RIASSUNTO LE LAUDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO

RIASSUNTO LE LAUDI DI GABRIELE D’ANNUNZIO


-Tra il 1899 e il 1904, e quindi nel momento di pieno fervore per la morale del superuomo, D’Annunzio progetta il più ambizioso programma della propria lirica: Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi. La raccolta comprende quattro libri che prendono il nome dalle costellazioni delle Pleiadi, le mitiche figlie di Atlante che Giove trasformò in stelle: Maia, Elettra, Alcyone, Merope. Un quinto libro, Asterope, è a parte e celebra le vicende della Grande Guerra. Veramente importanti, nella storia della poesia dannunziana, sono i primi tre libri.

Maia (1903, o Laus Vitae, Lode della Vita) è un lungo poema di 8.400 versi che, incarnando i miti dell’Ellade, celebra la nuova morale degli eroi e dei superuomini. Vi si canta la gioia di vivere come esuberanza sensuale, come libero disfrenarsi dei sensi in intima comunione con la natura, rigeneratrice di energia, gioia vitale al di là del bene e del male. Le esperienze estetiche e superomistiche, la retorica esaltata e la tonalità oracolare, l’impressionismo descrittivo di un ambizioso disegno, mascherano un sostanziale vuoto, una estrema povertà e superficialità di vita interiore. Molti i versi ricchi di sonorità, ma pochi gli accenti di profonda poesia.

Elettra (1904). È il libro dove si celebrano gli eroi e si esalta, sempre in sintonia col mito estetico e superomistico, la grandezza e la bellezza dell’eroismo. È l’esaltazione degli eroi della guerra, del pensiero e dell’arte, l’esaltazione anche delle città italiane cariche di gloria passata, le città del silenzio. Chiude questo secondo libro delle Laudi un Canto augura/e per la nazione eletta, presagio e incitamento alla riscossa dell’Ialia: Così veda tu un giorno il mare latino coprirsi / di strage alla tua guerra / e per le tue corone piegarsi i tuoi lauri e i tuoi mirti, / o Semprerinascente, / o fiore di tutte le stirpi, / aroma di tutta la terra, / Italia, Italia, / sacra alla nuova Aurora / con l’aratro e la prora! Qui D’Annunzio è veramente la voce delle aspirazioni nazionalistiche e imperialistiche delle classi egemoni, italiane ed europee, che già stanno scatenando quella politica di potenza che porterà alla prima guerra mondiale e poi all’affermazione del fascismo.

Alcyone (1903). Alcyone, il terzo libro delle Laudi, è, per giudizio unanime, considerato la vetta dell’opera poetica di D’Annunzio. Eppure in esso è tutto del D’Annunzio precedente: il sensualismo, l’estetismo, la morale eroica e superomistica, l’artifex gloriosus»; ma ora tutti questi elementi paiono meno esasperati, depurati dalle eccedenze, dagli umori più ossessivi. Ad esempio, il mito del superuomo «si decanta dei suoi umori più torbidi, delle sue cupe ed esasperate immaginazioni di lussuria, di conquista, di eroismo disumano e d’avventura. Rimane pura gioia istintiva, vitalità che si riversa ebbra di calda luce solare, che anela a cogliere in sé tutte le sensazioni e la vita di ogni cosa, a immedesimarsi col Tutto» (M.   Pazzaglia). Diceva D’Annunzio: Talvolta è in noi una verità ancora informe che vuol essere soccorsa per venire alla luce: una verità ancora mescolata al nostro sangue, ai nostri muscoli, ai nostri istinti. In Alcyone, canto della divina Estate, il poeta cerca allora di far venire alla luce le esigenze più remote e segrete dell’animo, sfoltendo, alleggerendo, decantando la pagina dai giochi di bravura, dalla febbre della parola, dall’ossessione del possesso e della lussuria, dalla violenza sanguigna ed esasperata delle immagini.

Così, a prezzo di un’estrema calibratura, dopo tanto vistoso consumo di stile, D’Annunzio raggiunge una nuova capacità di organizzare l’impressione, le sensazioni, la gioia istintiva, la vitalità dell’anima in intima comunione col palpito e l’anima segreta delle cose. Dalla violenta tensione per la conquista e il possesso della natura, in Alcyone il poeta passa alla consonanza con la natura, ad una segreta ed intima immedesimazione con i suoi elementi, in una “ebbrezza panica” capace di cogliere i più tenui riflessi della vita interiore.

La musica nuova di Alcyone è ottenuta con un calcolato ed equilibrato uso delle parole caricate di valore allusivo ed evocativo, eliminando la loro sonorità esteriore a favore della melodia e del contrappunto, e, ancora, creando «intorno alle parole, al di sopra delle parole, una rete sottilissima di rapporti e rispondenze sillabiche e foniche, una espertissima musicalità verbale» (A. Noferi). Non più una parola che soverchia l’ispirazione, ma una parola attenuata o trattenuta; non più il “grido, ma il “canto.

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