APPUNTI SUL MEDIOEVO

APPUNTI SUL MEDIOEVO

APPUNTI SUL MEDIOEVO


La data convenzionale della caduta dell’Impero Romano è il 476 d.C. Per ironia della sorte l’ultimo Imperatore si chiamava Romolo , soprannominato Augustolo perché era un ragazzino “piccolo augusto”.

Le cause della caduta dell’impero sono sostanzialmente due : una causa interna dovuta alla decadenza delle istituzioni ed una esterna causata dalle invasioni barbariche.

L’Impero Romano cadde soprattutto a causa delle invasioni barbariche. Dalle steppe orientali e russe fino alle terre germaniche e scandinave imponenti masse umane si spostavano verso occidente in cerca di nuovi territori. Le popolazioni barbariche detenevano una cultura diversa da quella delle popolazioni romanizzate, soprattutto le differenze erano forti nel campo del diritto e della mentalità. Se non possiamo dire che i barbari erano totalmente incivili, possiamo però affermare con sicurezza che non avevano mai costruito città e avuto istituzioni politiche del tipo di quelle romane.

Inizialmente le invasioni ebbero un carattere distruttivo. In seguito i barbari, lentamente, cominciarono ad integrarsi con i popoli romanizzati ma mantenendo e quindi trasmettendo, soprattutto nel campo militare e politico, le proprie consuetudini. Dall’incontro delle due culture nasce piano piano l’Europa moderna. Vediamo quali erano le differenze politiche più evidenti e interessanti.

l’impero romano rappresenta l’immagine più compiuta della civiltà: organizzazione complessa, basata su una salda ed efficace amministrazione. E’ fortissima l’idea dello stato che culmina nella figura dell’imperatore.

I barbari non avevano in alcun modo senso dello stato, faticavano perfino ad avere un’idea di amministrazione. Il potere aveva un carattere personalistico. Nomadi o sedentari che fossero i barbari vivevano in clan che riunivano un certo numero di famiglie. Era un mondo senza un governo centrale. Ogni tribù raggruppava da 3000 a 80.000 uomini guidati da un re, scelto durante l’assemblea degli uomini liberi, che possiamo identificare nei nobili. Non vi era dunque una grande differenza fra re e nobili, le lotte per la prevalenza individuale, per il potere, erano frequentissime. Le grandi imprese, come quella di invadere nuovi territori, erano decise in assemblee in cui veniva scelto un capo supremo. I capi comandavano perché suscitavano

l’ammirazione e davano l’esempio; venivano obbediti non per obbligo ma perché erano audaci, si facevano notare per le loro imprese, combattevano in prima fila.

Dopo che i barbari invadono l’impero ne assorbono la civiltà e si integrano in esso diventando nuova classe dirigente, ma trasmettendo nelle nuove istituzioni le loro consuetudini e la loro mentalità.

Per esempio non vi è una grande differenza fra il re e il nobile, il quale sceglie di sottomettersi al re dichiarando la sua fedeltà

e rendendogli omaggio, dunque è legato al re solo da un vincolo di carattere personale (è questa l’origine del feudalesimo). Il

principio della fedeltà personale, che costituisce l’essenza della società feudale, era connaturato alle strutture sociali ed

economiche del Medioevo.

Anche la trasmissione del potere ha un carattere personalistico – ereditario basato sull’idea che l’autorità su di un territorio deriva dall’appartenenza di esso al re, il quale può dividerlo tra i suoi eredi.

Dall’incontro scontro tra barbari e romani è nato il mondo medievale feudale, ed infine la moderna Europa delle nazioni e del cristianesimo. Un grandissimo ruolo in questo lento processo di integrazione ha avutola religione cristiana, che ebbe la funzione di accomunare barbari e latini nel culto e nelle credenze religiose. Inoltre nella generale decadenza delle istituzioni

romane, la chiesa con i suoi ministri, i vescovi nelle poche città rimaste e il papa, divenne il punto di riferimento autorevole per i popoli romanizzati.

