TRIESTE DI UMBERTO SABA PARAFRASI
Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un’erta ,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro , se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa .
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia .
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto , alla mia vita
pensosa e schiva .
Ho attraversato tutta la città,
poi ho percorso una strada in salita,
dapprima affollata, più in là deserta,
che terminava con un piccolo muro:
un cantuccio dove mi siedo,
solo; e mi sembra che nel punto in cui esso finisce,
finisca anche la città.
Trieste ha una sua grazia
scontrosa. Se piace,
è come un ragazzaccio rozzo e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
venato di gelosia.
Da questa salita scopro ogni sua chiesa, ogni sua strada,
se conduce alla spiaggia affollata
o alla collina sulla cui cima rocciosa si
accampa una casa, l’ultima.
Ogni cosa
è circondata
da un’aria strana, tormentosa,
l’aria del paese natio.
La mia città, che è viva in ogni parte, mi
riserva un cantuccio, fatto a posta per me,
per la mia vita meditabonda e solitaria.
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