TEMA SUL MURO DI BERLINO

TEMA SUL MURO DI BERLINO

TEMA SUL MURO DI BERLINO


Le città della Germania alla fine della guerra erano simili a dei paesaggi lunari: 3 milioni di bombe in 10 giorni solo su Amburgo, 250.000 bombe su Francoforte in una unica notte lasciarono molto poco di intatto. Non c’era niente da mangiare, case, riscaldamento e lavoro erano dei sogni. La Germania era paralizzata dall’incubo appena finito della guerra e da 12 anni di dittatura di Hitler. E gli alleati: Gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia e l’Unione Sovietica non riuscivano a mettersi d’accordo sul suo futuro. In comune avevano solo una preoccupazione: impedire che la Germania ridiventasse un pericolo per la pace nell’Europa. Appena finita la guerra, ne comincia subito un’altra: la “Guerra fredda” e la Germania è la prima a farne le spese: dopo 4 anni sotto l’amministrazione degli alleati, nel 1949, viene divisa. Ognuna della due potenze USA e URSS vuole il controllo in una parte della Germania. La divisione accontenta un po’ tutti, tranne che i tedeschi stessi. Così nascono due stati che nel tempo si allontanano sempre di più l’uno dall’altro.


Nel 1961 comincia la storia del Muro. Mentre nella repubblica federale (Rft), grazie anche ai massicci aiuti americani, migliorano le condizioni di vita, nella repubblica democratica (Ddr o Rdt) cresce invece l’insoddisfazione della gente. La collettivizzazione forzata dell’agricoltura, la repressione dell’industria e del commercio privati, la mancanza di risorse provocano un vero e proprio esodo: nei mesi che vanno da gennaio ad aprile fuggono dal “paradiso socialista” 160mila persone. Una situazione insostenibile per il regime di Walter Ulbricht, che però il 15 giugno del ’61, durante una conferenza stampa internazionale, smentisce seccamente le voci sul progetto della costruzione di un muro a Berlino per dividere le due Germanie: “Ho sentito anch’io questi pettegolezzi, sono falsi. Nessuno ha intenzione di farlo”. La storia oggi ci dice che era una menzogna. La mattina del 13 agosto 1961 i berlinesi scoprono, infatti, che nel cuore della loro città sta nascendo una divisione fatta di filo spinato, blocchi di cemento anti – carri armati e barricate. I collegamenti fra la zona est e quella ovest sono bloccati e i cittadini della prima non possono più entrare nella seconda. Sono le “prime pietre” del famigerato Muro, che la propaganda chiama “il muro di protezione contro i fascisti”. Gli Alleati reagiscono con moderazione, troppa moderazione, e la “protezione” cresce in fretta, raggiungendo i 166 chilometri di lunghezza e i 4 metri d’altezza; davanti, per cento metri, mine e congegni di allarme bloccavano qualunque tentativo di fuga. Centosessantasei chilometri che tagliano 192 strade di Berlino, sancendo la definitiva separazione fra i due blocchi. Passare il Muro diventa impresa assai rischiosa, tanto che un centinaio di berlinesi dell’est morirà nel tentativo di scavalcarlo, uccisi dai poliziotti (Vopos) di guardia.


LA CADUTA

E’ durato fino al 1989, anno in cui, grazie anche alla perestrojka ( politica di avvicinamento all’ Occidente ), il Presidente sovietico Gorbaciov ha deciso che era venuta l’ora che i Tedeschi decidessero da soli del proprio destino. Il 9 novembre di quell’anno, Günther Schabowski, leader della Sed (il partito comunista) di Berlino est, annuncia, infatti, la resa: con parole ambigue dice che da quel momento il Muro viene aperto per permettere “viaggi personali all’estero”. Sono le sette di sera, poco dopo scoppia una festa spontanea alla porta di Brandeburgo e nella Kurfürstendamm di Berlino ovest. Il Muro viene fatto a pezzi. Si chiudeva in tal modo un’epoca e veniva, di fatto, sancita la fine dell’Unione Sovietica e del suo dominio sull’Europa Orientale. Quel giorno premevano a migliaia, a decine di migliaia, sempre più. A Mosca, sbigottiti, non sapevano decidersi se dare l’ordine di attaccare alle truppe. Per ammissione dell’ex ministro degli esteri, il georgiano Shevardnadze, c’era palpabile il timore che un attacco innescasse la miccia del terzo conflitto mondiale. Così, chi scavalcava rimase sorpreso di non prendersi i proiettili della Stasi, la polizia di regime assestata intorno al Charlie Check Point, dalla parte controllata dal Patto di Varsavia. E fu l’inizio del diluvio. Una folla d’ex cittadini dell’ex Germania orientale invadeva gioiosamente le strade e i parchi del settore ovest di quella che era stata la Capitale e che, dieci anni dopo, sarebbe tornata ad esserlo.

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