Dopo la caduta dell’Impero Romano si formarono dei regni romanico barbarici.

Ma con Carlo magno si ebbe una rinascita dell’idea di Impero. E’ notevole la restaurazione imperiale dovuta a Carlo Magno nell’Europa centrale (Francia, Germania e Italia settentrionale): il nuovo impero nasceva tra la comunanza di interessi tra la

chiesa cattolica di Roma e l’imperatore dei franchi.

Per quanto il Sacro Romano Impero di Carlo Magno si richiamasse nel nome all’antico impero romano ne era profondamente diverso. Infatti, non troviamo in questa nuova istituzione il carattere impersonale dello stato, né l’accentramento amministrativo. Troviamo invece le caratteristiche personalistiche del potere barbarico. Carlo divise l’impero in varie circoscrizioni (marche, contee, baronie) affidate a nobili, che erano legati a lui solo da un vincolo personale, sancito da un giuramento e dall’omaggio all’imperatore. Questa situazione si ripeteva tra i marchesi, conti e loro vassalli (vassallo era un

uomo libero che si metteva al servizio di un signore in cambio della sua protezione).

L’anello debole del Sacro Romano Impero era rappresentato appunto dalla mancanza di un sistema certo ed efficace nel diritto di successione. Infatti, il carattere personalistico e privatistico del potere finì per prevalere sulle esigenze unitarie e l’Impero presto si divise in regni distinti, seppur nominalmente soggetti all’autorità dell’imperatore.

1.2 Gli ordinamenti vassallatici.

  1. L’organizzazione dell’esercito carolingio

a)I cavalieri franchi erano i proprietari terrieri. Infatti procurarsi tutta l’attrezzatura per la guerra era particolarmente costoso. b)Per ricompensare e dare loro la possibili d’armarsi i re Carolingi davano ai propri compagni d’arma (comite=conte) dei territori da amministrare e sfruttare, cioè concedevano dei “benefici”. Il beneficio inizialmente non era ereditario, bensì personale, temporaneo e revocabile, in seguito con Carlo il Calvo divenne erditario. B. L’organizzazione del regno franco.

a)Coloro che ricevevano i Benefici, cioè i Vassalli come vennero chiamati, giuravano fedeltà al re o a un signore. Il rapporto

che legava il signore ad un suo vassallo era dunque personale, basato sulla fedeltà. Valori massimi divennero allora la lealtà, l’onore, l’ubbidienza. Il vassallaggio era dunque il vero cemento della società, perché teneva unita l’intera classe dominante.

  1. L’investitura.

a)Il termine “feudo” sostituì quello di beneficio e divenne d’uso universale per indicare i benefici che il re concedeva in cambio del vassallaggio. L’infeduazione avveniva attraverso un rituale che prese il nome di investitura.

  1. I conti ed i marchesi.

a)I feudi si dividevano in contee e marche. Le contee venivano affidate ai conti che amministravano la giustizia, esigevano

tributi, organizzavano la mobilitazione militare. Le marche erano territori vasti e posti ai confini del regno che venivano

affidate per il governo ai marchesi.

  1. I missi dominici.
  2. a) L’imperatore controllava l’operato dei suoi feudatari

attraverso dei funzionari, chiamati missi dominici, cioè messi del signore, quasi degli ispettori. Investiti di poteri particolari i

missi dominici percorrevano in lungo e in largo i territori imperiali per poi riferire all imperatore del modo in cui venivano governati e dell’operare dei vassalli.

La base produttiva del mondo feudale era rappresentata dai contadini. Questi venivano detti servi della Gleba perché erano legati alla terra che lavoravano e soggetti al feudatario. Il contadino che alienava la sua libertà e si impegnava con il signore per corrispondergli una quota del prodotto agricolo e una certa quantità di servizi esigeva dal suo signore protezione e riparo sicuro dai pericoli incombenti.

