PORTO SEPOLTO ANALISI RETORICA
PORTO SEPOLTO ANALISI RETORICA
Il porto sepolto
Di questo testo, che dà il titolo alla prima raccolta in versi pubblicata da Ungaretti nel 1916, è molto importante comprendere il titolo. Lo stesso Ungaretti nelle note stese per l’edizione definitiva lo spiega in questo modo: <<verso i 16-17 anni forse più tardi ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, (…) abitavano fuori da Alessandria, in mezzo al deserto, mi parlavano d’un porto, un porto sommerso che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima da Alessandro era una città; non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci>>. In pratica la poesia è un testo che disserta sulla funzione della poesia, che è quella di riportare alla luce ciò che era sepolto e che quindi non si riusciva a vedere; praticamente la poesia ha la funzione di attivare la memoria come custode dei valori, delle tradizioni, del bagaglio affettivo dell’uomo come singolo e come comunità storica.
Parafrasi
Vi arriva il poeta e poi ritorna con le sue poesie che diffonde e nello stesso tempo disperde. Di questa poesia mi rimane la sensazione di nullità che non si esaurisce ed è per me un segreto
Analisi metrica
La poesia è composta da due strofe di versi liberi. Come nelle precedenti poesie manca la punteggiatura.
Analisi del testo
Nel verso 1 <<vi arriva>> si intende al porto sepolto, che è poi il titolo del canto
Nei versi 2-3 <<e poi>> <<e li>> è una anafora
Nei versi 4-7 <<di cui è stata>> <<di inesauribile>> è un’altra anafora
Nel verso 2 <<torna alla luce>> è una metafora
Nei versi 6-7 <<nulla / di inesauribile>> costituisce un enjambement e un ossimoro
Le parole chiave sono <<disperdere>> (verso tre) e <<resta>> (verso cinque); l’altra coppia di parole chiave è <<nulla>> (verso sei) / <<inesauribile segreto>> (verso sette)
Il testo, come già detto, è un richiamo alla funzione del poeta che è quella di riportare alla luce ciò che è nascosto, ciò che non si vede, ciò che è rimasto sepolto dalla dimenticanza e dal tempo. Il poeta ha quasi la funzione di un palombaro che si inabissa per compiere un processo culturale e psicologico; infatti egli sprofonda al disotto della superficie della vita e ed è proprio lì che prende la forza per il suo canto e riporta con le sue parole alla luce quello che è rimasto nascosto. La comunicazione, tuttavia, è qualche cosa di ambiguo, che va a coincidere con una sorta di dispersione ed infatti nel testo troviamo le due opposizioni semantiche che sono date dalle coppie di termini <<li disperde>> / <<mi resta>> e <<nulla di / inesauribile>>. La dispersione è quella della comunicazione poetica, dell’offerta del canto al lettore che tuttavia si trova lontano e verso il quale la poesia si allontana; inoltre emerge una contraddizione che permette nello stesso tempo alla poesia di rimanere e di stabilizzarsi nel profondo del cuore dell’uomo. La poesia è ciò che può sopravvivere nel difficile momento della guerra, della sofferenza, della distruzione. Il messaggio che il poeta ci vuole dare è quello di un nulla, di un segreto sconfinato che, per ciò stesso, è un segreto inesauribile. Pertanto la poesia ha come compito di trovare quello che è segreto e rimane in noi indecifrabile. Il porto è un luogo reale, ma è anche un luogo privo di dimensioni, perciò la poesia resta alla fine un qualche cosa di inafferrabile e lo stesso termine porto sepolto resta un paradosso espressivo.
