LA MIA SERA

LA MIA SERA

ANALISI E PARAFRASI

di Giovanni Pascoli


LA MIA SERA Appartiene ai “Canti di Castelvecchio” (1903), la raccolta di P. in cui i grandi temi della sua poetica (il dolore, il ricordo, la morte, la quiete della campagna) sono vissuti con maggiore angoscia esistenziale. La sua è una poesia allusiva, privata, (la dimensione soggettiva è già sottolineata dal possessivo”mia”). La pace di una sera campestre dopo uno sconvolgente temporale è anche la pace che il poeta ritrova nella “sera” della sua vita, raggiungendo una malinconica serenità nel ricordo, nella regressione al nido dell’infanzia e alla voce cantilenante della madre. La voce del ricordo e il suono evocativo delle campane, che compare nell’ultima strofa, invitano alla pace, al sonno, che non è solo quello dell’infanzia, ma è anche quello della morte, perché il recupero, attraverso la memoria, del passato, annulla in P. ogni tempo storico. La poesia è un intreccio di impressioni, di immagini suggerite e riprese analogicamente, di piani naturalistici e metaforici.
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METRICA LA MIA SERA DI GIOVANNI PASCOLI
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Forma metrica: La poesia è composta da 5 strofe di sette novenari e un senario, che termina sempre con la rima tematica “sera”, che rappresenta la parola-chiave della lirica. Le rime sono alternate. Schema: ABABCDCd. I versi 19 e 34 sono ipermetri.
Numerose le figure retoriche: le allitterazioni (es. vv.13-16), le metafore, le personificazioni. Tipicamente Pascoliano vi è l’uso di onomatopee, che abbondano, come, “breve gre gre di ranelle” (v. 4) oppure “allegre renelle” (v.11), “tremule foglie…trascorre leggiera” (vv. 5-6), “tutto…cupo tumulto” (V. 13), “aspra bufera” (v. 14), “fulmini fragili” (v.19), “garrula” (v. 28), “singhiozza monotono un rivo” (v. 12), “Don…Don. E mi dicono dormi! Mi cantano Dormi! Sussurrano Dormi! Bisbigliano Dormi” (vv. 33-35 in questo caso l’onomatopea che riproduce il verso delle campane è subito ripresa a livello fonico dalla ripetizione di Dormi), e infine “voci di tenebra azzurra” ch’è un’onomatopea (voci) unitamente a una sinestesia (l’insieme di due sensi; vista “tenebra azzurra” e udito “voci”), un ossimoro (tenebra azzurra) e una metafora (il suono delle campane indica le voci della morte).


PARAFRASI


Il giorno, caratterizzato dal temporale, fu pieni di lampi;
ma ora appariranno finalmente le stelle,
le stelle silenziose. Nei campi
si può ascolta un breve gracidio di rane.
Le foglie dei pioppi vibrano per un vento leggero
come fosse un brivido di gioia.
Ma durante il giorno, che lampi! Che tuoni!
Ed ora, che pace la sera!
Le stelle si vedono aprire come corolle di fiori
in un cielo così dolce e vitale.
Là, dove si trovano le allegre rane,
si sente il suono monotono di un ruscello che scorre.
Di tutto il rumore fragoroso,
di tutta quella cupa bufera
non rimane che un dolce singhiozzo
in questa umida sera.
Quella che sembrave un bufera eterna, è
terminata nel sonore canto di un ruscello.
Dei fulmini che si infrangevano, restano ora solamente
piccole nuvolette color porpora e d’oro per i riflessi del sole al tramonto.
Oh mia stanchezza, riposa adesso!
La nuvola che durante il giorno fu la più nera,
è quella che vedo come la più rosa
ora la sera sta per terminare.
Che bello il volo delle rondini per l’aria!
Che bel cinguettare nell’aria serena!
La fame accresciuta nel giorno,
rende ancor più lunga la festosa cena.
La porzione di cibo così piccola, i nidi degli uccellini
non poterono averla neanche intera durante il giorno.
Neanche io potei averla… che voli, che cinguettare,
mia limpida sera!
I rintocchi delle campane (Don…Don..), mi dicono: Dormi!
mi cantano: Dormi! mi sussurrano:
Dormi! mi bisbigliano: Dormi!
Sento provenire voci nella notte azzurra…
Mi sembrano canti di madri di fronte ad una culla,
che mi fanno ricordare della mia infanzia…
ascoltavo mia madre sul punto di addormentarmi… poi più nulla…
mentre scendeva la sera.


COMMENTO

Pascoli immagina una sera di un’estate dopo un temporale e parla delle silenziose stelle e i campi, nei quali si sentono le rane, mentre arriva la pace della sera. Le stelle si fanno vedere come fiori fra le nuvole e nel campo si sente il singhiozzo d’un fiume (è quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro) e, dopo la pioggia, si presenta la sera piena di umidità. La furia della tempesta é placata, i fulmini lasciano il passo alle nuvole rosse e dorate per i riflessi del sole cadente Le campane si fanno sentire, è un suono che assomiglia ad una ninna-nanna, che la madre gli cantava prima di addormentarsi, sul finir della sera.

Pascoli paragona il temporale alla vita travagliata (perdita dei cari genitori) e la sera ad un momento di tranquillità della sua vita. Il Poeta, nell’età adulta, raggiunge la serenità solo risentendo il canto della madre mentre culla i figlioletti. Incontrare la mamma, i propri fratellini, significa per il Poeta, appagare una esigenza fortemente sentita e risvegliare in sé il fanciullino.

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