IL CINQUECENTO

IL CINQUECENTO

IL CINQUECENTO


Il fatto fondamentale della letteratura cinquecentesca fu il trionfo del volgare e la sua codificazione quale lingua letteraria. È significativo che Pietro Bembo, il più autorevole codificatore del volgare, fosse altresì colui che inaugurò due delle più importanti correnti della letteratura cinquecentesca: quella della trattatistica d’amore e quella della lirica petrarchesca. In direzione mondana si svolse la novellistica, che ebbe come modello il Decameron. Altri generi poi vollero rifarsi proprio ai modelli delle letterature antiche: così la commedia con l’Ariosto fu plautina e terenziana, nondimeno seppe immettere nelle trame, simili a quelle dei latini, vivaci spunti di costume contemporaneo e di psicologia moderna con il Lasca, Giovanni Maria Cecchi, Alessandro Piccolomini, Pietro Aretino, Annibal Caro, e arrivò a creare autentici capolavori quali La Mandragola del Machiavelli, La Venexiana e Gl’ingannati di autori ignoti, tutto il teatro del Ruzzante. Meno felice risultò l’esperienza del teatro tragico, che, si orientò con l’Orbecche del Giraldi Cintio (1541) verso il teatro di stampo senechiano. Non senza subire l’influenza dei modelli antichi fiorì anche la poesia didascalica in latino (Vida, Fracastoro) e in volgare (Rucellai, Alamanni, Erasmo da Valvason, Bernardino Baldi), come a Platone e a Cicerone si ispirò l’abbondante produzione di trattati, per lo più scritti in forma di dialogo, tra i quali eccellono, oltre a quelli d’amore sopra menzionati, Il cortegiano del Castiglione e il Galateo del della Casa.

Ma la prima metà del XVI sec., è caratterizzata dalla nascita di sommi capolavori della poesia e del pensiero: l’Orlando furioso dell’Ariosto, il Baldus del Folengo, gli scritti teorici e storici del Machiavelli e del Guicciardini. Tuttavia nella grande letteratura della prima metà del Cinquecento, per il grado di maturità al quale essa seppe portare l’ideale umanistico, era implicita l’insidia di pericolosi irrigidimenti. La critica d’arte, già avviata nel Quattrocento dalle speculazioni di Leon Battista Alberti e dalle suggestive osservazioni sulla pittura di Leonardo da Vinci, nel pieno Cinquecento portò a quel capolavoro che sono le Vite di Giorgio Vasari, apparse nel 1550 e in seconda edizione rielaborata e accresciuta nel 1568. La crisi politica e morale che colpì l’Europa nella II metà del secolo ebbe il suo grande poeta in Torquato Tasso, pervaso da un sentimento doloroso della vita per il quale egli fu non solo uno dei più grandi poeti di ogni età, ma uno dei più autentici precursori della sensibilità romantica.

Nell’opera ricca e non priva di contraddizioni dell’autore della Liberata si compendiano i valori più alti della poesia e della letteratura del tardo Cinquecento, e il nuovo stile del Tasso – uno stile ricco di fascino musicale e di chiaroscuri, sensuale e patetico, nobilmente atteggiato e ricco di forza tragica – influenzò profondamente la poesia posteriore, esasperandosi in seguito nella ricerca di effetti vistosi.

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