La divisione sociale nell’Europa feudale.

Nell’Europa feudale la rete di vincoli di dipendenza tra gli individui si può configurare come una piramide alla cui base ci sono i servi della gleba e i contadini e via via più su i nobili, il clero e infine al vertice le massime autorità, costituite dall’Imperatore e dal Papa: Gli individui sono divisi in gruppi situati l’uno al di sopra dell’altro, distinti dalla vocazione professionale e dal grado di potenza e di prestigio. Tuttavia, al di sopra degli innumerevoli piccoli poteri d’ogni genere, esiste una divisione

gerarchica di più ampio raggio, riportabile fondamentalmente a tre ordini sociali.

Raimondo Lullo, un teologo catalano, già nel 1275 in un suo libro presenta la società feudale divisa in tre ordini: coloro che pregano, coloro che combattono e coloro che lavorano. “Sono molti – egli afferma – i compiti che Dio ha dato in questo mondo agli uomini perché‚ Lo servano” ma i due ordini superiori sono quelli a cui appartengono il prete (colui che prega) e il cavaliere (colui che combatte). Il primo ha il compito di “volgere le genti alla devozione e alla vita santa” e perciò deve possedere scienza e dottrina; il cavaliere invece deve ridurre i popoli al timore, con la nobiltà del valore e con la forza delle armi”. Ma anche il terzo ordine è necessario, in quanto il contadino deve procurare con il suo lavoro il sostentamento del cavaliere e del prete.

In questa analisi della società, nessun accenno è fatto a altri soggetti sociali, come i borghesi, che alla fine del tredicesimo secolo hanno acquistato certamente un’importanza non secondaria nella vita delle città e degli scambi commerciali che andavano progressivamente rifiorendo.

Questi ordini sopravviveranno fino alla rivoluzione francese.

LA CITTÀ’ MEDIEVALE.

Nonostante la crisi dovuta alla decadenza dell’Impero Romano gran parte delle città romane diventeranno città medievali,

trasformandosi però nell’aspetto e nelle funzioni. Ciò avverrà almeno fino all’ anno mille. All’inizio dell’età medievale la città perse importanza dal punto di vista economico e commerciale a favore dell’economia curtense: tutto ciò che serviva alla vita veniva prodotto nel castello feudale.

Oltre ad assumere una nuova funzione le città conoscono durante il Medioevo la comparsa di nuove forme di prestigio e di potere.

Le città diventano i centri della religione cristiana: il cristianesimo ha conquistato prima di tutto le città ed è poi

penetrato nelle campagne molto lentamente.

Compare così un nuovo tipo di centro urbano: la città vescovile.

Addirittura soltanto le città vescovili ricevono il nome di “civitas” (città in latino).

Il vescovo non è solo il capo religioso della città, ma ne assicura anche la direzione in ogni campo, economico e sociale, culturale e politico.

La crisi del potere alla fine del periodo di Carlo Magno, tra il IX e il X secolo, permette al vescovo di allargare la propria autorità sulla città e nei dintorni di essa.

Nelle città vengono costruite chiese, cattedrali, numerosi monasteri e campanili. le cui campane suonano in occasione delle feste religiose e di eccezionali eventi cittadini.

Ma a partire dal X secolo la città medievale tende a perdere le caratteristiche di centro religioso e va sempre più caratterizzandosi di nuovo come un prodotto delle attività mercantili e artigianali

La rinascita dopo l’anno mille.

A partire dal X secolo la Cristianità occidentale conosce un rifiorire delle città come risultato della coincidenza di un insieme di sviluppi.

Il primo di questi fattori è la crescita della popolazione, effetto della fine delle grandi invasioni, della relativa tranquillità portata dal movimento della tregua di Dio portate avanti dalla chiesa e ispirato o sostenuto dalle masse popolari.

L’aumento della popolazione è dovuto soprattutto al miglioramento della produzione agricola.

