RIASSUNTO ROSSO MALPELO BREVE

RIASSUNTO ROSSO MALPELO BREVE

RIASSUNTO ROSSO MALPELO BREVE


Da “Vita dei campi” di G. Verga

La novella racconta la vita di un ragazzo che veniva chiamato Rosso Malpelo a causa dei suoi capelli rossi. Proprio la gente lo riteneva un ragazzo malizioso e cattivo a causa dei capelli ed egli invece che smentire lo riconferma volutamente anche se nel profondo è sensibile e prova molti sentimenti.

Viene presentato attraverso l’opinione ostile della voce narrante, di un narratore popolare che rispecchia i pensieri e le idee della comunità.

Così facendo, il Verga ha creato un artificio della regressione, cioè che l’autore rinuncia alla sua posizione di intellettuale per adottare il punto di vista del popolo, e si può notare l’effetto di straniamento, cioè lo scarto che esiste tra il punto di vista del narratore popolare e dell’autore.

Malpelo lavora in una cava di rena rossa e tutti lo chiamavano così e perfino sua madre non si ricordava più il suo vero nome del resto ella si interessava a lui solo quando portava la paga e siccome era Malpelo sospettavano che rubasse un po’ del denaro così la sorella gli faceva la ricevuta a scapaccioni anche se il padrone della cava aveva confermato che i soldi c’erano tutti.

Alla cava tutti lo trattavano male, lo picchiavano e lo insultavano. Aveva molta fama (conosciuto come la bettonica) e la miniera veniva anche chiamata “la cava di Malpelo”. Lo tenevano per carità, perché suo padre, mastro Misciu (Domenico), era morto nella cava per un crollo mentre lavorava da solo dopo l’orario per arrotondare. Nessuno ha trovato il corpo e Malpelo si è messo a scavare a mani nude.

Dopo la morte del padre Malpelo lavorava come un uomo e quando succedeva qualche incidente si sapeva sempre che era stato lui. Con gli altri ragazzi era perfino crudele perché sa che la società è dominata dalla legge del più forte.

Poi cominciò a proteggere un ragazzino che a causa di un incidente si era lussato il femore che viene soprannominato Ranocchio. Malpelo gli dava anche un po’ del suo pane e il narratore scambia questo bisogno di affetto in cattiveria (per il gusto di tiranneggiarlo) ma l’autore prende le distanze con un “dicevano”

Ma Malpelo tormentava il povero ragazzo in tutti i modi picchiandolo sempre più forte. Lo faceva per fargli capire che la società era dominata dalla legge del più forte e gli insegnava a reagire e a subire. Ma quando Ranocchio piagnucolava perché aveva dei lavori troppo duri Malpelo lo picchiava e se non smetteva gli dava una mano o gli offriva la sua mezza cipolla.

Il sabato sera quando tornava a casa tutto sporco e cencioso, la sorella lo nascondeva dal suo fidanzato e passava la domenica a prendere a sassate le lucertole o a sforacchiare le siepi di fichidindia. La cava era l’unico pasto dove si sentiva a suo agio.

Un giorno si ritrovò il corpo di mastro Misciu e la madre adattò i calzoni e la camicia mentre le scarpe le avrebbe conservate per quando sarebbe cresciuto perché il fidanzato di sua sorella non le aveva volute. Quei vestiti avevano un significato importante per lui perché suo padre era l’unica persona che gli avesse mai voluto bene. Usava anche il piccone e la zappa del padre anche se erano sproporzionate per la sua età e anche se glieli avrebbero pagati come nuovi.

Poi un giorno morì l’asino grigio e Malpelo con Ranocchio, trascinato a forza perché non voleva andarci, andarono a visitare la sua carcassa. I cani accorrevano da tutte le fattorie per spolparlo e il Rosso raccontava che adesso il grigio non soffriva più e che i denti che gli laceravano le viscere non lo piegheranno come una badilata sulla schiena che era abitudine dargli per mettergli un po’ di vigore.

Da lì a poco Ranocchio si ammalò a tal punto che la sera dovettero portarlo via con l’asino. Malpelo lo aiutava prendendolo sulle spalle e gli faceva animo sgridandolo e picchiandolo. Poi un giorno dopo una botta sboccò del sangue e Malpelo cercò cosa gli avesse fatto e cominciò a prendersi a batte con un sasso per dimostrare che lui non aveva fatto niente. Ma Ranocchio non guariva, aveva sempre la febbre e continuava a sputare sangue. Allora il Rosso rubò un po’ di soldi dalla sua paga per comprargli del vino e della minestra calda e gli diede i suoi calzoni che lo coprivano meglio, ma non guariva. Malpelo stava sempre ad accudirlo e vedendolo soffrire con l’occhio spento come l’asino grigio gli diceva che era meglio che crepava piuttosto che soffra così.

Poi un giorno Ranocchio non venne più alla cava e Malpelo il sabato andò a trovarlo. La madre piangeva e strillava e lui non capendone il motivo lo chiese al malato. Ma non gli rispose e pensò che fosse stato tenuto come uno di quei bambini che non si slattano mai.

La madre e la sorella di Malpelo si sposarono e andarono a vivere altrove lasciandolo da solo.

Egli morì nella cava: una volta si doveva esplorare un canale che si riteneva sboccasse col pozzo grande a sinistra. Nessuno voleva entrarci perché se non era vero si correva il rischio di perdersi e di non tornare mai più. Ci fecero andare Malpelo e lui si ricordò di un minatore che anni prima si era smarrito e camminava ancora gridando aiuto senza che nessuno possa sentirlo. Entrò nella galleria e non si seppe più niente di lui.

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