ORAZIO CARMEN SAECULARE

ORAZIO CARMEN SAECULARE


I ludi indetti da Augusto nel 17 a.c. si conclusero con una solenne processione intonante un Carmen Saeculare prima sul Palatino, poi sul Campidoglio. La composizione del carmen fu affidata ad Orazio, il massimo poeta allora vivente. Nel clima di restaurazione morale e culturale voluto da Augusto, i poeti dovevano recuperare la loro funzione sacra e civile, tornare ad operare con i loro versi per il bene della res publica.

Orazio organizza la materia, sicuramente già prefissata nei particolari e nei contenuti, in due parti comprendenti ciascuna tre sezioni e seguite da un breve epilogo. Il numero tre rispetta la scansione liturgica dei ludi, che ebbero una durata di tre giorni e tre notti. La prima parte del carme è un’invocazione agli dèi perché concedano a Roma grandezza e prosperità; nella seconda vengono esaltati i fondamenti morali e politici del popolo romano, che con le sue virtù e con l’assistenza degli dèi ha potuto pacificare il mondo intero. Nella strofa conclusiva interviene in prima persona il coro dei fanciulli, che si dice certo del favore che gli dèi continueranno a riservare a Roma.

Una comunità-stato, nel mondo antico, si fondava giuridicamente su un rapporto di coabitazione fra uomini e divinità: gli dèi abitano la città degli uomini, assicurando loro protezione in cambio di sacrifici e onori. La potenza, la prosperità e l’eternità di Roma dipendono dunque dalla pietas dei suoi cittadini. Il Carmen Saeculare è innanzitutto il testo religioso di una comunità che si riunisce ciclicamente, ogni secolo, per chiedere agli dèi di rinnovare il loro patto, e affida al suo poeta più rappresentativo questo compito.

Ma il carme oraziano ha anche un preciso significato politico: il nuovo saeculum si apre fatti nel segno di una nuova età dell’oro caratterizzata dal ritorno delle antiche virtù romane, dal trionfo della pace nel mondo e da un grande momento di pubblica prosperità. Protagonista di questa miracolosa rinascita è Ottaviano Augusto, celebrato grazie all’associazione della sua famiglia con le divinità palatine e di cui si lodano ai la pietas verso gli dei, il valore in guerra, la clemenza nella pace.

Il ricordo della saga troiana e dell’ approdo di Enea alle foci del Tevere dà una conferma sacrale all’impresa di Augusto, riconducendo la storia contemporanea al suo fondamento mitico: lo stesso accadeva nell’ Eneide, il poema di Virgilio pubblicato solo due anni prima e al quale certamente Orazio deve aver pensato in numerosi passi del suo carme.

Evidenti sono i riferimenti alla campagna moralizzatrice del princeps e alle sue leggi sui matrimoni e sui figli, votate da pochissimi mesi, rafforzando nel lettore ascoltatore l’idea che il rinnovamento sociale e religioso del mondo romano fosse tuttora in corso.

Com’era necessario in un carme di natura civile e religiosa, Orazio scandisce i suoi versi secondo un ideale di classica compostezza e di grave solennità, dove l’equilibrio formale deve rapportarsi questa volta con la necessità di uno stile alto ed ispirato