L’EUROPA DEL SEICENTO

L’EUROPA DEL SEICENTO

L’EUROPA DEL SEICENTO


Durante il seicento la Spagna attraversa un periodo declino. Comincia dalla metà del secolo la preponderanza francese. L’avvenimento centrale della prima metà del Seicento è rappresentato dalla guerra dei Trent’anni (1618-1648). I sovrani d’Austria e di Spagna, ambedue appartenenti alla famiglia degli Asburgo, cercarono con questa guerra di schiacciare il protestantesimo in Germania e di imporre il loro dominio su tutta l’Europa. Ma contro gli Asburgo si schierarono gli stati protestanti come i Boemi, i principi protestanti tedeschi, l’Olanda calvinista, la Danimarca luterana, e la Svezia del re Gustavo Adolfo. Ai paesi protestanti si affiancò la Francia che, sebbene cattolica, temeva maggiormente la crescita della potenza austriaca e la riaffermazione di quella spagnola che non la vittoria dei piccoli stati protestanti dell’Europa centro-settentrionale.

L’intervento della Francia costrinse alla resa Austriaci e Spagnoli. Nel 1648 la pace di Westfalia sancì la fine della guerra. L’unico obbiettivo che Spagna ed Austria conseguirono fu di sradicare il protestantesimo dalla Boemia. Gli Asburgo dovettero rinunciare all’idea di costituire nel centro dell’Europa un forte ed esteso stato cattolico comprendente oltre all’Austria anche gli stati germanici. La pace stabilì che ad ogni stato tedesco fosse concessa la possibilità di diventare autonomo.

L’indebolimento dell’impero austriaco e la decadenza della Spagna rafforzarono la posizione della Francia: la pace di Westfalia segnò l’inizio del predominio francese. Trent’anni di battaglie e di conflitti avevano richiesto spese ingentissime, avevano provocato un notevole peggioramento delle condizioni di vita. I soldati non erano stati riforniti di viveri ed avevano dovuto mantenersi con il furto e con il saccheggio dei territori che attraversavano. I paese che dovette soffrire di più per le devastazioni e i lutti fu la Germania, dove gran parte della guerra era stata combattuta. Con la guerra era venuta la fame, le carestie erano spesse seguite dalle epidemie.

Oltre la Germania anche la Spagna uscì stremata dalla guerra. Alle conseguenze delle disfatte militari si aggiunsero quelle della crisi economica e di una cattiva amministrazione. Le miniere d’oro e d’argento delle colonie americane si impoverirono fino ad esaurirsi: fu anche questo un duro colpo per la Spagna, che nei primi decenni del Seicento vide rapidamente sparire tale eccezionale fonte di ricchezza. L’agricoltura e l’industria decaddero tale eccezionale fonte di ricchezza. L’agricoltura e l’industria decaddero rapidamente, anche perché gravate di tasse e di imposte, richieste per far fronte alle enormi spese di guerra. Dilagò la miseria.

Anche la Francia aveva subito le tragedie e le spese della guerra dei trent’anni; era tuttavia uscita dal lungo conflitto meno prostrata di altri paesi, ed era diventata lo stato europeo più potente e popoloso. Quando nel 1610 morì Enrico IV il figlio, Luigi XIII, aveva solo nove anni. La vedova di Enrico, l’Italiana Maria de’ Medici, assunse la reggenza e riuscì a difendere i diritti del figlio contro le pretese e le congiure della nobiltà e degli ugonotti.

Nel 1624, la carica di primo ministro fu affidata al duca di Richelieu. La Francia dovette a lui la propria affermazione nella guerra dei Trent’anni. Fino alla morte, avvenuta nel 1642, Richelieu fu il vero dominatore dell’influenza e l’importanza della nobiltà francese, che aveva rialzato la testa dopo la morte di Enrico IV e a ridurre definitivamente all’obbedienza gli ugonotti, ai quali confermò tuttavia la libertà di culto.

Alla morte di Richelieu divenne primo ministro un altro cardinale di origine italiana, Giulio Mazzarino che continuò la politica del suo predecessore mirante a rafforzare il potere della monarchia contro una nobiltà spesso infida e riottosa. A Luigi XIII era intanto succeduto nel 1643, all’età di solo cinque anni, Luigi XIV, il cui governo personale vero e proprio inizierà solo alla morte di Mazzarino nel 1661. Da allora fino al 1715, la Francia fu dominata dal potere illimitato del re e della sua fortissima personalità, che condusse il paese ad una posizione di indiscussa superiorità internazionale. Luigi XIV, chiamato il “re sole ” attuò una politica di espansione territoriale ed economica.

Nell’intento di stroncare la potenza commerciale dell’Olanda, combattè una lunga guerra contro questo paese,dalla cui parte si schierarono l’Austria, la Spagna e i principi tedeschi. Gli olandesi si difesero disperatamente dall’invasione, rompendo le dighe e lasciando inondare dal mare gran parte delle loro terre. La guerra terminò senza vinti né vincitori. La Francia riuscì ad annettersi alcuni territori, ma l’Olanda conservò la propria integrità territoriale ed indipendenza economica.Venne incoraggiata da Luigi XIV anche la colonizzazione: furono creati nuovi insediamenti francesi nel Canada, nelle Antille e nella Lousiana, così chiamata in onore del re.

