INFERNO A GELA 1943

INFERNO A GELA 1943

INFERNO A GELA 1943

gela 1943 foto e testo


Si chiama operazione «Husky», l’invasione della Sicilia, l’attacco alla Fortezza Europa. «Husky» significa vigoroso. E non a caso. Gli anglo-americani mettono in campo più di 180mila uomini, 1.800 mezzi da sbarco, 600 carri armati, 1.000 cannoni e con 4mila aerei si assicurano il dominio del cielo. Il nostro dispositivo militare è precario: 180mila uomini, armi vecchie e insufficienti, molta truppa locale male addestrata, due cannoni ogni chilometro e un comandante, il generale Alfredo Guzzoni, “piccolo e rotondetto”, ripescato a 66 anni e scaraventato nel settore più esposto del sistema difensivo. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 l’armata anglo-americana si presenta davanti alle coste siciliane.

Le sagome nere delle navi sono più numerose delle barche intorno alla tonnara. Le navi sbarcano cannoni, carri armati, autoblinde, soldati come dal cappello di un prestigiatore. Le batterie costiere sono sommerse dai tiri dei grossi calibri. Sembra un film: il mare che brilla sotto la luna, le rapide vampate dei cannoni che lo illuminano come sotto una scarica di flash, le scie rossicce dei proiettili traccianti, i mezzi da sbarco che vomitano uomini e materiali, i soldati che saltano in acqua, le bombe che rivoltano il litorale, sradicano i vigneti, squarciano le case, sgretolano i bunker, riempiono le trincee di terriccio, sassi, fichi d’india, pezzi d’agavi e cadaveri. Con la luce cadono gli ultimi dubbi: lo sbarco è riuscito. Il bagnasciuga di Mussolini, che doveva essere la tomba degli invasori, sarà la cartina di tornasole della sconfitta.

La difesa italiana è discontinua: vile in alcuni comandi, generosa, in parte, a livello di truppa, povera di mezzi e mobilità. I ragazzi della divisione «Livorno» si battono bene e si caricano sulle spalle, insieme alla “Goering”, il peso della resistenza. La lotta si svolge nello stridente concerto delle cicale, a 40 gradi all’ombra, con la tortura della sete. La sproporzione delle forze in campo è evidente: gli Alleati hanno la tecnologia, i tedeschi i Panzer, gli italiani le braccia. La raccogliticcia divisione “Assietta” si sfalda ma sulle spiagge e nella piana di Gela la “Livorno” fa miracoli contro la devastante potenza di fuoco nemica. I parà inglesi sono determinati (“Uccidi gli italiani”, è la loro parola d’ordine) e gli americani si ispirano al generale Patton, celebre per il suo “si fottano, nessun prigioniero”. Ma i fanti della “Livorno” resistono fino all’ultimo, perdendo 2.200 uomini nell’inferno di Gela e scrivendo una pagina coraggiosa e sfortunata.

La popolazione, invece, non tiene. Quando la prima colonna corazzata americana, il 22 luglio, entra a Palermo tra due file di stracci bianchi, la folla grida: “Abbasso Mussolini”. A Catania la popolazione, con vescovo e podestà in testa, va incontro festosamente agli invasori. La gente siciliana offre fiori, frutta e sorrisi agli uomini di Patton che rispondono lanciando sigarette alle ragazze che fanno ala al passaggio. Gli Alleati sono stupiti: non riescono a trovare una sola persona che ammetta di essere stata fascista. Tutti antifascisti. Il 16 agosto i carri Sherman entrano a Messina. Il 18 la campagna è conclusa, l’ostrica siciliana è stata aperta. Nonostante le diserzioni (il 14% per gli italiani) e le bandiere bianche, è stata sanguinosa. Ne fanno fede le tombe: 4.278 per gli italiani, 4.325 per i tedeschi, 5.187 per gli anglo-americani. Ora comincia l’attacco al Continente.

Andrea Augello ha scritto un libro appassionato: «Uccidi gli italiani, Gela 1943, la battaglia dimenticata». La sua ricostruzione è accurata e, come scrive Anna Finocchiaro nella postfazione, «dà identità, attraverso numerose testimonianze, a molti ignoti siciliani che parteciparono agli eventi». Esemplare saggio di microstoria, «Uccidi gli italiani» persegue un obiettivo lodevole e lo fa in modo convincente: dimostrare che la Sicilia ’43 non fu l’isola della fuga e del disonore. L’immagine accreditata e l’opinione comune consolidatasi nella memoria sono quelle di una rotta dell’esercito italiano e di una marcia trionfale di Montgomery e Patton. Gela, battaglia politicamente scorretta, è stata da molti dimenticata o misconosciuta. Augello, senza inutili concessioni alla nostalgia e senza costruire un’ara in favore dei difensori, tira un calcio negli stinchi alla retorica del «soldato italiano cialtrone» e lo fa con il contributo dei testimoni di allora: i pochi rimasti, pochi ma tutti consapevoli di avere fatto il loro dovere.


FONTE TESTO:

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2009/04/augello-uccidi-italiani.shtml?uuid=6b922d4e-2036-11de-8728-be8857ca1711&DocRulesView=Libero&refresh_ce=1

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SBARCO DEGLI ALLEATI IN SICILIA

SBARCO DEGLI ALLEATI IN SICILIA

SBARCO DEGLI ALLEATI IN SICILIA

Era il 10 luglio del 1943, poco dopo la mezzanotte, ancora era in atto la Seconda Guerra Mondiale quando un corpo di spedizione formato da soldati americani, inglesi e canadesi, le cosiddette forze alleate, sbarcò sulle coste della Sicilia.
Un plotone di circa 180mila soldati dislocati lungo 160 km di costa tra Licata e Siracusa per quella che fu una grande operazione (il più grande della storia per numero di uomini sbarcati nel primo giorno e per dimensioni della costa) tesa a liberare l’ Italia dal nazifascismo. ‘Husky’, questo il nome dell’operazione di sbarco sulle coste della Sicilia ancora controllata dalle forze dell’Asse, fu un successo e ci mise solo 39 giorni per giungere a buon fine.
Il 17 agosto del 1943 gli Alleati entrarono a Messina dopo avere conquistato le altre grandi città dell’isola e la Sicilia venne ufficialmente liberata dalla presenza dei nazifascisti, costretti a darsi alla fuga.

operazione Husky

L’operazione aeronavale che prese il nome di Hasky fu, come detto, molto rapida ed efficace: lo sbarco in Sicilia avvenne nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 in un’area compresa tra Licata e Siracusa.
La Sicilia rappresentò una porta di ingresso per le truppe alleate: oltre ai circa 180mila soldati di cui sopra, l’operazione Husky vide l’impiego di 4000 aerei da combattimento e da trasporto, 285 navi da guerra, due portaerei e 2.775 unità di trasporto; inoltre per la prima volta comparvero il DUKW, camion anfibio a sei ruote, ed il LST, mezzo da sbarco per i carri armati.
Grazie a questa forza imponente, in 39 giorni la Sicilia fu liberata: la campagna militare che fece seguito allo sbarco andò avanti per due anni rendendo l’Italia un vero e proprio campo di battaglia fino al 25 aprile del 1945, giorno della Liberazione e data in cui gli Alleati entrarono a Roma liberandola dall’occupazione nazista.


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