sani valori. La sua popolarità aumentò quando vinse  Sesto Pompeo, che fu sconfitto in una battagli navale da Agrippa a Nauloco, in Sicilia, e che in seguito morì per mano di un generale di Antonio. Sesto Pompeo, infatti, non aveva rispettato i patti accordati a Misene e nel 38 a.C. nel rinnovare gli accordi per il secondo quinquennio del secondo triumvirato si decise di eliminarlo. La vittoria avuta su Sesto Pompeo fu molto importante per Ottaviano soprattutto perché accrebbe il suo potere e perché furono sconfitti gli ultimi repubblicani. Intanto Ottaviano sposò Livia, e questa volta non fu per ragioni politiche, ma per i sentimenti che provava verso lei. Pur essendo diciannovenne, Livia era già sposata con Tiberio Nerone e così Ottaviano dovette chiedere la mano al marito che gliela concesse. Ottaviano accrebbe ancor si più il suo potere prendendo il comando dell’Africa tolto a Lepido, che, pensando di essere sottovalutato, prese le armi contro Ottaviano, ma fu abbandonato dal suo esercito.

Il desiderio di Antonio era quello di formare una monarchia orientale di tipo ellenistico e mettere al comando la sua compagna Cleopatra. Questo per Ottaviano era il momento di agire, il motivo che scatenò gli permise di metterlo fuori campo fu il testamento di Antonio, nel quale si diceva che tutte le terre che Antonio aveva sotto il suo potere alla sua morte passassero nelle mani dei figli avuti con Cleopatra, come fossero sue proprietà. Ottaviano mostrò il testamento al senato e con il consenso dei comizi e delle citta dell’Italia, della Spagna e della Gallia dichiararono Antonio nemico della patria e attaccarono Cleopatra, accusandola di aver rubato le terre di Roma, così da creare uno scontro contro gli Egiziani nel 32 a.C.

A capo dell’esercito romano c’era Agrippa, mentre a capo di quello egiziano,  ovviamente, Antonio, che condusse le sue truppe nelle coste occidentali della Grecia, così da poteva entrare a Roma. Ma nella primavera del 31 a.C. l’esercito di Agrippa e quello di Ottaviano vennero condotti a Epiro, dove bloccarono il golfo di Ambracia , nel quale erano situate le navi nemiche, il 2 settembre dello stesso anno Antonio cercò di forzare le barriere nemiche, ma venne bruscamente sconfitto. Prima che terminasse la guerra Cleopatra fuggì con alcune navi e fu seguita con Antonio.

L’anno successivo Ottaviano assediando Alessandria sconfisse l’esercito di terra del nemico. Durante la guerra si creò molta confusione e tra l’esercito egizio si diffuse la falsa notizia della morte di Cleopatra, e  non appena arrivò ad Antonio, si suicido. Cleopatra capendo che era giunta la fine per il suo popolo e che sarebbe stata sconfitta, si uccise facendosi mordere da un aspide.

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