DESCRIZIONE DI DON ABBONDIO NELL’INCONTRO COI BRAVI

DESCRIZIONE DI DON ABBONDIO NELL’INCONTRO COI BRAVI

-PRIMO CAPITOLO DEI PROMESSI SPOSI-


-Nell’episodio in cui Don Abbondio incontra i bravi, emergono alcune caratteristiche del parroco che avrebbe dovuto celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. La bravura del Manzoni è stata nel raccontare in poche righe il carattere del primo personaggio che ci presenta. L’autore descrive Don Abbondio come un uomo ovviamente devoto alla religiosità, in quanto, mentre recita le preghiere, mette le mani dietro la schiena, ma anche pieno di inquietudini e pronto ad evitare ogni minimo ostacolo, come si può vedere nel verso “buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero”. In seguito possiamo notare nell’espressione “e girati oziosamente gli occhi all’intorno” la sua tranquilla indifferenza di fronte alla natura che non è dovuta alla conoscenza dei luoghi, ma alla sua pigrizia e alla sua chiusura dello spirito che dà segno del suo egoismo. Inoltre il personaggio ci risulta molto abitudinario come nei versi “giunse a una voltata della stradetta, dov’era solito, d’alzar sempre gli occhi” e “dirizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo”. La paura di Don Abbondio, invece, si nota appena egli vede i due bravi con l’espressione “vide una cosa che non s’aspettava e che non avrebbe voluto vedere” e più avanti “quel che più dispiacque a Don Abbondio fu il dover accorgersi che l’aspettato era lui”. Ma per meglio vedere che egli è un timoroso, l’autore presenta una serie di gesti e atteggiamenti che precedono l’inizio della conversazione con i bravi. L’animo di don Abbondio è in tumulto per i molti pensieri che si susseguono, fa un rapido esame di coscienza, ma è sicuro di non essersi mai opposto ad un potente. Poi l’autore descrive il gesto della testa del prete per vedere se vi è qualcuno che può accorrere in suo aiuto, con molta naturalezza, come si nota nell’espressione “torcendo insieme la bocca”. In questo cenno si può quindi vedere la speranza del personaggio di un’allucinazione o di una salvezza. Ed è allora con il coraggio della disperazione, che il parroco si incammina verso i bravi come per finirla una buona volta e il tutto è rinchiuso nel verso “compose la faccia e tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso”. Ma il suo timore comunque persiste, in quanto, recitando un versetto, alza la voce, come i bambini che hanno paura e parlano a voce alta per sentirsi più sicuri. Don Abbondio, nella sua domanda “Cosa comanda?”, ci risulta quindi già arreso nei confronti dei bravi. Quando i due uomini gli chiedono se ha intenzione di sposare Renzo e Lucia, egli, anche se impaurito, si presenta pronto ad ubbidire all’imposizione del più forte e a venir meno al suo dovere e con la ripetizione di “cioè” e con alcuni punti di sospensione, l’autore indica lo stato d’incertezza del personaggio. Nel verso “il povero curato non c’entra: hanno i loro pasticci tra loro”, Don Abbondio è visto come un vile che per salvare se stesso, non esita ad attribuire agli altri la colpa. Inoltre nel rispondere al divieto del matrimonio imposto dai bravi, si nota ancora una volta il carattere egoistico del parroco: “se la cosa dipendesse da me, vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca”. Poi nel sentire il nome di Don Rodrigo, Don Abbondio, sopraffatto dalla paura e dallo stupore che gli impediscono di ragionare, fa un breve inchino, segno di sottomissione. Il parroco cerca quindi di non dare un’assicurazione a quanto richiesto, usando frasi brevi, ma comunque i bravi, avendo capito che egli è un egoista e un vigliacco, lo salutano e lo lasciano dubbioso ai suoi pensieri. Egli, tuttavia, è consapevole di vivere in tempi duri, dove il più debole viene schiacciato e infatti egli avrebbe voluto continuare la conversazione, ma non viene ascoltato e “rimase un momento a bocca aperta, come incantato”.

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