La tempesta e l’approdo sulle coste della Libia 81-221

La tempesta e l’approdo sulle coste della Libia 81-221

La tempesta e l’approdo sulle coste della Libia 81-221


I venti scatenano una violenta tempesta che disperde le navi e le spinge verso la costa africana. Alcune navi sono in balia dei marosi e rischiano di affondare, altre urtano contro le scogliere, altre s’incagliano sui bassi fondali, una nave cola a picco. Nettuno però si accorge della tempesta e , indignato contro chi si è intromesso nel suo regno, impone ai venti di tornare nella loro dimora. Poi, correndo sull’ampia distesa del mare, riporta la calma. I superstiti trovano rifugio in un’insenatura dalle pareti a strapiombo, protetta da un’isoletta. Riescono ad approdare in questo porto naturale sette navi. I Troiani sbarcano e accendono un fuoco per asciugare il frumento bagnato. Frattanto Enea sale su un promontorio e guarda verso la distesa del mare alla ricerca di navi superstiti. Di lì vede invece un branco di cervi e ne uccide alcuni procurando così il cibo per tutti. Dopo che i naufraghi si sono sfamati, Enea, reprimendo l’angoscia e la preoccupazione per i compagni dispersi, conforta i superstiti, ricorda che insieme hanno affrontato situazioni ben più gravi e che ora più che mai dovranno mostrarsi coraggiosi: la meta è il Lazio dove finalmente potranno trovare una nuova patria.

[vv.223-253]

Tornata la calma sul mare per opera di Nettuno, la scena si sposta in cielo, dove Venere, la madre di Enea, si lamenta con Giove delle continue prove che il figlio è costretto ad affrontare, in contrasto con la gloriosa sorte promessa a lui e ai suoi discendenti

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