FILOSOFIA DI LEIBNIZ

FILOSOFIA DI LEIBNIZ


Per il filosofo tedesco la realtà si può comprendere solo se si trova la sua
ultima spiegazione nella metafisica, vale a dire in qualcosa che non è più
“realtà”, concreta, materiale. Come se esistesse una sorta di relatà virtuale,
immateriale, spirituale, che produce il nostro mondo sensibile (detto di sfuggita:
oggi ci sono molti matacchioni come Pierre Levy, che ritengono che il mondo
telematico e della realtà virtuale sia reale e forse più reale della realtà stessa!).
Perchè la realtà non è conoscibile attraverso l’esperienza e l’analisi?
Perchè deve esistere qualcosa d’altro. Per esempio, dice Leibniz, quando
diciamo che B è il prodotto di A è davvero così? Prendiamo un padre e un figlio,
certo il figlio contiene degli elementi che derivano dal padre, ma allo stesso
tempo è diverso. Dunque: dove ha preso questi elementi se non da una realtà
diversa da quella reale, concreta? Deve esistere qualcosa di specifico che
caratterizza la realtà al di là di essa, qualcosa di metafisico.
Leibniz dice che il mondo, tutta la materia, è costituita da “monadi”
(naturalmente sono affermazioni prive di qualunque indicazione scientifica, si
tratta di “asserzioni”, cioè di affermazioni, di postulati).
Queste monadi sono delle specie di anime. Non sono atomi o particelle, ma
veri e propri spiriti che contengono al loro interno una specie di visione del
mondo, contengono addirittura la stessa realtà. Queste monadi sono
indipendenti e sono assolutamente specifiche, diverse. Inoltre le monadi non
sono eterne ma sono create. Ogni monade rappresenta una specie di “punto di
vista”, ma in ognuna è contenuta tutta la realtà. Le monadi non interagiscono
con l’esterno, sono immutabili, permanenti, non cambiano mai.
L’anima stessa è una monade. Ogni monade è l’Io, il centro vitale, l’anima di
un “ente”. La realtà è formata da tanti enti: giardino, alberi, rami, foglie, erba
terra e così via, ogni più piccola parte è un “ente” che è fa sua volta formato da
vari enti con le sue monadi. Un organismo ha però una monade dominante, che
lo caratterizza, un’anima speciale, diremmo, che lo rende unico.
Il compito di ogni monade è quello di rappresentare la realtà. Ma siccome non
comunicano con la realtà da dove deriva la loro rappresentazione? Ovviamente
da Dio. Dio ha creato il mondo e le monadi che lo rappresentano e che
costituiscono la base stessa della realtà.
Ora, dice Leibniz, siccome Dio è perfetto non può creare qualcosa di
imperfetto e dato che aveva a disposizione diverse possibilità di creazione del
mondo (immaginate: l’Auchan della creazione), ha scelto un mondo fra i tanti
possibili e quindi avrà certamente creato il mondo migliore possibile. Le monadi
rappresentano questo mondo migliore possibile e lo costituiscono e quindi anche
ogni cosa è fatta per il “meglio”. Tutto dunque procede per il meglio, dice
Leibniz e in armonia, un’armonia prestabilita, cconcepita di Dio, essere perfetto
che produce perfezione.
Così, se le cose capitano è perchè vi è una ragione “sufficiente” perchè
avvengano e questa ragione “sufficiente” è contenuta all’interno degli oggetti
stessi, grazie alle monadi. Per esempio: se Cesare ha attraversato il Rubicone, vuol
dire che all’interno di Cesare stesso doveva esserci quella ragione “sufficiente”
che lo spingeva ad attraversare il Rubicone e a realizzare un colpo di stato. Nel
soggetto Cesare era contenuto il suo colpo di stato e la guerra civile.
Tutto è predeterminato: ogni cosa realizza la sua natura, tutto è per il meglio
e tutto è in armonia.
Voltaire dice che il “libero arbitrio” di Leibniz è come quello del girarrosto:
una volta avviato non può far altro che girare.
Per Leibniz tutto ciò che esiste può anche non esistere, ma se esiste è
certamente per un motivo, per una ragione “sufficiente” che ne giustifica
l’esistenza. Ora, mica volete che un’esistenza emanata da un Dio perfetto non sia
a sua volta perfetta e che la perfezione non consista proprio nel realizzare la
natura nascosta in ogni oggetto, cioè la sua ragione “sufficiente”?
Certo noi potremmo ribaltare il discorso: se il mondo è imperfetto (un vero
schifo, potremmo anche stabilire, visto come vanno le cose) e Dio non può che
produrre perfezione, significa semplicemente che non esistono nè Dio, nè le sue
monadi, nè lo spirito, ecc. ecc.! Questa è anche la base della trama del Candido
di Voltaire: innazitutto verifichiamo, realmente, com’è questo mondo, la sua
verifica reale non può che smontare tutta la costruzione filosofica di Leibniz.

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