Accademia dell’Arcadia

Accademia dell’Arcadia

Accademia dell’Arcadia


Sul piano storico il Settecento è un’epoca di complessi rivolgimenti politici, economici, sociali, culturali. Nella prima metà del secolo per mantenere l’equilibrio tra le potenze europee si combattono le guerre di successione, che non sono senza riflesso nelle questioni italiane. La geografia storica della penisola italiana muta in conseguenza degli avvenimenti europei.

Il Ducato di Savoia intraprende una politica di espansione territoriale che finisce per inglobare la Sardegna. Nella Lombardia dilaniata dalla guerra e dal malgoverno spagnolo si passa alla buona amministrazione dell’Austria riformatrice e illuminata. Essa favorisce una ripresa culturale ed economica che conferisce a Milano nel corso del Settecento un ruolo egemonico che manterrà per due secoli.

Le Repubbliche di Genova e Venezia vivono un momento difficile, Genova per la sua rivalità corsa, Venezia per la decadenza dei traffici. Dichiaratasi neutrale dalle contese europee si avvia alla perdita dell’indipendenza.

Si registra la fine delle antiche casate signorili dei Farnese e dei Medici per cui lo stato di Parma e Piacenza passa ai Borboni, mentre si ha l’avvento in Toscana dei Lorena, imparentati con la dinastia degli Asburgo d’Austria. Al declino della Toscana corrisponde anche la perdita del primato culturale splendido del Cinquecento.

Nel centro c’è lo Stato Pontificio mentre il Regno delle due Sicilie diventa autonomo sotto un ramo della dinastia borbonica che tenta di risollevare le sorti economiche e culturali di un dominio duramente provato dal malgoverno spagnolo.

Si fanno strada nuove formule di governo ispirato all’ideale dell’assolutismo illuminato, nemico delle vecchie istituzioni feudali: il sovrano togliendo forza al clero e ai nobili accentra il potere coinvolgendo il ceto borghese emergente. Anche in Italia si afferma il principio della nazionalità, cioè dello stato come nazione.

Da un punto di vista culturale Sei e Settecento appaiono due secoli l’un contro l’altro armato. Il Seicento vede il trionfo dell’assolutismo totale, ancora legato alle guerre di religione, il Settecento si muove su un registro più laico e razionalista; il Seicento cristallizza i privilegi di classe, nel Settecento si ha l’ascesa sociale delle classi emergenti.

Nel Settecento si ha una restaurazione classicistica cui si accompagna la svalutazione polemica del barocco. La poesia del Marino, appare troppo povera di contenuto morale. Contro la concezione edonistica dell’arte, cioè l’arte come diletto propria del Seicento, viene proposta quella pedagogica cioè dell’arte come valore formativo delle coscienze. Nasce un’arte impegnata nello sviluppo comune della società.

Alla letteratura italiana del primo Settecento è legata l’Arcadia, la nuova accademia letteraria che si propose di stabilire il “buon gusto” nella poesia. Fu fondata nel 1690 da un gruppo di letterati e uomini di cultura che si riunivano nella casa della regina Cristina di Svezia.

I fondatori furono Gin Vincenzo Gravina, giurista, filosofo e letterato che detto le leggi del nuovo sodalizio nel latino antico delle XII tavole; e Giovan Mario Crescimbeni, che fu il primo presidente dell’accademia. L’Arcadia ebbe il suo centro in Roma, ma si diffuse in tutta Italia dando vita a numerose sezioni o colonie e annoverò tra i suoi scrittori non solo letterati, ma scienziati, giuristi, principi e sovrani uniti dal comune amore per la poesia, che della cultura a loro appariva come il vertice supremo.

Il nome dell’accademia fu quello della mitica regione della Grecia antica abitata dai poeti-pastori, pastori si dissero i soci che usarono pseudonimi della poesia pastorale. Si perpetuava così il sogno di un ritorno alla natura, di un’evasione dalla realtà, propria di una società colta e raffinata.

I primi arcadi ripresero l’antimarinarismo del Chabrera e del Testi. Alle stravaganze, alle bizzarrie immaginose e verbali dei poeti barocchi contrapposero un ideale di poesia semplice, fondata sulla naturalezza di sentimenti e d’espressione, ritrovata attraverso l’adesione ai modelli classici e a quello petrarchesco.

L’Arcadia ebbe una funzione positiva perché rappresentò l’esigenza di una poesia che esprimesse sentimenti più intimi, che fosse di nuovo incentrata sull’uomo. Fondamentale fu il ritorno ai classici che i Marinisti avevano rinnegato, alla loro lezione di umanità schietta, di espressione limpida e non artefatta.

Il poeta maggiore dell’Arcadia fu il Metastasio. Il Gravina educò il Matastasio al culto dei classici latini e greci vietandogli la lettura del Marino e del Tasso. Alla morte di Gravina si trasferì a Napoli perché pressato dalle necessità economiche e qui viene introdotto nel mondo dello spettacolo e della musica. A Napoli il Metastasio scoprì la sua vera vocazione cioè quella di scrittore per musica o melodrammi.

Il suo primo melodramma, la “Didone abbandonata” fu un vero trionfo e lo rese celebre in tutta Italia. L’opera si ispira all’episodio virgiliano di Enea ormai deciso a lasciare Cartagine e della regina che si sente tradita. Enea naufrago giunge a Cartagine dove viene accolto dalla regina Didone. L’amore che nasce tra i due termina con il suicidio di Didone quando Enea è costretto ad abbandonarla per ordine degli dei dai quali gli è stata assegnata la missione di fondare Roma.

Quest’opera esprime il contrasto tra amore e dovere che il Metastasio pone come elemento fondamentale della struttura dei melodrammi. La “Didone” metastasiana non è una tragedia, non è espressione di un dramma d’amore eroico ma della quotidiana commedia dell’amore.

Anche i personaggi e le vicende aggiunte alla vicenda antica sono in tal senso indicativi, come la figura del re moro Iarba, innamorato di Didone, che serve a variare la commedia amorosa portandovi il tema della gelosia. Non un eroe e un’eroina ci stanno davanti, ma una donna settecentesca e un galante cavaliere con il loro amore fatto di tenerezze, di bizze, di battibecchi, di gelosia.

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