CONTINENTE ASIATICO NEL 900

CONTINENTE ASIATICO NEL 900

l continente asiatico nel 900. Linee essenziali


GIAPPONE Gli shogun

Nell’800 l’unico Paese dell’Asia che aveva saputo difendersi dall’aggressione dell’imperialismo europeo eramstato il Giappone, grazie ad una politica di isolamento dalla “corruttrice” civiltà occidentale. L’Imperatore (mikado),
circondato da un’aura religiosa, era tenuto lontano dagli affari, segregato nella sua corte di Kyoto. Il potere effettivo era nelle mani dello shogun (nell’antico Giappone erano i funzionari militari, ma dal 1192 la carica divenne ereditaria ed assunta dalle tre dinastie che governarono il Giappone dal XIII al XIX secolo: Minamoto, Ashikaga e Tokugawa) della famiglia feudale dei Tokugawa. L’impero era suddiviso in principati a capo dei quali erano i grandi feudatari,
mentre i vassalli detti samurai, erano nobili di rango minore, un tempo dediti al mestiere della guerra. L’attività principale era l’agricoltura. Una società così arcaica poteva sopravvivere solo in condizioni di assoluta segregazione.


Modernizzazione

L’isolamento fu rotto nel 1853 dal presidente degli Stati Uniti che inviò nelle acque giapponesi quattro navi da guerra e chiese formalmente all’imperatore il libero accesso ai porti e l’apertura di pacifiche relazioni commerciali. Nel 1868 il giovane imperatore Mutsuhito pose fine al secolare potere dello shogunato e inaugurò quella fase storica
conosciuta come restaurazione Meiji. Il governo Meiji prese a modello la civiltà occidentale in tutti i suoi aspetti, nel tentativo di trasformare il Giappone in una potenza di rango mondiale. Nel 1889 venne promulgata una costituzione nella quale alle strutture liberali e parlamentari si giustapponeva la suprema autorità dell’imperatore. Fu stabilita l’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, l’istruzione elementare obbligatoria, mentre un programma di industrializzazione pianificata rese possibile un decollo industriale straordinariamente rapido.


Imperialismo

Allo stesso tempo il Giappone si dotò di un apparato militare di straordinaria potenza. La spinta imperialistica ,esercitata dalle potenze europee che stavano assoggettando l’area asiatica del Pacifico fece scattare in Giappone una speculare politica espansionistica, sfociata nel conflitto cino-giapponese del 1894-95. Lo scontro si concluse con la pesante sconfitta della Cina, costretta a cedere Taiwan e le isole Pescadores. Poco dopo gli interessi giapponesi in
Corea entrarono in conflitto con quelli della Russia, che si stava espandendo nell’Asia nord-orientale. Nel 1905 la rivalità portò alla guerra: i Giapponesi ottennero una serie di vittorie terrestri ed impressionarono il mondo intero con la battaglia navale di Corea, nel corso della quale le moderne corazzate al comando dell’ammiraglio Togo distrussero la flotta russa. L’esito infausto della guerra costò alla Russia la perdita del controllo della Manciuria settentrionale e il riconoscimento del protettorato nipponico sulla Corea, che sarà formalmente annessa nel 1910. Lo scoppio della prima guerra mondiale fornì l’occasione per un ulteriore avanzamento del Giappone, che occupò le isole tedesche nel Pacifico e pretese dalla Cina una serie di privilegi industriali, ferroviari e minerari nella
Mongolia. Nel 1926 salì al trono l’imperatore Hirohito, sotto il cui regno l’aggressività militare, giustificata dal bisogno di trovare nuove risorse per la popolazione in forte crescita, portò all’occupazione della Manciuria meridionale. Alla condanna dell’aggressione e alla richiesta di cessare le ostilità, il Giappone rispose con l’abbandono della Società delle Nazioni (1933). Nel 1937 l’impero nipponico, alleato alla Germania nazista, scatenò una massiccia offensiva
contro la Cina, che si intensificò non appena l’Unione Sovietica fu impegnata sul fronte europeo nella seconda guerra mondiale. Solo gli Stati Uniti opponevano resistenza all’espansionismo giapponese che rischiava di annullare la loro influenza nel Pacifico. Alle sanzioni economiche decretate da Roosevelt, il Giappone decise di dare una risposta militare di impressionante determinatezza. Quando, la mattina del 7 dicembre 1941, 189 aerosiluranti e bombardieri
giapponesi piombarono inaspettatamente sulla flotta USA del Pacifico alla fonda nella baia di Pearl Harbour nelle Hawaii, l’effetto fu devastante. In breve tempo con la conquista delle Filippine, delle Indie orientali olandesi, di Hong Kong, di Singapore, di tutta l’Indocina, la Birmania e molte isole del Pacifico, il territorio giapponese assunse una vastissima estensione geografica, demografica ed economica.


Il “miracolo giapponese”

Proprio la dispersione dei territori conquistati impedì una loro difesa efficace dalla controffensiva americana che gradualmente ottenne vittorie fino ad accerchiare Tokio, sulla quale i bombardamenti iniziarono nel ’44. La respinta dell’ultimatum per la resa incondizionata, lasciando prevedere una prosecuzione indeterminata del conflitto, indusse il presidente americano Truman ad utilizzare la nuova arma atomica, sganciata su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del ’45. Al Giappone non restò che cedere. Nel rogo della guerra il Giappone ha bruciato la tradizione di tanta sua storia autoritaria, militarista ed aggressiva, e rivelando una grande capacità di rinnovamento, ha fatto proprio il modello politico dei vincitori. Lasciando intatti al vertice dello Stato i simboli del vecchio impero, il Giappone ha adottato la democrazia parlamentare. La crescita economica si è realizzata secondo ritmi molto intensi, arrivando ad occupare il terzo posto nella graduatoria dei Paesi industrializzati. La ricetta del “miracolo giapponese” è stata indicata nella collaborazione tra industria privata ed organismi statali, nella capacità di investire nella produzione quasi un terzo del reddito nazionale e nell’eccezionale attaccamento al lavoro della manodopera. I problemi del Giappone oggi sono principalmente legati al
dipendere dall’esterno per tutto ciò che riguarda le materie prime e ai disagi del sovraffollamento.


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