RISORSE DIDATTICHE IMPERO CAROLINGIO RIASSUNTO

RISORSE DIDATTICHE IMPERO CAROLINGIO RIASSUNTO

L’IMPERO CAROLINGIO RIASSUNTO


Grazie all’incoronazione di Carlo Magno, l’Impero franco poteva apparire come la restaurazione dell’Impero romano. In realtà tra i due imperi esistevano profonde differenze. L’Impero romano era uno Stato – cioè:

  • – aveva leggi valide in tutto il suo territorio;
  • – aveva una rete di funzionari e giudici incaricati di applicare tali leggi;
  • – aveva un sistema fiscale che garantiva entrate economiche regolari;
  • – aveva un esercito stabile al suo servizio.

Nella tradizione dei franchi l’autorità politica del re era scarsamente riconosciuta. L’unità dello Stato era garantita da una rete di rapporti personali tra il re e i più importanti membri dell’aristocrazia guerriera, rapporti che vanno sotto il nome di vassallaggio. Con il vassallaggio un individuo (il vassallo) si legava ad un grande proprietario terriero (il signore – in primo luogo il re, ma non solo) attraverso un giramento di fedeltà. Il vassallo riceveva una terra in beneficio, obbligandosi, in cambio, all’obbedienza e all’alleanza militare. Il vassallo aveva il diritto di godere i frutti della terra assegnata in beneficio che, inizialmente era personale, revocabile e NON EREDITARIO (alla morte del vassallo il beneficio tornava alla famiglia del re).

Intorno alla metà dell’XI sec. i terreni concessi in beneficio ai vassalli divennero ereditari. Da questo momento in poi si incomincia a parlare di feudalesimo. Con la parola feudo si indica, infatti, si indica un terreno riconosciuto a un vassallo e alla sua famiglia come bene non revocabile. Questo portò a una vera e propria frantumazione dello Stato.

Ai suoi più fedeli compagni (comites o conti) il sovrano offriva, insieme a un beneficio, anche un incarico pubblico di governo (honorem) come il comando militare in certe aree e l’amministrazione della giustizia nelle stesse. Nacquero così le contee e le marche (contee di confine).

Per assicurarsi il controllo di un regno così frammentato Carlo, ogni anno riuniva un’assemblea di tutte le grandi gerarchie laiche ed ecclesiastiche dell’impero. Le decisioni prese in questa assemblea avevano forza di legge e venivano pubblicate in raccolte dette capitularia. Il compito di far conoscere e applicare queste norme era affidato a dei magistrati itineranti detti missi dominici, ai quali veniva affidato un gruppo di contee da visitare. Il funzionamento di questo sistema amministrativo dipendeva in gran parte dalla forza e dal prestigio del sovrano. Per questo motivo l’unità dell’impero non sopravvisse a Carlo.

Nel 814, alla morte di Carlo, l’impero passa intatto nelle mani dell’unico erede, Ludovico il Pio, ma esso verrà smembrato in tre parti tra i figli di quest’ultimo, presto entrati in violento conflitto. Nell’843, con l’accordo di Verdun, il Sacro Romano Impero venne così suddiviso: – a Carlo il Calvo i territori occidentali (il nucleo di quella che diverrà la Francia) – a Ludovico il Germanico i territori orientali – a Lotario, che conservava il titolo di imperatore, i territori intermedi (dall’Italia al Mare del Nord)

Durante le lotte tra i figli di Ludovico il Pio, i piccoli signori, titolari di benefici, si dimostrarono sempre più autonomi nei confronti del sovrano, schierandosi, a seconda della convenienza, con questo o con quel contendente. Per assicurarsene la fedeltà i carolingi concedettero la possibilità di trasmettere in eredità i benefici (feudalesimo). Nel 877, con il capitolare di Quierzy, Carlo il Calvo riconobbe l’ereditarietà dei feudi maggiori. Più tardi venne riconosciuta la possibilità di trasmettere in ereditarietà anche i feudi minori. Si era in tal modo rinunciato all’unitarietà dello Stato.

Fin dall’epoca di Carlo Magno, i titolari di benefici, oltre che del potere economico, cominciarono ad esercitare dei poteri di natura pubblica (amministrare la giustizia, almeno nelle cause di minore importanza – ma anche, in maniera più o meno abusiva, riscuotere le tasse, organizzare milizie…).

Con il tempo, andandosi ad indebolire il potere centrale (soprattutto a partire dal X sec.), i feudatari aumentarono sempre più le proprie prerogative pubbliche (amministrazione della giustizia, applicazione delle leggi, costruzione di fortezze e castelli. I responsabili dei castelli cominciarono a rifiutare di obbedire ai conti (funzionari pubblici, che già a loro volta avevano guadagnato una notevole autonomia nei confronti del sovrano), esercitando sui loro castelli e sulle terre vicine un potere personale e autonomo, il cosiddetto potere di banno. Esso consisteva nella possibilità per il signore di:

  • – esercitare la funzione di giudice

  • – imporre ai sudditi l’obbligo di svolgere, gratuitamente,   determinati lavori (corvée)

  • – imporre ai sudditi di usare a pagamento determinati       servizi (il mulino, il frantoio, il forno…)

  • – riscuotere imposte

In cambio il signore offriva ai contadini la propria protezione militare.

