PRIAMO ALLA TENDA DI ACHILLE
PRIAMO ALLA TENDA DI ACHILLE
PRIAMO ALLA TENDA DI ACHILLE
Dopo dodici giorni dal grande duello, Achille, impietosito da Priamo,
acconsente di restituire ai Troiani il cadavere di Ettore. L’episodio è tutto
soffuso di pietà e di dolore. Achille, l’eroe spietato, assetato di sangue
e di vendetta, appare ora generoso, pienamente consapevole della «miseria»
dei mortali destinati a vivere «in mezzo alla tristezza», siano essi
vinti o vincitori.
Entrava il grande Priamo, e loro là non se ne accorgevano. Ed ecco
gli veniva vicino, ad Achille, gli prese le ginocchia e baciò le mani (1)
le terribili mani sterminatrici che gli avevano ucciso tanti figli.
E come quando un grave accecamento coglie un uomo che ammazza
un altro in patria, e se ne va in terra straniera a casa di un ricco signore,
al suo comparire suscita stupore in chi lo vede: attonito (2)
, così Achille mirava Priamo simile a un dio. Stavano sospesi (3)
anche gli altri, e si guardarono in faccia.
E a lui Priamo, supplichevole, rivolse la parola: «Pensa a tuo padre,
o Achille pari agli dèi! Ha gli stessi miei anni, è sulla soglia funesta (4)
della vecchiaia. E anche lui forse, i confinanti intorno lo vanno angustiando,
e non c’è nessuno là a stornargli il danno e la rovina (5). Ma egli almeno, oh, sì, ha la gioia di sentir dire che tu sei vivo, e spera
sempre, tutti i giorni, di vedere suo figlio di ritorno da Troia. Io invece
sono infelice senza scampo. Ho generato dei fi gli valorosi e prodi
a Troia, qua, e nessuno di loro mi è rimasto in vita. Sì, cinquanta ne
avevo, quando arrivarono qui gli Achei: diciannove mi venivano da
uno stesso grembo (6) , gli altri me li mettevano al mondo le mie donne
nella reggia. Ed ecco, alla maggior parte di loro l’impetuoso Ares
sciolse le ginocchia(7). E quello poi che per me era l’unico e difendeva
la città anche da solo, tu l’hai ucciso giorni fa mentre combatteva per
la patria. Ettore, sì! Ed è per lui che ora son venuto tra le navi degli
Achei, con l’idea di riscattarlo da te. Mi porto dietro, sai, un mucchio
di oggetti preziosi. Su, rispetta gli dèi, Achille, abbi compassione di
me pensando a tuo padre. Io sono ancor più infelice. Ho avuto cuore
di fare quello che non fece mai nessun altro mortale sulla Terra: ho
portato alla mia bocca la mano dell’uomo che uccise mio figlio».
Così parlava. E suscitò in lui una gran voglia di piangere per suo
padre. Achille allora gli prendeva, al vecchio, la mano e lo scostava
dolcemente.
E i due là erano assaliti dai ricordi: uno pensava a Ettore sterminatore
di guerrieri e piangeva a dirotto, rannicchiato ai piedi di Achille: e
Achille a sua volta veniva piangendo ora suo padre e ora Patroclo. Il
loro lamento si levava alto nella stanza.
Ma quando il divino Achille si fu consolato in quel suo singhiozzare e gliene andò via ogni voglia, subito balzò su dal suo seggio e
sollevava con le proprie mani il vecchio, commiserando quel capo
canuto (8) e il mento bianco. E gli rivolgeva parole: «Ah, poveruomo!
Sì, è vero, hai sofferto molti guai. E come hai osato venir da solo tra
le navi degli Achei, al cospetto dell’uomo che ti ha ucciso tanti valorosi
figli? Hai proprio un cuore di ferro. Ma via, accomodati qui sul
seggio: e le nostre pene, lasciamole dormire in fondo all’anima, anche
se ci pesa! Nessun vantaggio, credimi, viene dal pianto: mette solo
freddo. Così, vedi, han destinato gli dèi per i miseri mortali: vivere
in mezzo alle tristezze. Solo loro sono senza crucci. Già lo sai, nella
sala di Zeus ci stanno i due vasi dei doni che egli dà ai mortali: uno
è pieno di mali, l’altro di beni. E la persona a cui Zeus fulminatore li
offre mescolati, ora incontra sventura, ora felicità. Ma se a uno porge
solo guai, lo rende un miserabile: e una fame malvagia lo caccia per
il mondo, e se ne va errando tra il disprezzo degli uomini e degli dèi.
