Parini (1729-1799)
(liberamente tratto da Baldi-Giusso “La letteratura” vol. 3 ediz. Paravia)
Periodo giovanile | Testi | |
1729 | Nasce a Bosisio da una famiglia di modeste condizioni | |
1739 | Si trasferisce a Milano presso la zia | |
1740 | Intraprende la carriera ecclesiastica | |
1751 | E’ ammesso all’Accademia dei Trasformati | Alcune poesie di Ripano Eupilino |
Al servizio della nobiltà milanese | ||
1754 | E’ ordinato sacerdote; entra al servizio del duca Serbelloni come precettore | La vita rustica |
La salubrità dell’aria | ||
1762 | Si licenzia da casa Serbelloni e passa al servizio di Carlo Imbonati | Il Mattino |
1764-66 | Il Mezzogiorno | |
Al servizio dello Stato | ||
1768 | Assume la direzione de “La gazzetta di Milano”. E’ chiamato a ricoprire la cattedra di “belle lettere” nelle scuole pubbliche | La musica |
1776 | Frequenta gli artisti neoclassici attivi all’Accademia di Belle Arti | La laurea |
1780 | Deluso dalla politica di Giuseppe II, rinuncia all’attività intellettuale militante | La caduta |
1789-91 | E’ nominato sovrintendente delle scuole di Brera | Il vespro e La notte |
Alla musa | ||
1796 | I Francesi conquistano Milano.
Collabora per breve tempo con la Municipalità |
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Il ritiro | ||
1799 | Gli Austriaci tornano a Milano.
Muore |
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Nato da una famiglia di modesta condizione e costretto ad abbracciare la carriera ecclesiastica per completare gli studi, P. lavora a lungo come precettore presso nobili famiglie milanesi, per poi passare al servizio del governo “illuminato” austriaco, assumendo incarichi ufficiali nell’amministrazione lombarda. Egli rappresenta dunque la tipica figura dell’intellettuale progressista, impegnato in prima persona nella battaglia civile e teso a combattere, in nome della ragione, le storture che affliggono la realtà contemporanea. Tali istanze si conciliano tuttavia con un culto della dignità formale e dei modelli classici, che fanno di P. un esponente atipico dell’Illuminismo milanese e uno dei precursori del Neoclassicismo.
Nei confronti dell’Illuminismo francese P. esprime un atteggiamento ambivalente: pur condividendone i principi egualitari, il filantropismo, la polemica contro i privilegi nobiliari, la condanna di ogni fanatismo, egli ne respinge le posizioni più radicali in campo religioso e sociale: contro l’ateismo illuminista egli esprime la convinzione che il cristianesimo possa costituire il fondamento di un’ordinata convivenza civile e rivelare il senso ultimo dell’esistenza; quanto alla critica nei confronti dell’aristocrazia, essa non deve tendere, secondo P., all’eliminazione di quella classe, ma ad un suo reinserimento produttivo nel corpo sociale. Anche rispetto all’Illuminismo lombardo che fa capo al “Caffè” e all’Accademia dei Pugni, sono numerosi i punti di dissenso: P. ne rifiuta sia il cosmopolitismo culturale, sostenendo la necessità di difendere la cultura e la lingua italiane dalle influenze francesi, sia la concezione esclusivamente utilitaristica della cultura, essendo convinto assertore di una letteratura che unisca “l’utile” al “lusinghevol canto”. In ambito economico, inoltre, P. appare vicino alle posizioni dei fisiocratici, che vedevano nell’agricoltura, anziché nel commercio e nell’industria, l’unica attività veramente produttiva, capace di creare ricchezza.
Le prime odi Se nella prima raccolta “Alcune poesie di Ripano Eupilino” P. appariva ancora legato all’Arcadia, nelle prime odi (1756-69) egli dà vita ad un nuovo tipo di poesia, impegnata nella battaglia per il rinnovamento civile. Gli argomenti sono strettamente legati all’attualità: la contrapposizione tra città e campagna, l’igiene pubblica, la scienza, l’educazione, le cause della criminalità. Le Odi presentano dunque una materia innovativa rispetto alla tradizione poetica e ciò comporta l’introduzione di termini realistici, spesso ricavati dalle scienze moderne. Seguendo la poetica del Sensismo, P. ricerca pertanto un lessico energico e concreto, capace di suscitare immagini e sensazioni molto vivide contro l’astratta genericità del linguaggio arcadico. Il poeta si sforza d’altro canto di restare fedele alla tradizione e a questo fine utilizza con frequenza procedimenti espressivi che innalzano il tono e conferiscono dignità poetica alla materia.
Il Giorno: il Mattino ed il Mezzogiorno Allo stesso periodo delle prime Odi risalgono le due parti iniziali del poema in endecasillabi sciolti Il Giorno: Il Mattino ed Il Mezzogiorno (1765). L’opera, che rientra apparentemente nel genere didascalico, descrive una giornata “qualsiasi” di un giovane aristocratico milanese per voce di in precettore, che insegna al protagonista come trascorrere piacevolmente il tempo. Tutto il discorso del precettore è impostato in chiave ironica, poiché i suoi ammaestramenti e la sua esaltazione iperbolica dei costumi di vita aristocratici fanno emergere per antifrasi l’immoralità e la vuota superficialità di quest’ultima, oggetto di un’aspra critica da parte del poeta. La raffigurazione della nobiltà contemporanea è il piano dominante dell’opera, ma non è l’unico; marginalmente compaiono infatti riferimenti all’aristocrazia del passato, più attiva e coraggiosa, e alle classi popolari, portatrici di valori positivi. Al severo moralismo della satira si contrappone la grazia leziosa e sensuale con cui oggetti e gesti sono descritti: essa concorre a stigmatizzare la futilità dell’ambiente rappresentato, ma nello stesso tempo corrisponde al gusto rococò tipico dell’epoca, di cui il poeta sembra risentire. Una certa ambiguità tra edonismo e moralismo si determina anche a livello formale, poiché la mediocrità della materia è sublimata da un linguaggio prezioso e aulico, attinto sapientemente alla tradizione più illustre.
Il Vespro e La Notte Secondo il progetto originale il Giorno doveva comprendere una terza sezione, dal titolo La Sera, che venne però sdoppiata successivamente in due parti, Il Vespro e La Notte, rimaste entrambe incompiute.
In esse si riflette la delusione di P. , che a partire dagli anni 70-80 si allontana dall’impegno civile trovandosi in disaccordo con la linea autoritaria adottata dal governo austriaco nell’attuazione del programma riformistico. L’aspro spirito polemico e la fiducia di poter “educare” la nobiltà lasciano infatti spazio ad un atteggiamento di penosa contemplazione di un mondo vuoto e morente. Il corrispettivo formale di questa tendenza è l’evoluzione dalla poetica sensistica a quella neoclassica, caratterizzata dall’uniformità lessicale, con l’esclusione di vocaboli troppo vividi e realistici e da una serena e distaccata armonia espressiva.
Le ultime odi Il senso del fallimento del programma illuministico si riflette ancor più chiaramente nel secondo e nel terzo gruppo di odi, composte rispettivamente nel 1777 e nel 1783-95. Il poeta rinuncia infatti ad intervenire su concreti problemi civili e sociali per concentrarsi su temi universali, affrontati con distaccata saggezza, secondo i dettami della poetica neoclassica.