ODISSEA

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Odissea, poema epico in 24 canti attribuito a Omero, è composto da 12011 esametri dattilici probabilmente tra il IX e l’VIII secolo a.C. Insieme all’Iliade è uno dei capolavori della letteratura greca dell’età arcaica e una delle opere fondamentali della cultura occidentale. Il nome “Odissea” ha un’origine sconosciuta. L’autore tenta di darne una spiegazione collegandola ad un verbo greco che significa odiare. Odisseo (Ulisse per i Romani) sarebbe quindi “colui che odia” o “colui che é odiato”. L’Odissea, così come l’Iliade, è frutto della raccolta e della rielaborazione di materiale epico di età precedenti tramandato a voce. I due poemi omerici furono composti per essere recitati dai cantori e ascoltati, e solo più tardi vennero trascritti su papiro e poi su pergamena. E’ infatti ricco di tecniche mnemoniche come similitudini ed epiteti formulari. Nell’Odissea è narrato il lungo viaggio che Ulisse dovette compiere, dopo la guerra di Troia, per riuscire a far ritorno a Itaca. Mentre tutti gli altri eroi tornarono a casa in tempi brevi, egli rimase lontano dalla patria per dieci lunghi anni, poiché il dio del mare, Poseidone, adirato perchè l’eroe aveva accecato suo figlio, il Ciclope Polifemo, volle vendicarsi in questo modo. Tuttavia gli avvenimenti di questi dieci anni non sono narrati in ordine cronologico, ma sono presentati mediante il flash back. Trascorsi dieci anni dalla fine della guerra di Troia, Ulisse non è ancora rientrato in patria. Gli dei si riuniscono per decidere quale debba essere la sua sorte e, nonostanto il parere contrario espresso da Poseidone, Zeus, si lascia convincere dalla figlia Atena a favorire il ritorno del re di Itaca. Intanto a Itaca avevano preso potere i Proci e Telemaco é partito alla ricerca del padre Odisseo giunto alla corte dei Feaci dove narra tutte le sue avventure. Il protagonista riesce infine a rientrare e riconquistare l’amata patria dove lo attende Penelope. Si tratta di un racconto molto intricato, quasi a riprodurre simbolicamente il percorso labirintico compiuto dall’eroe. E’ uno dei Nostoi (ritorni), poemi greci del ciclo troiano che descrivevano il ritorno degli eroi achei in patria dopo la distruzione di Troia. Il tema portante nell’Odissea (a differenza dell’Iliade dove regnava la battaglia, lo scontro cruento) è il viaggio, che è la causa prima del carattere tragico dei destini dei vincitori della guerra di Troia. Il ritorno racchiude il lutto, la colpa, la punizione divina, il dolore e la fatica di una

guerra estenuante le cui conseguenze sono ancora visibili nel protagonista dell’opera. I due protagonisti (di Iliade e Odissea) presentano caratteristiche differenti: Achille è l’eroe valoroso, coraggioso, soldato per eccellenza, ma dominato da istinti primordiali; Ulisse invece ricorre sovente a stratagemmi e ai suoi molteplici talenti per superare le difficoltà. Anche il ruolo delle donne è molto diverso: nell’Iliadela figura femminile è un elemento di contesa, nell’Odissea invece la donna è l’alter ego del protagonista ( ad esempio Penelope). La presenza delle divinità è più smorzata in qust’ultimo poema dove intervengono con meno fraquenza e svolgendo una funzione di piccolo supporto.


