SALUSTIO PENSIERO

SALUSTIO PENSIERO


Il Pensiero

Indubbiamente la simpatia di Sallustio è per il partito dei populares, è un cesariano convinto tanto che alla morte del suo protettore Cesare è costretto a ritirarsi dalla vita politica e decide di intraprendere la via dello storico; sia nella scelta degli argomenti e del periodo, sia nell’esplicita polemica, Sallustio manifesta avversione per la nobiltà, dimostrando la corruzione dei governi e della legge aristocratica, la degenerazione dello Stato e l’opportunità di riformare la repubblica dando in essa più spazio ai ceti popolari.

Un’aperta critica dunque alla chiusura e al potere delle élites romane che si accompagna però ad un tentativo di moderazione e di imparzialità con l’accusa alla politica demagogica dei populares, abili sfruttatori del malcontento popolare.

Lo storico latino crede che la storiografia sia degna prosecutrice della politica dei tempi passati, ancora disinteressata ed onesta: con essa può ancora, seppure limitatamente, servire lo Stato.

Sallustio sceglie episodi della storia romana molto vicini nel tempo e prende in analisi periodi piuttosto circoscritti che permettono un approfondimento maggiore, contrariamente alla tradizionale annalistica: egli è infatti interessato alle ragioni della grave crisi che sta investendo Roma da ormai vari decenni e i fatti nelle sue opere sono quindi funzionali a questo suo intento. La storiografia sallustiana può definirsi perciò di tipo politico: lo scopo è quello di indagare il passato per comprendere meglio la situazione presente, escludendo così preoccupazioni propagandistiche.

Il rifiuto di un impianto annalistico manifestato nelle monografie del Bellum Catilinarium e Iugurthinum favorisce questo carattere riflessivo della produzione, più rivolta ad una ricerca critica della verità piuttosto che ad una mera esposizione di avvenimenti. La stessa inclinazione alla oculata selezione degli argomenti da trattare ne è una prova, sempre funzionali alla causa, omettendo o tralasciando sezioni fondamentali nella storia di Roma ma ritenuti superflui per la sua opera.

La posizione centrale nella generale riflessione di Sallustio è occupata dal tema della virtus ormai degradata dai vizi; secondo lo storico latino è la virtus a rendere veramente nobili, non la stirpe: i nobili di stirpe possono contare sull’onore degli avi, un uomo veramente virtuoso affronta invece da sé i problemi, con le proprie armi.

L’attenzione si concentra particolarmente sui rapporti umani, sulla complessità delle passioni e dei sentimenti che interessa l’uomo e che sta dietro a qualunque grande epoca storica.

Ogni tesi è supportata dall’osservazione razionale, dall’analisi dei fatti reali: le stesse riflessioni morali si basano su questioni reali, come il pessimismo riguardo le critica situazione della Repubblica.

La corruzione operata dai vizi viene infatti elevata a livello istituzionale portando Sallustio a conclusioni catastrofiche riguardo le sorti del regno romano: la responsabilità maggiore ricade ovviamente sulla nobilitas mossa solamente dalla cupidigia e dalla mala ambitio, tuttavia non viene risparmiata la critica contro la demagogia di molti populares senza scrupoli e affetti dalla stessa brama di potere.

Nel Bellum Catilinarium Sallustio espone la sua teoria delle due età: dopo il 146, anno della distruzione di Cartagine, inizierebbe l’età della degenerazione morale (che poi si sarebbe riflessa sulle istituzioni) per culminare sotto Silla; il motivo principale di tale mutamento sarebbe la perdita del metus punicus e quindi genericamente del metus hostilis, la paura del nemico, che avrebbe consentito la nascita della discordia interna e dello sfrenato desiderio di potere.

Altra importante tematica affrontata da Sallustio è la concezione dualistica della vita umana, in perpetua lotta fra esigenza corporali e quelle dello spirito e continuamente alla ricerca di gloria, cercando di far fronte alla brevità della vita.

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