Luigi XIV è l’esempio tipico del monarca assoluto, cioè il suo potere non è limitato né dalle leggi né dal controllo del parlamento né dal rispetto dei diritti dei sudditi. Nella persona del re si accentrano tutti i poteri; il re di Francia crea una burocrazia di funzionari dello Stato, una amministrazione delle finanze, un esercito ben organizzato e fedele alla monarchia. Tutti gli organi di governo sono considerati come un’emanazione dell’autorità sovrana. Il re è l’unico padrone dello Stato: Lo “Stato sono io” dichiara Luigi XIV.

Luigi XIV fece costruire una immensa reggia a Versailles che divenne il centro dell’amministrazione centralizzata dello Stato. Non tollerando alcuna diversità di religione nel suo Stato, Luigi XIV revocò l’Editto di Nantes nel 1685; molti ugonotti, perseguitati, emigrarono all’estero, specialmente in Germania. Il “Re Sole” ebbe collaboratori di eccezionali capacità come il Colbert, che risanò le finanze dello Stato, riorganizzando e semplificando il sistema di riscossione delle imposte, migliorò le condizioni dell’agricoltura, incoraggiò la nascita di industrie francesi imponendo alti dazi doganali sulle merci importate. La politica del re e di Colbert, che promuoveva lo sviluppo delle attività industriali e mercantili, favorì soprattutto le classi borghesi, cioè gli imprenditori e i commercianti.

Mentre in Francia trionfava la monarchia assoluta, l’Inghilterra si incamminava verso una monarchia il cui potere aveva dei limiti e veniva controllato dal Parlamento. Elisabetta I non si era mai sposata, né aveva lasciato eredi. Dopo la sua morte nel 1603, la corona passo dai Tudor alla dinastia degli Stuart. Sul trono inglese salì il re di Scozia Giacomo I (1603-1625), che unì sotto il suo dominio Scozia, Irlanda e Inghilterra.

Durante il suo regno si inraspirono le lotte religiose tra i protestanti, appartenenti alla Chiesa d’Inghilterra, cioè gli anglicani e i calvinisti chiamati puritani. Diventò molto forte anche il contrasto fra il re, che intendeva imporsi come monarca assoluto ed il parlamento che intendeva controllarne il potere e le spese. Il conflitto tra il re e il Parlamento sfociò in una rivoluzione al tempo di Carlo I (1625-1649). Scoppiò una vera e propria guerra civile; il parlamento armò un proprio esercito, comandato da Oliver Cromwell, che sconfisse il re, lo catturò e lo fece decapitare, a Londra nel 1649.

Cromwell governò l’Inghilterra come un dittatore. Mosse guerra all’Olanda, che era la principale concorrente dell’Inghilterra nei traffici marittimi. Inoltre, con l’atto di navigazione (1651), una legge che riservava alle navi inglesi il trasporto di tutte le merci acquistate o vendute in Inghilterra, colpì duramente il commercio degli olandesi e la loro prosperità. Morto Cromwell nel 1658, il paese precipitò nel caos; dopo due anni fu ristabilita la monarchia.

Fu chiamato sul trono Carlo II, infatti, era un convinto sostenitore del potere assoluto del re e, per affermarlo, cercò il sostegno e l’aiuto economico di Luigi XIV. Temendo che i cattolici potessero ristabilire la loro influenza nel paese, il Parlamento votò nel 1573 il cosiddetto Atto di prova. Con esso si imponeva ad ogni funzionario di dare pubblica dimostrazione di appartenere alla Chiesa d’Inghilterra: i cattolici furono quindi esclusi da ogni ufficio pubblico, sia civile che militare.

Alla morte di Carlo II salì al trono il fratello, Giacomo II, cattolico. La chiesa anglicana, la nobiltà terriera e il parlamento reagirono: obbligarono il re a fuggire e chiamarono a regnare un principe olandese protestante: Guglielmo III d’Orange (1689-1702). A lui succederà la sorella Anna e poi Giorgio I della dinastia dei principi di Hannover, tuttora regnante in Gran Bretagna. Guglielmo salì al trono ma dovette promettere con la dichiarazione dei diritti (1689) di accettare il controllo del Parlamento, di rispettare l’autonomia delle amministrazioni locali e le libertà civili dei cittadini.

Nei decenni successivi si consolidò l’abitudine di affidare l’esecuzione delle decisioni del Parlamento ad un primo ministro, che aveva la funzione del capo di governo. Anche i giudici ottennero l’indipendenza degli ordini della Corona. Nasceva così in Inghilterra la prima monarchia costituzionale, con una divisione dei poteri tra il Parlamento che approvava le leggi, il governo che le faceva eseguire e la magistratura che doveva farle rispettare. Non si trattava di un sistema democratico: poteva votare solo chi aveva proprietà o ricchezze. Alla Camera dei Comuni venivano perciò eletti solo proprietari terrieri.

In un’Europa governata da sovrani assoluti, l’Inghilterra si distinse come l’unico paese nel quale il potere del re trovava precisi limiti nell’autorità del Parlamento e dove ai cittadini erano riconosciute e garantite le più ampie libertà.

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