Questo miglioramento è stato reso possibile da una serie di innovazioni tecniche: la maggiore efficacia degli strumenti di lavoro grazie all’uso più frequente del ferro; la comparsa dell’aratro a ruota; la diffusione di nuovi attrezzi (erpice, il ferro da cavallo, il collare da spalla); la sostituzione della rotazione triennale con quella biennale(che prevede il riposo dei campi

coltivati per due anni su tre invece che per un anno su due).

Tutti questi progressi permettono migliori rese e quindi di nutrire la città, centro di consumo.

Il progresso dell’artigianato supera quello agricolo, in particolare nel campo tessile (telaio orizzontale) e nella produzione di energia (mulini ad acqua usati anche per scopi industriali).

Con lo sviluppo delle città si ha una ripresa del commercio a lungo raggio (marittimo e terrestre) che trasforma le

città in nodo delle vie commerciali e nella sede principale degli scambi, grazie allo sviluppo delle fiere e dei mercati suburbani.

Con il nuovo sviluppo nelle città si affermano nuove istituzioni politiche (il comune) e sociali (abolizione dei vincoli

feudali).

LA CITTÀ’ BORGHESE.

Spesso la città medievale è un agglomerato suburbano sorto vicino a un’antica città o a un nucleo urbano primitivo (castrum in latino, grod in tedesco, hrod nei paesi slavi).

Nei pressi di questi nuclei urbani si sviluppano nuovi agglomerati che verranno chiamati nei paesi slavi pogrodzie e nel resto dell’Occidente cristiano burgus (italiano borgo, inglese borough, tedesco burg, francese bourg).

La costruzione di mura che inglobavano entrambi i nuclei della città, il castrum e il burgus, sanciva la formazione del cambiamento della città: al posto del vecchio centro vescovile vi era ormai la città medievale. Gli abitanti della città presero il nome di Burgenses, borghesi; una classe sociale del tutto nuova.

A Firenze l’antica cerchia romana è inglobata alla fine del XII secolo entro una nuova cinta più estesa, ma sempre limitata alla riva destra dell’Arno. All inizio del XIV verrà costruita un altra cerchia anche sulla riva sinistra.

Dante, nostalgico dell’ antica Firenze, nella Divina Commedia (Paradiso, XV, 97-99), evoca con malinconia una città virtuosa nelle sue antiche mura:

Fiorenza, dentro la cerchia antica,

(…)

Si stava in pace, sobria e pudica.

L’ anima delle città è il commercio.

Alla base dello sviluppo delle città vi è la crescita economica.

Bisogna insistere sul ruolo proprio della città medievale. Essa è prima di tutto un centro di consumo e il mercato vi detiene un ruolo di primaria importanza.

Ma la città medievale è anche un centro di produzione artigianale e di scambi commerciali. Gli artigiani si organizzano in corporazioni di arti e mestieri (in Italia le corporazioni vengono chiamate “Arti”).

La città medievale è un centro di scambi. A seconda dell’ importanza della città, il commercio si svolge a corto raggio (regionale) o a lungo raggio (internazionale).

In alcune città nascono delle fiere. Le più importanti si svolgono in Francia, nella regione della Champagne. Nel Duecento, la crescita della qualità e del valore degli scambi permette la ripresa della coniatura delle monete

d’oro, interrotta dall’epoca di Carlo Magno. Le monete più importanti furono il Fiorino di Firenze e il Ducato di Venezia.

Le città e la formazione degli stati nazionali.

Con il nuovo sviluppo nelle città si affermano nuove istituzioni politiche (il comune e la Signoria) e sociali (abolizione dei

vincoli feudali). In Italia nasce il comune con caratteristiche del tutto particolari da altri simili istituti europei. la caratteristica più importante del comune italiano è il suo alto grado di autonomia rispetto al papato e all’Impero.

