Lettera a Cristina di Lorena e a Benedetto Castelli

Lettera a Cristina di Lorena e a Benedetto Castelli


Analisi della Lettera a Benedetto Castelli
Il mittente di questa lettera è un frate benedettino allievo di Galilei. Questa è la prima delle quattro lettere copernicane o teologiche per sostenere una netta divisione tra conoscenza scientifica e quella religiosa. Egli sostiene il diritto che possiede la scienza di continuare ad analizzare tutto, secondo i criteri più opportuni e sostiene anche l’ipotesi che le Sacre Scritture presentano una limitazione, in quanto scritte in un tempo in cui non erano state fatte scoperte, che avrebbero potuto cambiare il pensiero di tutti. Quindi invitava a interpretare le Sacre Scritture anche in modo storicistico.
Attendibilità delle verità di fede
Galilei dice che il linguaggio delle Sacre Scritture deve essere sottoposto ad una severa interpretazione, come avviene per i fenomeni naturali, inoltre bisogna tenere conto dell’epoca in cui esse sono state scritte e dunque delle conoscenze che si avevano.

Analisi della Lettera a Cristina di Lorena (Scritta nel 1615)
Nell’epistola alla granduchessa Cristina Galileo esalta le conoscenza umane e i mezzi di conoscenza umana, affermando che la Chiesa non può vietare agli uomini di guardare con i propri occhi e affermare ciò che la natura ci dimostra e che il punto di partenza dello studio dell’universo è la ricerca dell’universo stesso e non della Bibbia. Esalta la validità scientifica del metodo induttivo.
Tesi: errore di lettura di del linguaggio della Bibbia, errore, quindi d’interpretazione, perché nella lettura della Bibbia si dovrebbe andare oltre al significato letterario, ricercando quello nascosto, e ricercando le tesi con le quali l’autore vuole sostenere la finalità della scrittura del libro.
Le seguenti frasi sottolineano questo pensiero : “…Perché se, come si è detto e come chiaramente si scorge, per il solo rispetto d’accomodarsi alla capacità popolare, non si è la Scrittura astenuta di adombrare principalissimi pronunziati, attribuendo allo stesso Iddio condizioni lontanissime e contrarie alla sua essenza, chi vorrà asseverantemente sostenere che l’istessa Scrittura, nel parlare anco incidentemente, di Terra, d’acqua, di Sole o d’altra creatura, abbia eletto di contenersi con tutto rigore, dentro a i puri e ristretti significati delle parole?’’
Lo scienziato i sostiene che dovrebbe esistere una netta distinzione tra la finalità della scrittura delle Sacre Scritture e ciò che riguarda la scienza, che viene esaltata in queste righe: “non avendo voluto lo Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova o stia fermo, né se la sua figura sia in forma di sfera o di disco o distesa in piano, né se la Terra sia contenuta nel centro di esso o da una banda, non avrà, manco avuta intenzione di renderci certi di altre conclusioni dell’istesso genere . . . quali sono il determinar del moto e della quiete di essa Terra e del Sole . . .” .
La Chiesa ha il compito “d’insegnarci come si vadia al cielo e non come vadia il cielo” questa frase chiarisce il compito che la Chiesa dovrebbe avere, cioè quello di portare il fedele alla grazia e alla salvezza, e non quello di conoscere le leggi e le teorie scientifiche.
La lettera esprime l’autonomia della scienza, e afferma che le Sacre Scritture possono solo confermare quanto scoperto in campo scientifico e non viceversa.
Egli collega subordinate e coordinate razionalmente utilizzando sempre un punto di vista argomentativo logico, preciso e razionale.

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