INFERNO CANTO II RIASSUNTO

INFERNO CANTO II RIASSUNTO

I primi nove versi del canto contengono la protasi della prima cantica, cioè la dichiarazione dell’argomento, cui segue l’invocazione alle Muse perché aiutino Dante nella difficile impresa poetica. Tradizione era l’invocazione alle Muse, ma eccezionale il caso d’un poeta che invochi accanto a esse il suo stesso ingegno chiamandolo “alto” e la sua “mente” cioè la sua memoria aggiungendo che “non erra” e che avrà ora modo di mostrare la sua “nobilitate”. Ciò non è una vanteria: l’argomento è così alto, la missione così difficile che Dio doveva dare all’uomo scelto come suo tramite doti eccezionali e questi ne ha coscienza. Il lettore sappia subito che il messaggio che leggerà viene direttamente da Dio.
Sulla singolarità della sua missione il poeta aveva insistito nella prima terzina: è il tramonto, tutti gli esseri riposano, lui solo in tutto il mondo si accinge alla dura battaglia.
La protasi costituisce dunque una parentesi nella narrazione. Questa, dal primo canto, continua oltre la parentesi nel secondo. Il discorso del primo canto ha nel secondo il suo necessario sviluppo. Fatto il proponimento di seguire Virgilio, iniziato il cammino, il pellegrino esita. Si affaccia un tema principe dell’opera: l’uomo, per essere veramente tale, per distinguersi dei bruti, deve mirare costantemente alla sua elevazione morale e intellettuale, ma deve essere conscio che può avanzare solo fino a quel punto che Dio ha segnato se non vuole cadere nel peccato di Lucifero e di Adamo. Nel secondo canto si pone alle fondamenta di tutto l’edificio del poema il contrasto tra slancio umano e remora religiosa. Dante nel suo impulso magnanimo si era subito mosso dietro Virgilio, ma poi il dubbio lo assale e Virgilio rimprovera poiché egli sa quale sia la profonda ragione religiosa della “viltà” e si affretta a dirgli che Dio gli consente di trapassare il segno: tre donne celesti (Maria, Lucia, Beatrice) glielo hanno ottenuto e Virgilio é il loro mandatario. Affidandosi a lui, Dante non si affida solo alla ragione umana che potrebbe anche essere “folle”, ma alla ragione mossa dalla grazia.
Nel corso del racconto, descrivendo molte volte la meraviglia delle anime per la sua presenza da vivo del regno dei morti, Dante insiste proprio sul fatto che è la grazia divina a volere il suo viaggio, ad autorizzare il suo ardimento. Il secondo canto lega strettamente il poema alle rime giovanili della Vita Nuova. Colei che lascia il suo scanno in Paradiso per scendere nel Limbo e persuadere Virgilio al soccorso di Dante è la Beatrice esaltata in quegli scritti, ciò che la fa muovere è l’amore.
Si è detto che nel primo canto Dante Virgilio erano segni intellettuali e non ancora veri e propri personaggi e che Beatrice qui é anch’essa sfumata, ma per un’altra ragione: ella è infatti tuffata in pieno nel clima di un’esperienza poetica giovanile, quella stilnovistica, che trascende la biografia. Già i primi versi avevano dato al canto un avvio in questa direzione; poi i motivi stilnovistici infittiscono e Virgilio descrive Beatrice e le parla come gli stilnovisti avevano descritto le loro donne e si erano ad esse rivolti. Beatrice persuade Virgilio con l’ausilio della sua bellezza terrena e ultraterrena insieme, con cui aveva mosso al bene Dante. Questa immagine preannuncia una grandiosa figurazione di Beatrice nel Paradiso terrestre e in tutto Paradiso. Beatrice è spinta da un amore stilnovistico che tende a spogliarsi dalla “passione”, a divenire puro slancio dell’anima verso il bene cioè amore-virtù. Beatrice nel poema impersona sia la teologia ma anche questo Amore che spinge a conquistare la propria superiore umanità.
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1-9: Sta scendendo la sera e mentre l’oscurità dell’aria porta quiete riposo tutti gli esseri sulla terra, solo Dante si accinge alla grande impresa: nella fatica materiale e nella “pietà” spirituali che il viaggio comporta è indicata la materia della cantica. Dante invoca perciò le Muse e l’aiuto del suo ingegno: così la sua memoria potrà dar prova della propria capacità.

10-42: Dopo l’invocazione, la narrazione riprende. Dante, preoccupato, si rivolge a Virgilio dicendogli: “Enea, secondo il tuo racconto, scese ancora vivo nell’Averno; ma se Dio gli concesse questa grazia eccezionale pensando agli effetti che dovevano derivare da lui, il suo viaggio è più che giustificato. Nell’oltretomba andò pure San Paolo ma anche tale evento é giustificato dall’esigenza di portare argomenti alla fede, principio di salvezza. Io non sono né Enea né Paolo e ritengo che le mie forze non siano adeguate a tanta impresa”.

43-75: Alle parole di Dante, piene di sconforto e di dubbio, Virgilio risponde rimproverandolo per questa viltà che allontana spesso l’uomo dal ben operare. Per toglierli ogni dubbio, gli narra come, mentre si trovava nel Limbo, si sia presentata a lui una donna dagli occhi luminosi e belli invitandolo con soavi parole ad accorrere in aiuto di Dante dichiarando di essere Beatrice e di essere scesa dal cielo spinta da Amore.

76-126: Virgilio chiede a Beatrice come, beata, non tema di scindere nell’Inferno. Ella spiega allora che, fatta da Dio in modo tale da non essere toccata dalla miseria di quel luogo, è scesa, su invito di Santa Lucia, a sua volta sollecitata dalla Madonna che ha provato compassione della misera condizione di Dante. Con uno sguardo pieno di lacrime, conclude la sua richiesta e Virgilio dichiara di essersi subito accinto al compito affidatogli. Invita perciò Dante a riprendere coraggio, visto che tre donne benedette lo proteggono dal cielo.

127-142: Come i fiori, chiusi durante la notte, riprendono vigore con i primi raggi del sole, così Dante si rinfranca alle parole di Virgilio rivolge un ringraziamento a Beatrice per la sua bontà e a Virgilio per la pronta ubbidienza a lei. Si dichiara forte e pronto al viaggio. I due poeti riprendono il cammino.

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