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IMPERO CAROLINGIO RIASSUNTO

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Grazie all’incoronazione di Carlo Magno, l’Impero franco poteva apparire come la restaurazione dell’Impero romano. In realtà tra i due imperi esistevano profonde differenze. L’Impero romano era uno Stato – cioè:

  • – aveva leggi valide in tutto il suo territorio;
  • – aveva una rete di funzionari e giudici incaricati di applicare tali leggi;
  • – aveva un sistema fiscale che garantiva entrate economiche regolari;
  • – aveva un esercito stabile al suo servizio.

Nella tradizione dei franchi l’autorità politica del re era scarsamente riconosciuta. L’unità dello Stato era garantita da una rete di rapporti personali tra il re e i più importanti membri dell’aristocrazia guerriera, rapporti che vanno sotto il nome di vassallaggio. Con il vassallaggio un individuo (il vassallo) si legava ad un grande proprietario terriero (il signore – in primo luogo il re, ma non solo) attraverso un giramento di fedeltà. Il vassallo riceveva una terra in beneficio, obbligandosi, in cambio, all’obbedienza e all’alleanza militare. Il vassallo aveva il diritto di godere i frutti della terra assegnata in beneficio che, inizialmente era personale, revocabile e NON EREDITARIO (alla morte del vassallo il beneficio tornava alla famiglia del re).

Intorno alla metà dell’XI sec. i terreni concessi in beneficio ai vassalli divennero ereditari. Da questo momento in poi si incomincia a parlare di feudalesimo. Con la parola feudo si indica, infatti, si indica un terreno riconosciuto a un vassallo e alla sua famiglia come bene non revocabile. Questo portò a una vera e propria frantumazione dello Stato.

Ai suoi più fedeli compagni (comites o conti) il sovrano offriva, insieme a un beneficio, anche un incarico pubblico di governo (honorem) come il comando militare in certe aree e l’amministrazione della giustizia nelle stesse. Nacquero così le contee e le marche (contee di confine).

Per assicurarsi il controllo di un regno così frammentato Carlo, ogni anno riuniva un’assemblea di tutte le grandi gerarchie laiche ed ecclesiastiche dell’impero. Le decisioni prese in questa assemblea avevano forza di legge e venivano pubblicate in raccolte dette capitularia. Il compito di far conoscere e applicare queste norme era affidato a dei magistrati itineranti detti missi dominici, ai quali veniva affidato un gruppo di contee da visitare. Il funzionamento di questo sistema amministrativo dipendeva in gran parte dalla forza e dal prestigio del sovrano. Per questo motivo l’unità dell’impero non sopravvisse a Carlo.

Nel 814, alla morte di Carlo, l’impero passa intatto nelle mani dell’unico erede, Ludovico il Pio, ma esso verrà smembrato in tre parti tra i figli di quest’ultimo, presto entrati in violento conflitto. Nell’843, con l’accordo di Verdun, il Sacro Romano Impero venne così suddiviso: – a Carlo il Calvo i territori occidentali (il nucleo di quella che diverrà la Francia) – a Ludovico il Germanico i territori orientali – a Lotario, che conservava il titolo di imperatore, i territori intermedi (dall’Italia al Mare del Nord)

Durante le lotte tra i figli di Ludovico il Pio, i piccoli signori, titolari di benefici, si dimostrarono sempre più autonomi nei confronti del sovrano, schierandosi, a seconda della convenienza, con questo o con quel contendente. Per assicurarsene la fedeltà i carolingi concedettero la possibilità di trasmettere in eredità i benefici (feudalesimo). Nel 877, con il capitolare di Quierzy, Carlo il Calvo riconobbe l’ereditarietà dei feudi maggiori. Più tardi venne riconosciuta la possibilità di trasmettere in ereditarietà anche i feudi minori. Si era in tal modo rinunciato all’unitarietà dello Stato.

Fin dall’epoca di Carlo Magno, i titolari di benefici, oltre che del potere economico, cominciarono ad esercitare dei poteri di natura pubblica (amministrare la giustizia, almeno nelle cause di minore importanza – ma anche, in maniera più o meno abusiva, riscuotere le tasse, organizzare milizie…).

Con il tempo, andandosi ad indebolire il potere centrale (soprattutto a partire dal X sec.), i feudatari aumentarono sempre più le proprie prerogative pubbliche (amministrazione della giustizia, applicazione delle leggi, costruzione di fortezze e castelli. I responsabili dei castelli cominciarono a rifiutare di obbedire ai conti (funzionari pubblici, che già a loro volta avevano guadagnato una notevole autonomia nei confronti del sovrano), esercitando sui loro castelli e sulle terre vicine un potere personale e autonomo, il cosiddetto potere di banno. Esso consisteva nella possibilità per il signore di:

  • – esercitare la funzione di giudice

  • – imporre ai sudditi l’obbligo di svolgere, gratuitamente,   determinati lavori (corvée)

  • – imporre ai sudditi di usare a pagamento determinati       servizi (il mulino, il frantoio, il forno…)

  • – riscuotere imposte

In cambio il signore offriva ai contadini la propria protezione militare.

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