Metrica di Ossi di Seppia

Metrica di Ossi di Seppia

Metrica di Ossi di Seppia


Il tempo in cui furono scritti gli Ossi di seppia fu quello di futuristi e vociani, con la rottura del ritmo, della forma, della stessa struttura sintattica nei suoi componenti elementari. L’apparente distacco di Montale dagli eventi esterni – apparente in quanto egli seppe fare i conti con essi, trasformandoli alla luce delle proprie esigenze – si traduce in questa raccolta in una consapevole e misurata ricostruzione del verso nella sua forma “classica”. Montale sembra dirci che una poetica che abbia come oggetto la disgregazione del senso e della vita può servirsi con più utilità, per raggiungere i suoi scopi, di una forma chiara e semplice nella sua rigorosità costruttiva.

Si può notare in questa preferenza per lo stile classico del verso un parallelo con l’atteggiamento dannunziano, che va tuttavia distinto: in D’Annunzio il recupero del passato è funzionale ad un “messaggio” ideologico, ad un “programma” poetico che intende agganciare un’idea di cultura già presente nella memoria storica con il suo bagaglio di simboli e significati. Nel nostro, il classico è uno strumento linguistico-formale, al contrario dello sperimentalismo delle avanguardie. Si è infatti talvolta paragonata la struttura ritmica degli Ossi di seppia a quella delle Myricae di Pascoli.
La semplice classicità di Montale è arricchita dall’uso della musicalità della lingua: rime, assonanze e consonanze, nonché l’uso raffinato della sintassi poetica, e altri effetti sonori.

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