L’Ulisse di Pascoli

L’Ulisse di Pascoli


Il popolare poeta italiano, in questa composizione poetica riunisce sotto una maschera di moderno stampo i temi classicheggianti di un Ulisse che è di fatto ripreso dalla tradizione omerica. E’ qui trattato il suo secondo viaggio, che assume l’andamento di un pellegrinaggio funebre. Il forzuto e implacabile eroe greco, una volta tornato ad Itaca,  trascorre la vita invecchiando accanto all’amata moglie, in attesa di un qualcosa di indefinito e che non riesce a decifrare. Passati dieci anni, decide di colmare il vuoto creatosi nella sua anima con un ultimo viaggio, una seconda odissea verso i luoghi visitati la prima volta, da consumarsi con i vecchi compagni superstiti. Ma nulla è più come prima, in mortale assonanza con un risvolto del “tutto scorre”di Eraclito: non più Sirene ad ammaliare i viaggiatori, non la fatidica Circe, ma solo fredde ceneri e morte. Giunge infine a Calipso, dove la sua nave affonda tra i flutti uccidendo i compagni di ventura e lasciando ad Ulisse solo il soffio di  vita necessario a giungere a riva, per poi spirare, stremato, sulla sabbia, senza aver nemmeno visto Calipso, ma lei, il cui nome in greco significa “nasconditrice”, nasconde il cadavere del suo vecchio amante. Se da una parte questa poesia è vicina alla tristezza e al nichilismo che accomuna buona parte della letteratura di fine secolo, da un secondo punto di vista appare punto di congiunzione di umana pietà e nostalgia e dolcezza. E tutto fa credere che l’autore abbia voluto offrire al lettore, con l’immagine del corpo nascosto, un futuro di pace e felicità per l’eroe greco.

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