LUDIVICO ARIOSTO VITA E OPERE RIASSUNTO

LUDIVICO ARIOSTO VITA E OPERE RIASSUNTO

LA VITA


Ludovico Ariosto nacque a Reggio Emilia l’8 settembre 1474 da una famiglia di nobili origini. Suo padre Niccolò era al servizio del duca d’Este che nel 1484 gli concesse vari incarichi amministrativi nella città di Ferrara. Fu proprio a Ferrara che Ariosto iniziò gli studi di diritto per volere del padre, che quasi subito abbandonò per intraprendere la sua formazione letteraria ed umanistica,cominciando anche a scrivere delle liriche in latino. Nel 1500, in seguito alla scomparsa del padre, Ariosto dovette occuparsi del mantenimento
economico della sua famiglia; fu per questo motivo che accettò diversi incarichi amministrativi. Nel 1503 si mise ala servizio del cardinale Ippolito che gli affidò diversi incarichi, dai più importanti ai più disdicevoli.
Per avere una vita economica indipendente assunse la carica di chierico, prendendo gli ordini minori, ed iniziò a scrivere delle commedie per gli spettacoli di corte.
Gli furono affidati diversi incarichi diplomatici che misero in pericolo anche la sua stessa vita, in particolare quando si diresse a Roma dal pontefice. Fu in questo periodo che Ariosto iniziò a stringere rapporti di amicizia con la famiglia dei Medici, ed in particolare con il cardinale Giovanni, che qualche anno dopo divenne Papa. Ariosto, visti buoni rapporti, pensò che il nuovo Papa lo assumesse nella sua corte ma le sue aspettative furono presto deluse.

Nel 1515 intraprese un forte legame con Alessandra Benucci che sposò in segreto diversi anni dopo in quanto possedeva ancora la carica di chierico.
In seguito alla delusione papale, Ariosto rifiutò di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria; passò per questo ai servizi del duca Alfonso. Quest’ultimo gli affidò la carica di governatore di una regione appenninica molto inospitale e piena di banditi, la Garfagnana, per cercare di ristabilire
l’ordine. Terminato il suo compito ritornò a Ferrara dove, per rimarcare la sua autonomia, si sistemò in una casa di sua proprietà, a Mirasole, continuando a lavorare scrivendo diverse opere. Morì, a causa di una complicazione polmonare, nel 1533.
Ariosto è stato un letterato amante della vita sedentaria, dotato di grande saggezza, soprattutto nel campo politico, e desideroso di una vita serena atta alla difesa della sua autonomia umana letteraria.


Le opere minori

Le liriche latine e le rime volgari
Le opere liriche che Ariosto scrisse in latino sono quelle risalenti alla sua giovinezza. La sua produzione latina comprende 67 componimenti nei quali sono rintracciabili sia degli spunti presi dai “classici”, come Orazio, Virgilio e Ovidio, sia degli spunti personali nei quali il poeta inserisce dei vocaboli più attinenti al reale.
La produzione lirica in volgare è composta da: 5 canzoni; 41 sonetti e da alcuni
componimenti d’occasione. La maggior parte delle poesie scritte in volgare ruotano attorno ad un tema amoroso, che vede come protagonista Alessandra Benucci.
Le sue poesie, a differenze di quelle “perfette” e “selezionate” composte da Petrarca,
presentano dei tratti che si rifanno ai classi latini anche senza che il poeta effettui alcune
operazione di selezione. La sua produzione lirica in volgare comprende anche 27 capitoli, cioè dei componimenti in terzine dantesche che trattavano temi politici e morali.
 
Le Commedie
 
Essendo al servizio di una corte, Ariosto si occupò in prima persona dell’allestimento di
diversi spettacoli. In un primo tempo utilizzò degli spettacoli latini, traducendoli soltanto;
successivamente iniziò a comporre di sana pianta opere teatrali in volgare.
Pur componendo da se le opere, Ariosto fece sempre riferimento ai classici, in particolare Plauto. Difatti le sue prime opere avevano al centro della vicenda il conflitto tra giovani vecchi, che cercavano di ostacolare i giovani per non consentirgli di raggiungere i loro obiettivi. Ariosto inizialmente scrisse le sue opere in prosa. A questo periodo sono riconducibili:
1) “La cassaria”
È una commedia ambientata in una città greca. In essa hanno un ruolo molto
importante i servi che, con innumerevoli atti di astuzia, cercano di aiutare protagonisti. L’opera è intitolata in questo modo per via della cassa che è al centro della vicenda.
2) “I suppositi” (“Gli scambiati”)
È una commedia ambientata nella città di Ferrara. La vicenda è caratterizzata da
diversi scambi di identità che creano innumerevoli equivoci.
Dopo queste commedie Ariosto non ne compose più per una decina di anni. Quando riprese,
abbandonò la prosa in favore del verso endecasillabo sciolto sdrucciolo. A questo periodo
risalgono:
1) “Il negromante”
È una commedia che ruota intorno alla figura di un mago imbroglione;
2) “La lena”
È una commedia nella quale risaltano dei precisi riferimenti alla realtà della città di
Ferrara ed agli interessi economici di ciascun individuo.
L’ultima commedia scritta da Ariosto, che tuttavia non riuscì mai a completare, fu “Gli
Studenti”, ambientata nel mondo universitario. Questa commedia fu completata, in un
periodo successivo, in due diversi modi: la prima dal fratello Gabriele che gli diede il nome “L’imperfetta”; la seconda dal figlio Virginio che gli diede il nome di “La scolastica”.
 

