La Repubblica di Weimar

La Repubblica di Weimar

La Repubblica di Weimar ebbe inizio alla conclusione del I Conflitto Mondiale e si chiuse definitivamente con la presa del potere da parte di Hitler, il 30 gennaio del 1933.

Tale spazio di tempo fu segnato da crisi, rivolgimenti, momenti di grande ispirazione innovativa e di coraggiosa sperimentazione, per poi imboccare la strada dell’inarrestabile decadenza.

La Grande Guerra aveva segnato profondamente il popolo tedesco, costituendo una sorta di spartiacque tra un’epoca e l’altra.

C’era una   canzoncina, composta di Paul Lincke, molto popolare nella Germania del primo ‘900.

Queste erano le parole del ritornello:

 

Gluhwurmchen, Gluwurmchen, flimmere,flimmere,

Gluhwurmchen, Gluwurmchen,schimmere,schimmere,

Fuhre uns auf rechten Wegen,

Fuhre uns dem Gluck entgegen.

 

Un senso di spensieratezza, di ottimismo e di fiducia emergevano da questi semplici e forse banali versi. Proviamo a prendere quello che Stefan Zweig scriveva, prima della Grande Guerra, a proposito del suo paese, l’Austria e proviamo ad utilizzarlo per la Germania.

Scriveva: “: nel “mondo di ieri”… nel quale c’erano uno stato e un parlamento funzionanti, i ricchi potevano calcolare quanto avrebbero incassato dall’impiego dei loro averi, i figli avevano la certezza di ereditare per lo meno la casa parentale

Sicurezza di sé, ottimismo, fiducia piena nelle possibilità di sviluppo del popolo tedesco…..le uniche voci discordi provenivano dai pochi Kulturpessimisten , di destra o di sinistra, che , in fondo, non mancano mai.

 Il generale senso di fiducia coinvolgeva persino i militanti del Partito Socialdemocratico (più del 70% dei voti a Berlino nelle elezioni del 1912, e oltre il 60% ad Amburgo) che percepivano gli umori della loro base, in qualche modo sedotta dalla fede nel progresso e nella possibile trasformazione pacifica della società borghese

 

Il 30 Settembre 1918 Ludendorff e Hindenburg comunicarono a Guglielmo II, presso il comando delle forze tedesche a Spa, che la guerra era perduta. Il Kaiser , poco disposto ad accettare il fatto compiuto, sperava che si verificasse qualcosa di nuovo, qualcosa che gli avrebbe consentito di non abdicare. Evidentemente in lui era ancora forte , nonostante la chiara lezione dei fatti che travolgevano il suo paese,quell’arrogante sicurezza di sé che aveva accompagnato lui e buona parte della Germania prima del 1914..

 

  • Nel Novembre del 1918 il Kaiser Guglielmo II è dunque costretto a lasciare la presa e ad abdicare
  • E’ proclamata la repubblica a Berlino : il peso del potere (e di un peso molto forte si tratta in un momento storico come questo!) è preso dai Socialdemocratici, i quali , a suo tempo, avevano votato i crediti di guerra risultando quindi , almeno in parte , corresponsabili della tragedia che si era abbattuta sul popolo tedesco.
  • Un’alternativa di destra era in questa fase impensabile a causa della sconfitta militare e certamente poco conveniente sul piano politico: per la classe dirigente tedesca (quella stessa classe che aveva scelto consapevolmente e con determinazione , la strada della guerra mondiale) una soluzione di tipo repubblicano democratico, con la sinistra moderata alla gestione del duro dopoguerra e dell’inevitabile malcontento popolare, era la condizione per evitar di subire la stessa sorte della classe dirigente russa.

 

  • Quattro idee forti avevano condizionato il sentire di buona parte dei tedeschi ,prima del I Conflitto:

 

  • La missione civilizzatrice del popolo tedesco
  • Le intenzioni malvagie dei suoi antagonisti
  • La necessità di garantire uno spazio vitale e di primo piano allo sviluppo della Germania.
  • La superiorità militare tedesca

 

Aggiungiamo a questo il fatto che il regime imperiale aveva raggiunto e consolidato l’unità politica del paese attraverso il potere di una classe dirigente monolitica e culturalmente autoritaria, pronta a diffamare le forze politiche democratiche e socialiste con l’accusa di essere anti-tedesche e poco dotate di amor patrio.

 Un divorzio storico tra ideale nazionale ed ideale democratico.

 

Il crollo rovinoso legato alla sconfitta militare lasciava posto ad una nuova ed incrollabile convinzione:

 

le vili pugnalate del nemico interno

avevano procurato l’umiliante sconfitta!!

 

E che si trattasse di una sconfitta umiliante non c’era dubbio!

Dopo quattro anni di trincea fatti di eroismo, di pidocchi, di sogni di gloria e di dissenteria, i Tedeschi sentivano a Versailles l’amaro sapore della disfatta e dell’umiliazione di dover essere trattati, nel prossimo futuro,come i vinti ,i debitori, gli straccioni e, soprattutto, gli unici colpevoli.