In memoria
La poesia è un ricordo di un amico di Ungaretti, Mohammed Sceab, un amico arabo conosciuto ad Alessandria d’Egitto; insieme a lui Ungaretti andò a vivere in Francia a Parigi nel 1912, tuttavia poi l’amico si suicidò. Questa poesia nel 1916 apriva la raccolta allora intitolata “Il porto sepolto” e fungeva da dedica e da introduzione all’intero volume. Nell’edizione successiva “In memoria” compare all’interno della sezione de “Il porto sepolto” ed è messa in parallelo con il testo conclusivo che si intitola “Poesia” ed è dedicato ad un altro amico di Ungaretti, Ettore Serra
Parafrasi
Si chiamava Mohammed Sceab, discendente di emiri, di nomadi, suicidatosi perché non aveva più una patria. Amò la Francia e cambiò nome, si fece chiamare Marcel, ma non era francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi compatrioti dove si ascolta ancora la preghiera del Corano, bevendo il caffè; e non sapeva nemmeno più cantare la canzone della sua lontananza. Io l’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitava a Parigi nel n°5 della Rues des carmes, una strada tutta in discesa e sfiorita. Adesso è morto e riposa nel cimitero di Ivry, un sobborgo che sembra sempre stare in una giornata di una fiera decomposta. Forse solamente io ricordo ancora che egli visse
Schema metrico
Il testo è composto da otto strofe di lunghezza disuguale e da versi liberi. Notiamo che, come normalmente accade delle poesie di “Allegria”, è assente la punteggiatura
Analisi retorica
Nel verso quattro <<di emiri di nomadi>> è una ripetizione
Un’altra ripetizione compare nei versi 11-12 <<non era francese / e non sapeva più vivere>>
Nel verso 15 <<cantilena / del Corano>> contiene un’ascia Amman ed una metafora derivata dal fatto che Corano significa in arabo recitare ad alta voce
Nei versi 19-20 <<sciogliere / il canto del suo abbandono>> è una metafora
Nei versi 22-24 <<l’ho accompagnato / insieme alla padrona dell’albergo / dove abitavamo>> è una metafora che allude al cimitero
Nei versi 33-34 <<una / decomposta fiera>> è una metafora che allude alla condizione di morte del protagonista.
Analisi del testo
La poesia parla della morte di un caro amico di Ungaretti, Mohammed Sceab, con il quale Ungaretti aveva condiviso una parte della sua vita negli anni giovanili ad Alessandria d’Egitto e in seguito a Parigi in Francia. Nella poesia emergono i due destini a confronto: il destino tragico di Mohammed e il destino, sempre sofferente, ma con un diverso epilogo del poeta. Entrambi i personaggi si ritrovano senza patria, senza radici, con uno doloroso itinerario a cui porta la ricerca della conoscenza del sè. È diverso però l’esito: Ungaretti trova nella poesia, cioè nel canto, una risposta alle sue sofferenze, in quanto la poesia ha la funzione di conservare nella memoria gli avvenimenti e le persone, mantenendo in vita il loro significato. Invece per l’amico la poesia non è intervenuta a costituire un elemento di aiuto e di risposta ai propri bisogni ed alle proprie ansie. Si nota da questo testo che Ungaretti vede nella poesia una funzione sacrale, in quanto la poesia è una conoscenza che si diffonde su una totalità di contenuti che risultano indeterminati: l’uomo, la vita, la morte. Attraverso la scrittura l’uomo, pur essendo senza radici, riesce a sublimare i valori dello sradicamento, della mancanza di una patria e della vita in solitudine in un paese straniero dove è difficile ambientarsi. In sostanza il testo, posto a premessa della raccolta, è un canto che inneggia al valore e anche dalla funzione della poesia come memoria e ricordo.
San Martino del Carso
La poesia è del 1916, quando il poeta a 28 anni, si trovava come soldato semplice sul fronte di trincea nel Carso; il testo nasce da uno sguardo rivolto al paesaggio che appare desolato e raffigura un paese distrutto. Questo suggerisce al poeta alcune amare riflessioni che vanno dalla distruzione delle case e delle persone, allo strazio interno al cuore, nel quale gli amici e le persone care sopravvivono solamente nel ricordo e nel rimpianto. Anche in questo caso la poesia ha il compito della memoria, cioè di celebrare e ricordare tutti i morti dei quali non rimane neanche la traccia; l’oggetto della memoria della poesia sono per ciò le rovine del piccolo paese, ma anche i morti ignoti e tutti coloro che si sono perduti a causa della violenza della guerra.
