La pioggia nel pineto Sintesi delle quattro strofe

La pioggia nel pineto Sintesi delle quattro strofe


-La lirica, composta di quattro strofe di trentadue versi liberi (di lunghezza variabile tra tre e nove sillabe, variamente rimati e assonanzati), si basa su un esile spunto narrativo. Il poeta e la donna (Ermione, il nome della bellissima figlia di Elena e di Menelao) che l’accompagna stanno passeggiando in una pineta in riva al mare quando vengono sorpresi dallo scoppio di un temporale estivo.

La pioggia nel pineto spiegazione strofe


1 La prima strofa si apre con l’invito del poeta. rivolto alla sua donna a tacere e ad ascoltare le parole “più nuove”, non umane, pronunciate da “gocciole e foglie di bosco”. Gocciole e foglie parlano e le loro parole sembrano più nuove al poeta perché rivelatrici di un mondo diverso da quello umano. Il poeta richiama continuamente l’attenzione della donna (gli imperativi scandiscono i vari momenti della sinfonia della pioggia) che deve distinguere i suoni prodotti dalla pioggia sulla vegetazione (tamerici, pini, mirti, ginestre, ginepri) e sui corpi dei due amanti. L’aggettivo “silvani”, riferito ai volti, segna l’inizio della metamorfosi della coppia in creature silvestri di natura vegetale, in una sorta di estasi panica3, di compenetrazione profonda con la natura che implica l’annullamento della propria individualità. Sul finire della strofa viene introdotto uno dei temi centrali della lirica, la “favola bella” che ieri ha illuso la donna e oggi illude il poeta. Secondo alcuni critici, la favola bella rappresenta l’illusione dell’amore, un sogno fatto di alterne illusioni (che coinvolge ora la donna, ora il poeta), cui ci si abbandona per breve tempo. In forma speculare questi versi torneranno, simmetricamente, al termine dell’ultima strofa.
2 La seconda strofa introduce il canto delle cicale che si unisce a quello dell’orchestra di alberi suonati dalle “dita” della pioggia. Subentra poi la ripresa del motivo panico con una vera e propria metamorfosi del poeta e di Ermione in creature silvestri, già avviata nella prima strofa (“volti silvani”): i due esseri umani, piante tra piante (d’arborea vita viventi), sono accomunati allo spirito della pineta e partecipi della vita degli alberi. Il poeta ne coglie i segni nel volto di lei che, inebriato di gioia, è come una foglia e nei suoi capelli, profumanti come le ginestre.
3 Nella terza strofa le voci della natura si mescolano in un’ampia trama melodica: il coro (l’accordo) delle cicale si attutisce (più sordo si fa), subentra quello delle rane e poi si spegne del tutto (e più fioco s’allenta, si spegne). Nel silenzio si sente solo il suono della pioggia (or s’ode su tutta la fronda crosciare l’argentea pioggia), che varia a seconda della vegetazione che viene colpita o “suonata” dalle gocce. Poi la voce delle rane riappare misteriosamente da un luogo non identificato. La strofa si chiude con una ripresa, appena accennata della metamorfosi vegetale: la pioggia scende sulle ciglia di Ermione, le quali corrispondono alle varie foglie su cui scroscia la pioggia.
4 L’ultima strofa segna il trionfo del motivo panico (della fusione totale con la vita segreta della natura) con la completa assimilazione del poeta e della sua donna alla vegetazione circostante: la donna è “virente”, cioè verdeggiante (dal latino viridis, viride= verde) come una pianta, il cuore è come una pesca intatta, gli occhi come sorgenti d’acqua, i denti come mandorle acerbe. In preda all’ebbrezza, i due innamorati si immergono nel folto della vegetazione, che li avvinghia alle caviglie e alle ginocchia, bagnati dalla pioggia che li ha rigenerati in nuove creature. La lirica si chiude ad anello con la ripresa del tema della pioggia, quasi a prolungare lo stato d’estasi cui il poeta e la compagna sono pervenuti.