UN AMBASCIATORE INSOLENTE SENECA

UN AMBASCIATORE INSOLENTE SENECA

Demòcare, ambasciatore ateniese, rivolge a Filippo di Macedonia parole di inaudita insolenza; il re, però, non lo fa punire.

Si qua alia in Philippo virtus fuit, fuit et contumeliarum patientia, ingens instrumentum ad tutelam regni. Ad illum Demochares, Parrhesiastes1 ob nimiam et procacem linguam appellatus, inter alios Atheniensium legatos venerat. Audita benigne legatione Philippus percontatus est: “Dicite mihi quid possim facere quod sit Atheniensibus gratum.” Excepit Demochares et: “Te” inquit “suspendere.” Indignatio circumstantium ad tam inhumanum responsum exorta erat; sed eos Philippus conticiscere iussit et illum salvum incolumemque dimittere. “At vos,” inquit “ceteri legati, nuntiate Atheniensibus multo superbiores esse qui ista dicunt quam qui inpune dicta audiunt.”

da Seneca, De ira 3. 23


TRADUZIONE

Se ci fu qualche altra virtù in Filippo, ci fu anche la capacità di sopportare le offese, potentissimo strumento per la conservazione del regno. Era venuto da lui, fra altri ambasciatori degli Ateniesi, Demòcare, detto “Parresiaste” a causa della (sua) eccessiva e mordace loquacità. Ascoltata benevolmente l’ambasceria, Filippo chiese: “Ditemi che cosa posso fare che sia gradito agli Ateniesi.” Demòcare (lo) interruppe e disse: “Impiccarti”. Fra i presenti era sorta indignazione ad una risposta così incivile; ma Filippo ordinò (loro) di tacere e di lasciarlo andare sano e salvo. “Però” aggiunse “voialtri ambasciatori riferite agli Ateniesi che sono molto più superbi coloro che fanno simili affermazioni che coloro che le ascoltano senza punirle.”

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