 

  • Dopo la sconfitta l’impero aveva perduto le colonie, un decimo circa della propria popolazione e un ottavo dei propri territori.. Perdite rilevanti anche sul piano economico: il 26% della produzione di carbone; il 75% della produzione di minerali ferrosi; il Reich aveva perduto tutte le grandi navi commerciali , buona parte della flotta da pesca, 5000 locomotive e 150000 vagoni ferroviari. Se aggiungiamo a questi dati il costo delle riparazioni di guerra (132 miliardi di marchi-oro) possiamo comprendere la situazione di caos economico e di inflazione che colpisce con durezza estrema larghe fasce della popolazione. Agli inizi della guerra il cambio ufficiale del dollaro rispetto al marco era di 1 a 4,20 . Nel 1923 era di 1 a 4.200 miliardi!

 

  • Nel Febbraio del 1919 si riunì a Weimar un’Assemblea costituente che , in pochi mesi, seppe produrre una costituzione democratica. La Germania diventava una Repubblica federale con un parlamento , legato al potere legislativo, e al quale doveva rispondere del suo operato il cancelliere. A questa struttura era collegata la figura del presidente della Repubblica, particolarmente autorevole su piano politico-istituzionale, perché eletto direttamente dal popolo. L’art. 48 della Costituzione gli permetteva, ad esempio, di sospendere, in caso eccezionale,le libertà civili e di legiferare per mezzo di decreti, scavalcando lo stesso Parlamento.

 

  • La Repubblica di Weimar nasceva debole : all’interno, segnata da un’ambigua convivenza tra parlamentarismo e presidenzialismo; all’esterno colpita dall’atteggiamento di sostanziale rifiuto da parte delle classi moderate

 

  • Per i Tedeschi del ceto medio la repubblica aveva , infatti, il sapore di un prodotto di importazione. Negli ambienti moderati e conservatori si pensava alla democrazia parlamentare come ad un qualcosa buono, forse ,per Francesi ed Americani ma non per un popolo , quello tedesco, legato da sempre ai valori dell’unità e della compattezza nazionali. Poca fiducia, dunque , nel parlamentarismo, nella dialettica politica, nel gioco dei partiti, nella volontà popolare.

 

  • Eppure a partire dal 1923 sembrò che le cose cominciassero lievemente a migliorare, grazie all’opera di risanamento economico promossa dal cancelliere Stresemann impegnato ad arginare l’inflazione , a rilanciare l’attività produttiva e a rendere così possibili i pagamenti delle riparazioni belliche.

 

  • Il peso delle difficoltà economiche tornò a farsi sentire in modo drammatico in occasione del catastrofico crollo del mercato alla borsa di New York nel 1929. La Germania ne fece le spese immediatamente: mentre l’America ritirava i crediti concessi precedentemente il caos economico tornava a farsi sentire. Disoccupazione e miseria provocarono una nuova corsa verso formazioni politiche dell’estrema destra: il partito di Hitler che nelle elezioni del 1928 aveva conquistato 12 seggi in quelle del 1930 ne guadagna 107.

 

La Repubblica di Weimar fu dunque una difficile e fragile esperienza storica e culturale, segnata tragicamente dalla sua condizione di epoca “schiacciata” tra l’autoritarismo guglielmino che le lasciò in eredità un paese vinto e prostrato ed il totalitarismo hitleriano che la annientò completamente. In quegli anni si affermarono tendenze artistiche, correnti di pensiero e fenomeni sociali che hanno segnato profondamente il secolo XX.

La difficile situazione storica nella quale si era venuta a trovare la Germania aveva spinto gli intellettuali e gli artisti impegnati e progressisti di quell’epoca a riconoscere quanto fosse necessaria un’arte rispondente ai tempi, legata al sentimento di una corresponsabilità politica e, per questo motivo, segnata da due parole –chiave: critica e progetto. Si trattava, dopo la guerra, di ricominciare da capo, dando libero corso alle energie creative di un’intera generazione che sentiva l’esigenza e, a volte, vedeva la possibilità di concreti e radicali mutamenti sociali. Una generazione, dunque, di intellettuali che, anche alla luce dell’esperienza rivoluzionaria, pur fallimentare, del movimento spartachista di Rosa Luxemburg e di Karl Liebcknecht, vedeva nell’impegno culturale ed artistico la possibilità di coniugare le esigenze della “cultura alta” e del mercato culturale di massa in un unico progetto pedagogico di educazione civile e politica del popolo.

 

Una poesia di Kurt Tucholsky del 1920 rispecchia il sentimento della rivoluzione ed il senso amaro della rassegnazione che emergeva là dove si comprendeva, al di là della forza dirompente dell’utopia, la vicina dissoluzione di ogni speranza.

 

“Un popolo rumoreggia: Rivoluzione!

Vogliamo conquistarci la libertà!

Erano secoli che la volevamo!

Lasciamo che scorra il sangue dal cuore!

Rimbomba la scena.Rimbomba il teatro.

Alle nove è tutto finito.

E, rinsavito, io vedo il giorno, grigio.

Dove è rimasto il Novembre?

Dov’è il popolo, che una volta giaceva sotto,

spinto dal desiderio di salire in alto?

Silenzio. Tutto finito.Non era poi gran cosa.

Un gioco, solo un gioco.”

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