INFARTO DEL MIOCARDIO

INFARTO DEL MIOCARDIO

INFARTO DEL MIOCARDIO


È una condizione clinica in cui si verifica uno squilibrio acuto tra le richieste di sangue del miocardio (muscolo cardiaco) e la capacità delle coronarie (vasi che conducono il sangue per la nutrizione del cuore) di assicurare tale apporto.

INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO:

È la conseguenza di uno sbilanciamento critico tra le necessitò del miocardio e l’apporto di ossigeno che vi giunge con il flusso sanguigno delle arterie coronariche.

L’infarto miocardico è quindi la conseguenza dell’occlusione di un’arteria coronarica.

La conseguenza di questa occlusione è lo sviluppo di alterazioni irreversibili (necrosi) del tessuto miocardico, che diventa elettricamente e meccanicamente inerte e viene sostituito da tessuto di cicatrizzazione fibroso.

Tra i 40 e i 70 anni l’infarto miocardico colpisce in misura maggiore il sesso maschile, mentre oltre i 70 anni non vi sono più differenze di sesso.

La malattia compare più frequentemente sopra i 45 anni, tuttavia alcuni gruppi particolari di popolazione (consumatori di cocaina, pazienti con diabete mellito o ipercolesterolemici, predisposizione genetica) possono essere colpiti anche in età giovanile.

Caratteristiche del dolore toracico cardiaco:

–          sede: retrosternale, stomaco

–          irradiazione: gola, mandibola, spalla sx, braccio sx, mano sx

–          accompagnato da: sudorazione profusa, nausea, vomito, angoscia, agitazione.

Cosa fare?

–          tranquillizzare il pz

–          fargli assumere la posizione semiseduta, con gli arti inferiori declivi

–          allentare eventuali indumenti stretti sul torace

–          se al chiuso, aerare adeguatamente l’ambiente

–          nel pz incosciente, valutazioni BLS.

Fare attenzione: l’infarto può evolvere nell’arresto cardiaco.

L’infarto miocardico si verifica per lo più in condizioni di riposo o durante il sonno e solo in un piccolo numero di casi durante sforzi pesanti e si manifesta più frequentemente nelle ore mattutine.

Può essere presente storia di angina pectoris, ma l’infarto è spesso la prima manifestazione della cardiopatia ischemica.

Il quadro iniziale è dominato dal dolore toracico. Questo è simile al dolore anginoso sia per caratteristiche che per irradiazionie se pure di intensità maggiore, di più lunga durata e che non si risolve completamente con il riposo.

DIAGNOSTICA IMA:

–          anamnesi

–          identificazione dei sintomi

–          ECG

–          Esami di laboratorio:

§  Concentrazione plasmatici degli enzimi cardiaci (CK-MB, LDH, troponina I, mioglobina)

§  Esami ematichimici: profilo lipidico, LDL-HDL, colesterolo, trigliceridi, elettroliti sierici, azotemia, glicemia, prove di coagulazione)

–          Radiografia e fluoroscopia del torace

–          Telemetria (monitoraggio elettrocardiografico continuo e in rete)

–          Monitoraggio continuo con Holter

–          E<ocardiografia

–          Ecocardiografia transesofagea

–          Scintigrafia

–          SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di singoli fotoni)

Il principale obiettivo per il trattamento dell’IMA è l’identificazione rapida dei pz candidati alla riapertura dell’arteria coronaria (riperfusione).

La riperfusione si può ottenere attraverso l’uso di sostanze che provocano la dissoluzione del trombo (farmaci trombolitici come streptokinasi e più frequentemente l’rt-PA) o meccanicamente attraverso la riapertura del vaso con l’angioplastica transluminale coronarica per cutanea mediante catetere a palloncino posizionato nell’arteria chiusa (angioplastica coronarica).

La riapertura dell’arteria chiusa dev’essere effettuata in tempo, in modo da limitare i danni provocati dalla mancanza di apporto di ossigeno al muscolo cardiaco.

Il muscolo cardiaco è in grado di sopravvivere in mancanza di apporto di ossigeno circa 4 ore (4-6 ore). Superato questo intervallo se non si ristabilisce l’apporto di ossigeno i danni al muscolo cardiaco diventano irreversibili.

ANGIOPLASTICA CORONARICA

L’angioplastica coronarica transluminale per cutanea (PTCA) è una metodica che consente, senza un vero e proprio intervento chirurgico, di dilatare le arterie che diffondono il sangue alle strutture cardiache (arterie coronariche) nel caso che queste arterie siano totalmente o parzialmente occluse dalle placche aterosclerotiche.

Applicazione dello stent coronarico:

È possibile applicare nel lume del vaso un particolare supporto metallico denominato “stent” che consente di ridurre la probabilità di riocclusione dell’arteria coronaria che può verificarsi in circa il 35% dei casi senza la sua applicazione.

Uno stent è una piccola struttura di metallo, una specie di “retina cilindrica” montata su un catetere a palloncino che viene usato per l’inserimento-

Quando si trova nell’area ristretta dell’arteria, il palloncino viene gonfiato e lo stent espanso fino a quando non si adatta alla parete interna del vaso conformandosi ai contorni secondo necessità.

Il catetere a palloncino viene sgonfiato e rimosso dall’arteria e lo stent resta permanentemente in posizione.

Intervento chirurgico con bypass:

Nel caso di patologia delle arterie coronarie, oltre all’intervento di angioplastica coronarica è possibile creare nuovi canali, una nuova strada per il trasporto di sangue attorno alle aree bloccate delle arterie coronarie mediante l’intervento di bypass coronarico.

Durante l’anestesia generale, il chirurgo prende una parte di un piccolo vaso sanguigno dalla gamba o dal petto per utilizzarlo come nuova “arteria bypass” dall’aorta all’altra estremità dell’arteria coronarica oltre l’area ristretta.

Il sangue dall’aorta quindi defluisce attraverso il nuovo vaso al muscolo cardiaco, bypassando o evitando il blocco nell’arteria coronarica.

Terapia farmacologia:

–          Trombolitici

§  Streptochinasi

§  Attivatore tissutale di plasminogeno

–          Analgesici

–          ACE-inibitori

Diagnosi inf.che e problemi collaborativi:

–          ridotta perfusione miocardica

–          potenziale impedimento degli scambi gassosi

–          potenziale alterazione perfusione dei tessuti

–          ansia legata alla paura di morire

–          mancanza di informazione sui vari aspetti dell’autoassistenza post-dimissione.

Potenziali complicanze:

–          edema polmonare acuto

–          insufficienza cardiaca congestizia

–          shock cardiogeno

–          effusione pericardica e tamponamento cardiaco

–          rottura del miocardio

–          aritmie e arresto cardiaco

Interventi infermieristici:

–          alleviamento del dolore toracico

–          miglioramento della funzione respiratoria

–          adeguata perfusione dei tessuti

–          riduzione dell’ansia

–          monitoraggio e trattamento di potenziali complicanze

–          promozione dell’assistenza domiciliare e di comunità

Riabilitazione cardiaca: prolungamento e miglioramento della qualità di vita.

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