L’ITALIA SOTTO LA DOMINAZIONE SPAGNOLA

L’ITALIA SOTTO LA DOMINAZIONE SPAGNOLA


La pace di Cateau-Cambresis (1559) tra Spagna e Francia segna l’inizio di un lungo predominio spagnolo in Italia. Appartenevano direttamente al re di Spagna i te regni di Napoli, di Sicilia e di Sardegna, lo Stato dei Presidi, costituito da una serie di terre della maremma toscana, e lo Stato di Milano. Ognuno di essi era governato, in modo autonomo, da un rappresentante del re di Spagna detto governatore o viceré. Gli altri Stati italiani erano indipendenti di nome ma di fatto sotto l’influenza spagnola.

La repubblica di Genova aveva ottenuto importanti vantaggi passando dall’alleanza con la Francia a quella con la Spagna. Nel seicento fu appena isolata dalla crisi che colpì tutta la penisola. Per buona parte del secolo Genova visse ancora nell’opulenza del periodo precedente, anche per l’attività dei suoi armatori e dei suoi banchieri e per il porto che veniva utilizzato come base di rifornimento per la Milano Spagnola.

Il granducato di Toscana era riuscito, sotto la guida di Cosimo de’Medici (1537-1574) ad attuare una politica di espansione. Per iniziativa di Cosimo I e dei suoi successori vennero effettuate opere di bonifica nelle paludi maremmane, iniziò lo sfruttamento delle miniere di ferro dell’isola d’Elba e fu potenziata la flotta per difendere le coste dalle scorrerie dei pirati turchi. In seguito però il Granducato cominciò a decadere. Merito degli ultimi Medici fu quello di aver protetto e sviluppato l’Università di Pisa e di aver favorito gli studi scientifici. Nel 1657, per iniziativa del cardinale Leopoldo de’Medici, vene fondata a Firenze l’Accademia del Cimento che promosse ricerche sulle scienze della natura secondo l’indirizzo di Galileo Galilei e che fu uno dei centri più importanti di studi scientifici d’Europa.

Durante il seicento si rafforzò invece la posizione dello Stato pontificio, che si annesse Ferrara e Urbino. La tendenza dei papi a favorire con cariche e ricchezze i propri familiari e lo scarso interesse dimostrato per lo sviluppo dei traffici e dell’agricoltura ebbero pesanti conseguenze sull’economia. I mutamenti più importanti riguardarono la città di Roma, che venne profondamente trasformata. Sorsero bellissime chiese, grandi palazzi, ville che rappresentano ancora oggi il trionfo dell’arte barocca. Importante fu l’Accademia dei Lincei fondata da Federico Cesi nel 1603.

Il ducato di Savoia, posto tra l’Italia e la Francia, dopo la pace di Cateau-Cambresis, ebbe le sue più importanti piazzeforti presidiate dagli spagnoli o dai francesi. Il duca Emanuele Filiberto (1553-1580) riuscì ad ottenere lo sgombro. Durante gli anni del suo governo, lo stato venne riorganizzato e la capitale fu trasferita dalla città francese di Chambery a Torino. Questa scelta segnò l’avvio di una politica nuova, rivolta non verso la Francia ma verso l’Italia, dove si riteneva vi fossero maggiori possibilità di espansione. Carlo Emanuele I (1580-1630) e Vittorio Amedeo I (1630-1637) continuarono questa politica, ma dovettero mantenersi in equilibrio tra la potenza della Spagna, seppure in declino, e quella in ascesa della Francia.

La Repubblica di Venezia era l’unico stato italiano che avesse la possibilità di svolgere una politica indipendente dalla Spagna. Riuscì a mantenere a lungo la sua autonomia, ma finì per risentire, essa pure, della generale situazione di declino dell’Italia. Ad Oriente poi, Venezia era continuamente sottoposta al pericolo dei Turchi. Dopo la sconfitta da questi subita nella grande battaglia navale di Lepanto, vi fu una lunga tregua finché nel 1644 i Turchi assalirono improvvisamente e conquistarono gli ultimi possedimenti rimasti a Venezia nel Mediterraneo orientale. La fortezza veneziana di Candia (Creta) dovette arrendersi dopo la resistenza più che ventennale.

Anche per l’economia del nostro paese il seicento fu un secolo di decandenza. Dagli ultimi anni del cinquecento iniziò una crisi profonda. I tessuti prodotti in Italia non riuscirono a sostenere la concorrenza delle stoffe inglesi, olandesi o francesi, più a buon mercato. Molti mercanti e banchieri dovettero via via cessare la loro attività; alcuni di essi acquistarono delle terre e si ritirarono in campagna. I contadini impoveriti abbandonarono in gran numero le Campagne e i villaggi e si trasferirono in città, in cera di miglior fortuna.

Le città si riempirono di disoccupati e di vagabondi, di persone che vivevano di lavori occasionali o di espedienti, spesso di furti e di truffe. Altri contadini rimasero nelle campagne dandosi al brigantaggio. Le gravissime condizioni dell’Italia dipendevano anche dalla crisi che la Spagna stava attraversando, in quanto le due economie erano strettamente legate. Aggravavano le condizioni della penisola da un lato la sua divisione politica, dall’altro il mutamento delle rotte commerciali. La scoperta delle nuove vie oceaniche tendeva a spostare il centro degli interessi commerciali e dei traffici dal Mediterraneo all’Atlantico.

Il declino dell’economia italiana appare ancora più notevole se lo si paragona allo sviluppo eccezionale di altri paesi come la Francia, l’Inghilterra e l’Olanda, favorite da tutte quelle condizioni come il moltiplicarsi delle rotte atlantiche che risultavano invece negative per l’Italia. La povertà conseguente alla crisi economica era aggravata per il popolo dalle pesanti tasse che il governo spagnolo imponeva di pagare. Numerose furono le sollevazioni popolari contro gli spagnoli. Esse nacquero spontaneamente tra il popolo che si ribellava ai soprusi e alle violenze dei signorotti e alle tristissime condizioni nelle quali viveva.

Le più importanti sommosse scoppiarono nel 1647 a Palermo e a Napoli. Napoli si ribellò quando fu introdotta una nuova tassa sulla frutta; la rivolta fu guidata da un giovanissimo pescivendolo, Tommaso Aniello, detto Masaniello. Analoga fu l’insurrezione di Palermo. Entrambe vennero domate dagli spagnoli. Le rivolte antispagnole del Seicento non raggiunsero alcun risultato in quanto non portarono nessun cambiamento; furono semmai la spia di una situazione di vita durissima ed insostenibile per le popolazioni del nostro paese.