Il comune, rinnovando in parte le forme politiche degli antichi “municipi romani”, rappresenta il trionfo dell’elemento latino, fino allora sopraffatto da quello germanico barbarico. Il comune è sempre un’associazione giurata, libera, volontaria, di cittadini che decidono di governarsi autonomamente per mezzo di propri rappresentanti. Questi cittadini erano i componenti delle nuove forze sociali emergenti: artigiani, mercanti.

Gli appartenenti al comune non negavano di dipendere dall’imperatore, ma chiedevano l’autogoverno, cioè tutto quello che si

riassumeva nelle cosiddette “libertà”: eleggere i magistrati, amministrare la giustizia, riscuotere i tributi, battere moneta, provvedere alla difesa militare.

Le città a seconda del loro grado di civiltà si dividono in:

  • città politicamente autonome: Comuni e Signorie in Italia; città consolari in Provenza; città libere dell’Impero in Germania
  • città con autonomia limitata: città reali nell’Europa occidentali e orientale; città territoriali in Germania.

Il diritto, l’economia, la cultura, lo statuto delle città preparano la via allo Stato nazionale o territoriale dell’evo moderno.

Affermazione degli stati nazionali.

Nel corso del Dodicesimo secolo e per tutto il Quattordicesimo secolo in Europa si verifica un’evoluzione politica che determina la crisi storica dell’universalismo alto medievale e l’affermazione degli stati nazionali .

Nell’Alto Medioevo l’autorità politica e quella religiosa detenute rispettivamente dall’Imperatore e dal Papa, dirigono la vita dell’umanità cristiana e non conoscono limiti al proprio potere, se non nel reciproco riconoscimento di autorità universali. In seguito allo sviluppo della civiltà comunale e all’incremento di un’economia di mercato, improntata agli scambi e alla

circolazione di denari, l’ideale universalistico entra in crisi e viene sostituito da una visione laica della realtà politica e sociale. Momenti storici del mutamento ideologico verificatosi nel corso del tredicesimo secolo sono l’affermarsi degli stati nazionali e dell’autorità del re nel suo regno, il fiorire dei Comuni e delle Signorie in Italia.

Caratteri generali degli stati nazionali.

Il principio che sta alla base dei nascenti stati nazionali è il fatto che il re non riconosce alcuna autorità al di sopra di sé nel suo regno.

La storiografia moderna recente ha individuato quattro tappe fondamentali nel processo di formazione dello stato moderno:

  • Lo Stato si dà una base territoriale che travalica i limiti delle città, incapaci da sole di sostenere l’aumento delle spese amministrative.
  • Fattori contingenti, verificatisi nel 1300, come la diffusione della peste, la carestia e il susseguirsi di alcune disastrose guerre, generano una diffusa insicurezza tra la popolazione. Sia le classi inferiori che i signori e i mercanti avvertono la necessità di un potere centrale forte, garante dell’ordine e della tranquillità.
  • Il potere feudale è ridotto o addirittura soppresso a vantaggio del nuovo ceto emergente: la borghesia. Il ceto dei mercanti e degli imprenditori considera conveniente per lo sviluppo delle attività mercantili e commerciali la stabilità politica che solo un monarca assoluto può garantire.
  • Pur esercitando un potere assoluto il re ha bisogno di un efficiente apparato burocratico, legislativo e amministrativo, che rafforzi l’autorità regia ma , nello stesso tempo, ne sia indipendente. Infatti i funzionari costituiscono l’impalcatura su cui regge lo Stato anche nei momenti in cui il re è debole o è minorenne.

Queste quattro tappe possono essere riferite alle nazioni europee che tra il tredicesimo e il quattordicesimo secolo si organizzano in efficienti compagini statali.

Abbandonata la via della stretta collaborazione col clero, che ha caratterizzato i rapporti nel corso dell’Alto Medioevo, le nascenti monarchie assolute tendono a sottomettere il clero locale costringendolo a rispettare le leggi civili e a contribuire alle finanze dello Stato.

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