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OMERO

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  • Tutto ciò che si sa di Omero è leggenda. Incerto è il suo luogo di nascita: probabilmente la città di Chio, o quella di Colofone, oppure Smirne, per anni la più quotata per motivi linguistici e culturali. Incerta è l’origine del suo nome, forse di etimologia non greca: potrebbe derivare da ho mè horôn, ossia ‘il non veggente’ (la leggenda ci descrive infatti Omero come un aedo cieco), ma altri avanzano l’ipotesi che il suo significato sia quello di ‘ostaggio’ oppure di ‘raccoglitore’.
  • Per quanto riguarda l’età in cui visse (e quindi l’epoca dell’Iliade e dell’Odissea), le date oscillano tra il XII e il VI secolo A.C., anche se le tesi più accreditate propendono per il VII o VIII secolo. Per Erodoto, invece, Omero sarebbe vissuto 4 secoli prima di lui, il che collocherebbe l’aedo indietro nel IX secolo. La maggior parte delle sue tarde (e fantasiose) biografie sono zeppe di notizie senza alcuna possibile corrispondenza con la realtà, come ad esempio l’aneddoto relativo alla sua gara poetica con Esiodo.
  • Ad Omero, considerato il primo poeta epico, gli antichi attribuirono molte opere: oltre all’Iliade e all’Odissea egli avrebbe composto dei poemi ciclici (Tebaide, Epigoni, Ciprie ecc.), una raccolta di inni, alcuni epigrammi e dei poemetti di genere giocoso. A nessuno venne in mente che Omero potesse non essere mai esistito finché, nel III secolo A.C., Zenodoto non sollevò dei dubbi circa la paternità di alcuni versi dell’Iliade e dell’Odissea, presto seguito da Ellanico e Xenone i quali, insospettiti dall’apparente disomogeneità linguistica ed ambientale che correva tra i due poemi, ipotizzarono che il secondo fosse stato composto da un ignoto aedo ben 100 anni dopo il primo.
    Era l’inizio dei dibattiti e delle ricerche sulla cosiddetta ‘questione omerica’, riguardante soprattutto la vera paternità dei due poemi epici a noi pervenuti, ma allargata anche ad altri quesiti, quali: Omero è esistito davvero? I due poemi fanno parte di un tutt’uno omogeneo? E se appartengono a più autori in che modo sono stati composti e tramandati? Già Aristarco di Samotracia tentò di dare una spiegazione: l’Iliade e l’Odissea appartengono uno alla giovinezza e l’altro alla vecchiaia dello stesso autore (Omero, naturalmente).
  • Col passare del tempo, però, le soluzioni non sembrarono più così a portata di mano e le correnti ‘unitaria’ e ‘antiunitaria’ (che sostenevano rispettivamente la tesi dell’autore unico e quella della pluralità di autori) si arricchirono delle ipotesi più variegate. G. B. Vico pensava che Omero non fosse mai esistito ma che fosse semplicemente stato assurto a simbolo della poesia greca dell’età eroica, nonostante i due principali poemi di quest’ultima si dovessero a più autori. A sua volta Wolf prospettò l’ipotesi che, in assenza della scrittura e nell’impossibilità di mandare a memoria 2.800 versi, differenti aedi fossero stati latori di diversi canti, riuniti poi in forma di poemi epici nell’epoca di Pisistrato.
  • A loro si aggiunse una visione ‘archeologica’ dell’Iliade e dell’Odissea, che vennero concepite come un insieme di stratificazioni attribuibili ad epoche differenti o come ampliamenti da nuclei originari. Con il passare del tempo lo sviluppo delle lettere comparate, della filologia, dello studio della letteratura popolare e degli scavi archeologici (che confermerebbero l’esistenza della scrittura già in epoca micenea), ha dato vita alla corrente cosiddetta ‘neounitaria’, la quale non nega l’esistenza di originari canti primitivi, ma allo stesso tempo afferma con forza l’unità dei due poemi in quanto composti da un singolo autore, che avrebbe raccolto i nuclei originari e li avrebbe ordinati in maniera personale utilizzando il dialetto ionico ed il verso esametro, vale a dire la lingua e la metrica dell’Iliade e dell’Odissea.
  • A questa corrente si aggiunge l’interpretazione dell’Iliade e dell’Odissea come ‘enciclopedie tecnologiche’, ossia come collezione di saperi e di pratiche oralmente tramandate, indispensabili alla coesione culturale. Al di là di tutte le possibili versioni, è quasi certo che Omero non sia mai esistito e che i due poemi siano stati tramandati da più aedi erranti.
  • Ma, nonostante l’autore dell’Iliade e dell’Odissea si riduca ad un fantasma, rimane il mistero di una costruzione e di una sintesi che, probabilmente nel VI secolo, ordinarono la materia informe ed eterogenea dei racconti più antichi e ci tramandarono due opere dalla fortuna e dalla forza inestinguibili tra i greci come tra i romani (il primo a tradurre l’Odissea in metro saturnio fu Livio Andronico ed Ennio sostenne addirittura di essere la reincarnazione di Omero), passando per il Medioevo (tramite l’Omero latino) e per l’Umanesimo, su su fino ai giorni nostri, offrendo a chiunque voglia leggerle due storie rimaste miticamente e straordinariamente avvincenti.

 

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