Parafrasi
Di queste case non è rimasto che qualche pezzo di muro. Di tanti di amici che mi corrispondevano e avevano con me delle relazioni non è rimasto nulla. Ma nel mio cuore non manca nessuna sofferenza: il mio cuore è il paese più tormentato
Analisi metrica
La poesia è composta da versi liberi distribuiti in quattro strofe, le prime due composte di quattro versi, le ultime di due versi. Come sempre non abbiamo la punteggiatura
Analisi retorica
nel verso 1 e nel verso 5 <<di … di>>. è una anafora
nel verso 4 <<brandello di muro>> è una metafora
nel verso 5 e nel verso 8 <<tanti>> << …tanto>> è un’epifora ed anche un poliptoto
nei versi il 9-10 <<nel cuore / nessuna croce manca>> è una espressione metaforica
nei versi 11-12 E<<E’ il mio cuore / il paese più straziato>> abbiamo un’altra espressione metaforica
nei versi 9 e 11 il termine <<cuore>> è una epifora
Nel testo si notano anche alcuni procedimenti analogici, cioè l’accostamento di termini che hanno in comune un concetto: <<brandello di muro>> perché il muro rotto richiama i brandelli di carne umana; << … cuore / paese più straziato>> perché la vera sofferenza della guerra e della distruzione è quella dell’uomo che la porta dentro di sé
Analisi del testo
La poesia da un lato è una denuncia contro le atrocità della guerra e le distruzioni che la guerra compie nei confronti della natura, dell’uomo, delle costruzioni umane; tuttavia Ungaretti sottolinea come la guerra distrugga anche l’interiorità dell’uomo, privandolo della cosa più importante e cioè del ricordo; e infatti nella seconda strofa il poeta dice che non è rimasto neppure tanto di tutti quelli che lo corrispondevano. Il termine corrispondevano peraltro richiama la <<corrispondenza d’amorosi sensi>> della quale parlava Ugo Foscolo nei Sepolcri e che nel contesto di una guerra mondiale e con armi di distruzione di massa non riesce più ad essere un punto di forza dell’uomo nei confronti della morte. Ecco perché il testo termina con un’affermazione nettamente pessimistica che tende a svalutare anche la funzione dello stesso ricordo e della poesia come mezzo di salvezza nei confronti della follia umana
Veglia
È una celebre poesia di Ungaretti con la quale inizia il suo diario di guerra. Il testo parte da un’esperienza effettivamente vissuta da Ungaretti che, in una notte, fu costretto a rimanere vicino ad un suo compagno di trincea morto a causa dello scoppio di una bomba nemica. Proprio l’accostamento alla morte porta il poeta a scrivere parole intensamente affettive e legate all’amore per la vita.
Parafrasi
Un’intera notte scaraventato vicino ad un compagno massacrato, con la sua bocca aperta con i denti scoperti e il volto indirizzato verso il cielo con la luna piena, con le sue mani gonfie che rimanevano di fronte a me silenzioso; io ho scritto delle lettere piene d’amore. Non sono mai stato così attaccato all’esistenza.
Analisi metrica
Anche questo testo è composto da versi liberi che si suddividono in due strofe: la prima ha la funzione descrittiva, mentre la seconda ha la funzione epigrammatica e riflessiva.
Analisi retorica
Il testo contiene dei termini fonosimbolici, cioè termini che indicano determinati suoni; essi sono:
<<massacrato>> (verso 4), <<digrignata>> (verso 6) <<penetrata>> (verso 10); questi termini sono anche alliteranti, in quanto contengono l’allitterazione t che si ritrova anche in altri termini della poesia. Vi sono poi espressioni metaforiche <<bocca / digrignata>> (versi 5-6) <<congestione / delle sue mani>> (versi 8-9), <<penetrata / nel mio silenzio>> (versi 10- 11).
Analisi del testo
La poesia prende spunto, come già detto, da una nottata che il poeta fu costretto a passare vicino ad un suo compagno. Il testo è fortemente espressionista, in quanto la morte viene descritta in tutte le sue deformazioni alle quali conduce la persona colpita dalle armi nemiche: la bocca è digrignata, le mani solo congestionate, su tutto domina un inquietante silenzio; la materialità di questa poesia raffigura la brutalità e la bestialità dell’uomo nella guerra che degenera in una crudele barbarie militare: è da notare come il silenzio del poeta induca ad una riflessione sull’uomo, sulla guerra, sui sentimenti. In effetti, dopo la descrizione, abbiamo il termine della prima strofa e uno spazio bianco che dovrebbe servire al lettore per riflettere e per concentrare il suo pensiero sulla ferocia della guerra. Le parole d’amore della successiva strofa rappresentano la risposta del poeta alla situazione di morte e di violenza. È la risposta della poesia che diviene il mezzo per opporsi alla distruzione e alla morte che l’uomo semina nel mondo con la sua crudeltà; l’amore, rappresentato dalla poesia, è la risposta autentica del poeta.