Ecco, anche a Peleo (9) gli dèi offrirono splendidi doni, fi n dalla nascita:
ed egli si distingueva, sai, tra tutti gli uomini per agi e ricchezze,
era re dei Mirmidoni. E poi gli davano in moglie una dea, benché
fosse mortale. Ma pure a lui la divinità addossò una sventura: non
gli nacque, là nel palazzo, una discendenza di sovrani, ma generò
un figlio solo, destinato a precocissima morte. E ora che è vecchio,
io non mi prendo cura di lui, ma sto qui lontano dalla patria, nella
terra di Troia, a contristare (10) te e i tuoi fi gli. E anche tu, o vecchio, lo
abbiamo sentito dire, eri felice un giorno: e per tutte le terre che dal
lato del mare racchiude Lesbo, soggiorno di Macare (11), e più lontano
la Frigia e l’Ellesponto sconfinato – qui, tra queste genti tu eri famoso,
dicono, per le tue ricchezze e i tuoi fi gli. Ma dopo che gli dèi del
cielo ti menarono(12) qua questo malanno, continuamente intorno alla
tua città ci sono state battaglie e carneficine. Su, rassegnati quindi,
e non angustiarti all’infinito! Non guadagnerai nulla, credimi, ad
affliggerti per il prode tuo figlio. Tanto non lo risusciterai! Prima ti
può ben capitare un’altra sventura».
E a lui rispondeva allora il vecchio Priamo, simile a un dio: «Non
farmi sedere, o discendente di Zeus, su di un seggio, quando Ettore
giace ancora nel tuo alloggio e nessuno se ne prende cura. Via,
rilascialo subito! Così me lo vedrò. E tu accetta i doni del riscatto
che ti portiamo: sono tanti. E l’augurio che ti faccio è di goderli, e
far ritorno alla terra dei tuoi padri, per avermi lasciato fin dal primo
momento vivere e veder la luce del sole».
Lo guardava scuro Achille dai rapidi piedi e diceva: «Non irritarmi
più, o vecchio, adesso! Ci penso già da me a renderti libero Ettore.
È venuta, sappilo, da parte di Zeus, mia madre a dirmelo, la fi glia
del vecchio marino (13). E quanto a te, o Priamo, ora capisco – e non
mi inganno – che è stato un dio(14) a menarti(15) fin qui alle navi degli
Achei. Non poteva, sono certo, un mortale, neppure se molto giovane
e forte, aver il coraggio di penetrare nel campo: e non riuscirebbe, credi, a sfuggire alle guardie né a smuovere facilmente la sbarra della nostra porta. Perciò ora non farmi arrabbiare! Sono già in mezzo ai miei guai. Potrei, bada, non risparmiare neppure te nella mia dimora,
anche se sei un supplice – e trasgredire agli ordini di Zeus».
Così parlava. Tremò di paura il vecchio e ubbidiva al comando.
Il Pelide intanto come un leone balzò fuori dalla stanza. Non andava
da solo: insieme con lui si muovevano due scudieri, l’eroe Automedonte
e Alcimo, che Achille onorava più di tutti gli altri compagni,
dopo la morte di Patroclo.
Essi allora staccavano di sotto il giogo i cavalli e i muli: conducevano
dentro l’araldo banditore(16) del vecchio, e lo fecero sedere su di uno
scanno(17). Poi tiravano giù dal lucido carro i molti doni, destinati al
riscatto della salma di Ettore. Vi lasciarono sopra due manti leggeri
di lino e una tunica di fi ne tessuto: intendeva, Achille, coprire il cadavere,
e consegnarlo così da portar a casa.
Chiamava fuori le ancelle e ordinava loro di lavar il corpo e di ungerlo
tutt’intorno: lo faceva però trasportare in un posto appartato, non
volendo che Priamo scorgesse suo figlio. Forse il vecchio, nell’angoscia,
non avrebbe saputo dominare la sua rabbia alla vista del figliolo,
e lui, Achille, poteva infuriarsi, e ucciderlo, violando gli ordini di
Zeus.
Dopo che le ancelle lo ebbero lavato e unto di olio abbondantemente
e gli misero addosso il bel manto e la tunica, Achille lo sollevava con
le proprie mani e lo depose sul letto di morte. E insieme con lui, i
compagni lo portarono così sopra il lucido carro.
1. gli prese le ginocchia
e baciò le mani:
in segno di umiltà e di
sottomissione.
2. attonito: stupefatto,
sconcertato.
3. Stavano sospesi:
erano stupiti.
4. funesta: oscura, triste.
5. i confinanti intorno…
rovina: i popoli
confi nanti lo attaccano
e non c’è nessuno là ad
allontanargli il pericolo.
Achille infatti è lontano
dalla patria.
6. da uno stesso grembo:
da Ecuba.
7. l’impetuoso Ares
sciolse le ginocchia: il
terribile Ares, dio della
guerra, fece morire.
8. canuto: bianco.
9. Peleo: padre di Achille,
re dei Mirmidoni, popolo
della Tessaglia.
10. a contristare: a recare
dolori, lutti.
11. soggiorno di Macare:
sede di Macare, mitico
re dell’isola di Lesbo.
12. ti menarono: ti in-
flissero, ti diedero.
13. mia madre… marino:
Teti, madre di Achille,
era fi glia del dio del
mare Nereo.
14. un dio: Priamo, infatti,
era giunto alla tenda
di Achille grazie all’aiuto
del dio Ermes.
15. a menarti: a condurti.
16. araldo banditore:
messaggero.
17. scanno: sedile, seggio.