Le satire

La satire è un componimento nel quale l’autore tratta diversi argomenti senza seguire unpreciso ordine cronologico. Le satire scritte da Ariosto sono molto simili a lettre indirizzare a parenti ed amici. I temi centrali delle satire scritte da Ariosto sono:

1) la condizione dell’intellettuale cortigiano;
2) l’autonomia dell’intellettuale.
 
Il poeta scrisse queste opere con un atteggiamento quasi ironico. Il tono è molto colloquiale
così come lo stile ed il ritmo del verso. Le satire scritte da Ariosto, che si rifanno tutte al modello di Orazio, sono sette:

Satira I: è indirizzata al fratello Alessandro; in essa Ariosto spiega le motivazioni che
lo hanno spinto a non seguire il cardinale Ippolito in Ungheria rimarcando
l’incompatibilità tra un letterato e gli incarichi pratici da cortigiano;
Satira II: è indirizzata al fratello Galasso e consiste in una critica polemica alla corte papale;
Satira III: è indirizzata al cugino Annibale Malaguzzi; in essa descrive la sua condizione
al servizio del duca Alfonso rimarcando la sua autonomia;
Satira IV: è indirizzata a Sigismondo Malaguzzi; in essa descrive le difficoltà incontrate
nel ruolo di governatore della Garfagnana;
Satira V: è indirizzata al cugino Annibale Malaguzzi; in essa Ariosto fornisce una serie
di consigli atti a trovare una moglie giusta;
Satira VI: è indirizzata a Pietro Bembo al quale Ariosto chiede dei consigli su come
educare suo figlio Virginio;
Satira VII: è indirizzata a Bonaventura Pistofilo; in essa il poeta motiva il suo rifiuto di
andare a Roma come ambasciatore.

Le lettere

Le lettere scritte da Ariosto che ci sono giunte sono 214. Le sue lettere sono nettamente
diverse da quelle di Petrarca poiché non sono opere letterarie ma lettere private, autentiche.

“L’Orlando furioso”

Intorno al 1505 Ariosto iniziò a comporre un poema cavalleresco rifacendosi all’opera che aveva reso celebre il Boiardo: L’Orlando innamorato ”. Ariosto riprese l’opera ampliandone le vicende.
La prima redazione e la seconda
Ariosto ultimò la sua opera nel 1515. Era composta da 40 canti. Appena terminatala il poeta la riprese per correggere alcuni errori tuttavia senza modificarla in maniera evidente.
La terza redazione
Insoddisfatto della sua revisione, Ariosto rivide la sua opera una seconda volta. In
quest’occasione egli rivoluzionò il registro linguistico: passò da una lingua cortigiana ad una lingua basata sui canoni fissati dal Bembo. Oltre alla lingua, il poeta estese la sua opera; inserì altre vicende la maggior parte delle quali avevano dei precisi riferimenti alla realtà buia in cui versava l’Italia del tempo. Attraverso questi riferimenti il poeta esprime la sua visione della società: l’uomo è in balia totale della fortuna.
La materia ed il pubblico dell’opera
Nell’opera Ariosto è riuscito a mixare saggiamente sia i romanzi del genere cavalleresco che i romanzi del genere cortese. Difatti il protagonista, il paladini Orlando, cedette all’amore per una danna tanto da perdere il senno.
Oltre a questi due filoni narrativi sono presenti dei passaggi che si rifanno alla letteratura
classica.  L’opera scritta da Ariosto è destinata all’intrattenimento di una corte e non solo della corte nella quale risiedeva ma bensì a tutte le corti di Italia. Secondo il poeta, che in questo modo esprime il suo nazionalismo, tutto ciò è possibile grazie alla stampa.
 
