VITTORIO ALFIERI SAUL IL TIRANNO CONTRO IL DESTINO
Nel Saul Alfieri si richiama al racconto biblico del re ebreo che, improvvisamente posseduto da un oscuro demone,
comincia a perseguitare ingiustamente il genero David, in un delirio che porta il regno ebraico sull’orlo della definitiva
disfatta. Quello che nella Bibbia è l’imprevedibile e immotivato esito di un’inspiegabile follia, causata da un misterioso
afflato divino, nella tragedia alfieriana è il risultato di una figura psicologicamente complessa e tormentata. Saul si stacca
demoniaca attrazione per il sangue e la violenza. L’atteggiamento di Saul nei confronti di David non è l’odio cieco del
tiranno che teme per il proprio potere: è invece un sentimento ondivago e turbato, nel quale agiscono molteplici moventi.
Saul è il grande eroe che, con l’avanzare degli anni, deve assistere impotente alla propria decadenza fisica. E in David egli
vede se stesso giovane: l’aspirazione verso l’eroismo e la gloria, i beni della giovinezza. Nell’odio nei confronti del
genero che lentamente matura in una mania di persecuzione tragica e delirante si ritrova, in somma, l’incapacità di Saul
di accettare i limiti della propria condizione umana e il rimpianto per l’energia giovanile perduta. Ma c’è anche
una componente di inconfessata gelosia per la figlia Micol, che alimenta, fra contrasti e dubbi, l’odio verso il genero. La
sua è dunque una ribellione sterile perché rivolta contro il destino, una “titanica” protesta contro gli stessi
limiti biologici della condizione umana, che esprime, nella sua tragica inutilità, una grandezza sinistra e dolente.