IL LUNGO VIAGGIO RIASSUNTO

IL LUNGO VIAGGIO RIASSUNTO

DI LEONARDO SCIASCIA


-Un gruppo di povera gente in fuga dalle proprie disgrazie, disposta a mettersi in mare per cercare fortuna in un altro paese, dove si parla una lingua diversa dalla propria. Vi ricorda qualcosa?

È il tema del racconto “Il lungo viaggio”, appartenente alla raccolta di racconti “Il mare color del vino” (1973), dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia. In sole sette pagine l’autore riesce a farci immaginare la disperazione dei contadini siciliani protagonisti di questo racconto: carichi di speranza e illusione, affidano il loro risparmi al “signor Melfa”, con il quale “i patti erano questi – Io di notte vi imbarco – aveva detto l’uomo (…) e di notte vi sbarco: sulla spiaggia del Nugioirsi, vi sbarco; a due passi da Nuovaiorche”.

La penna elegante e magistrale di Leonardo Sciascia ci risparmia pietismi: è il contrasto tra lo svolgimento del racconto (basato perlopiù sull’entusiasmo dei fuggitivi in cerca di una nuova vita) e il suo finale tragicomico a costituirne la vera forza. Leggendo, seguiamo un po’ complici e consapevoli le elucubrazioni dei protagonisti che partono per cercare fortuna in un altro paese: “E avrebbero passato il mare, quel grande mare oscuro; e sarebbero approdati agli stori e alle farme dell’America, all’affetto dei loro fratelli zii nipoti cugini, alle calde ricche abbondanti case, alle automobili grandi come case. Duecentocinquantamila lire: metà alla partenza, metà all’arrivo. Le tenevano, a modo di scapolari, tra la pelle e la camicia. Avevano venduto tutto quello che avevano da vendere, per racimolarle”

L’epilogo fa crollare come un castello di sabbia la costruzione fatta di aspettative e illusioni che i protagonisti in cerca di fortuna avevano addossato al sogno di raggiungere l’America: “Si buttarono come schiantati sull’orlo della cunetta perché non c’era fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia.”

Questa bolla è un invito alla lettura de “Il lungo viaggio”. A noi sembra un racconto fuori dal tempo, di una sconvolgente attualità. E ci piace riportare il seguente passaggio, forse il più drammatico, se si pensa alle umilianti condizioni in cui si svolgono certi viaggi senza approdo: “Il viaggio durò meno del previsto: undici notti, quella della partenza compresa. E contavano le notti invece che i giorni, poiché le notti erano di atroce promiscuità, soffocanti. Si sentivano immersi nell’odore di pesce di nafta e di vomito come in un liquido caldo nero bitume. Ne grondavano all’alba, stremati, quando salivano ad abbeverarsi di luce e di vento. Ma come l’idea del mare era per loro il piano verdeggiante di messe quando il vento lo sommuove, il mare vero li atterriva: e le viscere gli si strizzavano, gli occhi dolorosamente verminavano di luce se appena indugiavano a guardare.”

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