L’organizzazione dell’intreccio
Nell’opera si intrecciano le vicende di diversi eroi ed Ariosto, per non far concentrare
l’attenzione del lettore su un singolo personaggio, utilizza quella tecnica, già utilizzata dal
Boiardo, che consiste nell’interrompere improvvisamente una vicenda per passare ad
un’altra. Nell’opera le vicende avanzano in maniera parallela. La tecnica che fa intrecciare tra loro le vicende è chiamata entrelacement.
All’inizio di ogni canto, quasi sempre, sono presenti delle considerazioni sulla morale
dell’uomo da parte dell’autore stesso. L’opera è caratterizzata da tre vicende principali, tutte specificate nel Proemio, che sono:

 
1) la guerra tra Agramante e Carlo Magno, guerra cioè tra gli arabi ed i cristiani;
2) la continua ricerca effettuata da Orlando di Angelica, che si concluderà con il
matrimonio tra la donna e Medoro e la perdita del senno, recuperato poi grazie ad Astolfo, di Orlando;
3) la continua ricerca da parte di Bradamante di Ruggiero, che si concluderà con il matrimonio tra i due da cui avrà origine il casato degli Esti.

 

Il motivo dell’ “inchiesta”

Al centro del poema di Ariosto vi è il motivo dell’ “inchiesta” cioè quell’incessante ricerca
di qualcosa. Nei romanzi cavallereschi medioevali l’inchiesta consisteva nella ricerca di
segni religiosi come il Santo Graal; nel poema di Ariosto invece, fulcro della ricerca è una cosa vana. Nella maggior parte dei casi la ricerca delude le attese di chi la effettua.
Nell’opera sia nella vicenda di Orlando che in quella di Bradamante l’inchiesta ha un ruolo importantissimo. Nei due filoni principali l’inchiesta ritorna sempre su se stessa rimarcando la sua ossessività.

Lo spazio del poema

Lo spazio in cui si svolgono le vicende del poema è molto vasto. È totalmente orizzontale, cioè tutto basato sulle cose terrene, ed è proprio per questo motivo che l’opera di Ariosto si differenzia dalla “Commedia” di Dante, che è invece verticale, nella quale è presente una distinzione tra le cose del cielo e quelle della terra.
Lo spazio utilizzato da Ariosto sta a rimarcare la profonda laicità della società
rinascimentale. Oltre ad essere orizzontale, lo spazio nell’opera è circolare, labirintico, cioè offre ai personaggi diverse vie percorribili facendo risultare quasi impossibile il raggiungimento del motivo dell’inchiesta.
È anche frustante poiché l’uomo è in balia della fortuna e non più della volontà divina.
L’autore considera questo spazio come una selva intricata.
Il tempo del poema
Anche il tempo, come lo spazio, è labirintico cioè più vicende, svolte anche
contemporaneamente, sono narrate in momenti diversi facendo si che il tempo risulti
aggrovigliato.
 

  La struttura narrativa e la visione del mondo

 
La narrazione è contorta ma tuttavia l’immagine che l’autore non è caotica anzi, grazie alla tecnica dell’entrelacement, tutto sembra essere messo in quel posto di proposito.
Le tante vicende presenti nell’opera sono composte attraverso delle simmetrie, o per
analogia o per contrasto, sia per quanto riguarda le inchieste sia per quanto riguarda i
percorsi di vita (le condizioni sociali).
Le vicende principali arrivano tutte ad una conclusione.
 

La materia cavalleresca e l’ironia

Per Ariosto, a differenza di Boiardo, la cavalleria è un mondo staccato dal suo presente mache piacere se vi si immedesima con l’immaginazione.Tuttavia l’ “Orlando furioso” non è un’opera fantastica; è alla base per una riflessionefilosofica sui temi del Rinascimento. L’opera si può quindi considerare un romanzo cavalleresco contemporaneo. 

Per Ariosto l’immedesimazione nel romanzo cavalleresco non deve essere totale. Per ovviare all’immedesimazione totale utilizza il procedimento dello stranimento, cioè nel cambio improvviso della prospettiva dei fatti narrati. Questo procedimento può essere effettuato attraverso vari metodi:

1) l’inserimento di commenti da parte del narratore;
2) la limitazione dell’onniscienza del narratore;
3) l’abbassamento della dignità degli eroi.
Tutti questi metodi vanno a rimarcare l’ironia di Ariosto; ironia che deve essere vista come un distacco dalla realtà.

La lingua e la metrica

 
Un altro elemento attraverso il quale il poeta un’immagine equilibrata dell’opera è la
lingua. Essa si rifà all’unilinguismo di Petrarca anche se è più aperta. In essa non vi sono dei vocaboli che prevalgono sugli altri.
Il verso utilizzato da Ariosto è l’ottava, cioè un verso fluido che non è troppo monotono
troppo vivace.
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