IL RACCONTO DI PENELOPE Odissea XIX vv 137-156

IL RACCONTO DI PENELOPE Odissea XIX vv 137-156


Quelli affettano le nozze, ma io inganni.
Un manto prima mi ispirò di tessere in cuore
un dio, quando nelle stanze ebbi ordito una gran tela:
sottile, smisurato; e a loro dicevo:
“Giovani miei pretendenti, se morto è Odisseo glorioso,
aspettate, per quanto impazienti delle mie nozze, che questo manto
io finisca né mi si perdano al vento le fila,
lenzuolo di morte per il nobile Laerte, il giorno in cui Moira
crudele lo colga con una morte dolorosa:
che nessuna tra il popolo delle Achee mi rimproveri,
quando senza lenzuolo giacesse chi molto meritò”.
Così dicevo e fu convinto il cuore loro superbo.
Allora di giorno tessevo la gran tela,
ma di notte la disfacevo, seduta accanto alle fiaccole.
Così per tre anni mi tenni nascosta e convincevo gli Achei.
Ma quando arrivò il quarto anno e le stagioni tornarono,
mentre si consumavano i mesi e innumerevoli giorni si erano compiuti,
allora, invero, a causa delle mie schiave, cagne senza rispetto,
mi sorpresero giungendo e mi gridarono rimproveri.
Così lo finii, pur non volendo, costretta.

(Odissea, XIX, vv. 137-156)

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