LUDOVICO ARIOSTO PENSIERO

LUDOVICO ARIOSTO PENSIERO


-Ludovico Ariosto rappresenta una delle figure di maggior spicco della letteratura
italiana di tutti i tempi e il suo pensiero presenta dei tratti di modernità difficilmente
riscontrabili in un altro scrittore della sua epoca. Inoltre è uno degli autori italiani più
studiati all’estero, insieme ovviamente a Dante, Petrarca e Boccaccio.
A testimonianza di questo basterebbe enumerare la quantità enorme di siti stranieri a
lui dedicati.
Ariosto rappresenta la tipica figura di intellettuale cortigiano del Rinascimento, come
Castiglione, Bembo e molti altri letterati dell’epoca. La personalità di Ariosto è però
complessa ed inoltre nutre nei confronti dell’ambiente in cui vive e lavora sentimenti
di malcelato rifiuto e scaglia contro di esso una sottile polemica.
Ariosto trae gli elementi essenziali delle sue opere dalla quotidianità e leggendo le
sue opere ci si può facilmente accorgere di come non cerchi scampo dalla vita di tutti
i giorni rifugiandosi in un universo di letteratura immaginaria e fantastica, ma di
come egli continuamente rielabori le sue esperienze personali. Nelle Satire, per
esempio, analizza la vita di corte e nel contempo la sua posizione, rivendicando la
propria libertà di intellettuale e mettendosi a nudo nel proprio intimo. Ampi stralci di
tali opere sono dedicati infatti ad Alessandra Benucci, sua compagna di vita. La realtà
quotidiana fornisce ad Ariosto il substrato fondante anche del suo capolavoro,
l’Orlando Furioso, la cui materia fondamentale non è costituita dalla
rappresentazione di certe istituzioni cavalleresche, come per lungo tempo si è creduto,
ma dalla concezione moderna che il poeta ha nei confronti dell’uomo e della vita.
Analizzato sotto questo punto di vista, il poema cavalleresco si trasforma in una sorta
di grande romanzo moderno, che analizza sentimenti quali devozione, fedeltà,
tradimento e inganno. La presenza di questi elementi dona all’opera un tono di
realismo evidente in quella che è considerata la più grande opera fantastica della
letteratura italiana.


Il legame con Ferrara. Ludovico Ariosto nacque a Reggio Emilia nel 1474, primo di
dieci figli, da Niccolò e Daria Malaguzzi Valeri. All’età di dieci anni si trasferì con la
famiglia a Ferrara, dove il padre era stato nominato tesoriere generale delle truppe
(successivamente divenne capo dell’amministrazione comunale). Qui venne
indirizzato dal padre agli studi giuridici (dal 1489 al 1493) e solo dopo cinque anni
ebbe il permesso di volgersi ai prediletti studi letterari, in particolare alla lingua e
letteratura latina, sotto la guida del monaco agostiniano Gregorio da Spoleto.


Al servizio di Ippolito d’Este. Ben presto, però, Ariosto si troverà a dover conciliare
la naturale propensione letteraria con incombenze pratiche pressanti e faticose: la
morte del padre, infatti, lo costrinse a dedicarsi alla cura del patrimonio familiare,
piuttosto dissestato, e al sostentamento dei numerosi fratelli. E per questo, dopo aver
assunto, come stipendiato di corte, un primo modesto incarico, nel 1502 Ariosto
accettò il capitanato della rocca di Canossa. Infine, l’anno successivo, entrò al
servizio del cardinale Ippolito d’Este, figlio del duca Ercole I. Lo stesso anno prese
gli ordini minori, che gli valsero alcuni benefici ecclesiastici.
L’attività diplomatica. Negli anni 1506-1515 si intensificarono le sue responsabilità
di funzionario di corte, caratterizzate da un’intensa attività diplomatica a cui si
accompagnò un’altrettanto intensa produzione letteraria: intorno al 1506, Ariosto
avviò la stesura dell’Orlando furioso , e nel gennaio 1507, a Mantova, raccontò la
trama del poema a Isabella d’Este Gonzaga. Da allora in poi egli si dedicherà
costantemente al poema, delineando, come ha notato il critico Lanfranco Caretti,
«una carriera artistica con un solo libro al centro, impostato ed elaborato, corretto e
ricorretto senza soste per trent’anni, non abbandonato definitivamente neppure sulle
soglie della morte».


La relazione con Alessandra Benucci Strozzi. Nello stesso periodo lo troviamo
impegnato nell’attività teatrale di corte con la composizione e la messa in scena di
due commedie in prosa: la Cassaria e I Suppositi. Dopo l’elezione di Leone X
(Giovanni de’ Medici), legato al poeta e alla corte ferrarese da rapporti amichevoli,
Ariosto si recò a Roma, nel 1513, con Alfonso e Ippolito, per rendere omaggio al
nuovo pontefice e con la speranza, andata presto delusa, di ottenere una importante
carica ecclesiastica, forse vescovile. Nel giugno dello stesso anno, nel corso di un
soggiorno a Firenze, dichiarò il suo amore ad Alessandra Benucci Strozzi, già più
volte incontrata e ammirata a Ferrara, e diede inizio a una relazione sentimentale che
durò per tutta la vita. La donna, dopo la morte del marito nel 1515, si trasferì a
Ferrara, ma il poeta la sposò solo nel 1527, in segreto, affinché potessero mantenere
lui i benefici ecclesiastici e lei la tutela delle figlie e la rendita dei beni del marito.


Alle dipendenze del duca Alfonso. Nel 1516 Ariosto pubblicò la prima edizione del
Furioso in quaranta canti. L’anno successivo si rifiutò di seguire in Ungheria il
cardinale Ippolito, nominato vescovo di Agria, per non trascurare gli studi e per non
troncare i legami d’affetto con Alessandra e i familiari. A questi anni risale la
composizione delle Satire (1517-1525), una sorta di «autobiografia morale» del
poeta. Nel 1518 Ariosto passò alle dipendenze del duca Alfonso e riprese la sua
attività di commediografo con la commedia in versi intitolata I Studenti (rimasta
incompiuta) e, nel 1520, con Il Negromante. L’anno dopo pubblicò la seconda
edizione del Furioso, anch’essa in quaranta canti, con lievi correzioni linguistiche e
stilistiche.

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