DEI SEPOLCRI PARAFRASI VV 1-90

DEI SEPOLCRI PARAFRASI VV 1-90

DEI SEPOLCRI PARAFRASI VV 1-90


“Deorum Manium iura sancta sunto” Leggi XII Tavole, V sec. a.C (= Siano sacri i diritti degli Dei Mani).
Metro: Endecasillabi sciolti

(vv.1-90)
 Il sonno della morte è forse meno doloroso all’ombra dei cipressi e nei sepolcri su cui i parenti possono piangere i loro morti?

Quando il Sole per me non feconderà più la terra con le belle specie piante e di animali, e quando il futuro per me non ci sarà più davanti, ricco di lusinghe, né potrò più udire, dolce amico, la tua poesia malinconica, né più sentirò nel cuore l’ispirazione poetica e il sentimento d’amore, unico alimento per la mia vita di esule, quale risarcimento per i giorni perduti potrà mai costruire una pietra tombale che distingua le mie ossa da tutte le altre che la morte dissemina in terra e in mare? E’ proprio vero, Pindemonte! Anche la Speranza, ultima Dea, abbandona i sepolcri; e la dimenticanza avvolge ogni cosa nelle tenebre della notte; il tempo muta l’uomo, i sepolcri, le spoglie e ciò che resta della terra e del cielo.
Ma perché l’uomo dovrà privarsi prima del tempo dell’illusione che seppur morto possa tuttavia soffermarsi sulla soglia del regno dei morti?
Non vive anche egli sotto terra, quando la bellezza del mondo sarà per lui cessata, se può destare l’illusione di sopravvivenza con il ricordo dei teneri affetti nella mente dei suoi cari?
Questa corrispondenza di affetti tra i defunti e i vivi è un dono celeste; e spesso attraverso di essa si continua a vivere con l’amico morto, e il morto continua a vivere con noi, a condizione che la terra pietosa che lo accolse e lo nutrì da bambino, offrendogli nel suo grembo materno l’ultimo rifugio, renda inviolabili i suoi resti dagli oltraggi degli agenti atmosferici e dal sacrilegio piede del volgo, e una lapide conservi il nome, e un albero amico, profumato di fiori consòli le ceneri con la dolce ombra. Solo chi non lascia affetti tra i vivi ha poco conforto nella tomba; e se pure immagina ciò che accadrà dopo i funerali, vede il suo spirito vagare nel pianto nelle regioni d’Acheronte, o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio; ma le sue ceneri lasciano alle ortiche in una deserta terra dove né una donna innamorata verrà a pregare, né un passante solitario potrà udire il sospiro che la natura manda dalla tomba.
Tuttavia una nuova legge oggi impone che i sepolcri siano posti fuori dagli sguardi pietosi, e toglie la possibilità di nomi sulle tombe. E senza tomba giace il tuo sacerdote, o Talia (poesia), il quale cantando per te nella sua povera casa fece crescere una pianta d’alloro con amore costante, e ti offriva serti di fiori; e tu rendevi bella con la tua ispirazione la poesia che criticava il nobile lombardo (Sardanapalo) per il quale è gradito solo il muggito dei buoi che, provenendo dalle rive dell’Adda e del Ticino, lo rendono beato di ozi e di cibi. Oh bella Musa, dove sei? Non sento il profumo dell’ambrosia, che indica la presenza della musa, fra questi tigli dove io sto seduto sospirando per la mia patria lontana. E tu venivi e gli sorridevi sotto quel tiglio che ora con le fronde intristite sembra fremere perché non ricopre, o Dea, la tomba del vecchio a cui già aveva profuso calma e ombra. Forse tu fra le tombe comuni stai vagando ansiosamente per cercare dove sia sepolto il capo sacro del tuo Parini? A lui la città corrotta compensatrice di cantanti evirati, non ha dedicato una tomba ombrosa, non una lapide, non un’epigrafe; e forse insanguina le ossa di Parini il capo mozzato di un ladro che è stato giustiziato sul patibolo per i suoi delitti. Senti raspare tra le tombe ridotte a macerie e gli sterpi la cagna randagia che vaga tra le fosse, latrando per la fame; e uscire dal teschio, dove si era rintanata per sfuggire la luna, l’upupa e svolazzare tra le croci sparse nel cimitero di campagna, e senti l’immondo uccello rimproverare con il suo verso lugubre i raggi che pietosamente le stelle inviano alle sepolture dimenticate. Invano sulla tomba del tuo poeta, o Dea, invochi gocce di rugiada dalla squallida notte. Ahi! Sui morti non sorgono fiori, se il morto non viene onorato dalle lodi umane e dal pianto amoroso (v.90).

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