Gabriele D’Annunzio (1863-1938)

Gabriele D’Annunzio (1863-1938)

Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da una famiglia borghese, sebbene di umili origini. Spedito a Prato, prsso il prestigioso collegio Cicognini per imparare l’italiano, rivelò ben presto la sua passione per la letteratura e un desiderio di primeggiare sui compagni. Già nel 1879 pubblicò a spese del padre la raccolta Primo vere, di stampo carducciano, e si mise a collaborare con alcuni giornali. Ma il vero salto sociale egli poté compierlo nel 1881, quando si trasferì a Roma per studiare Lettere, senza mai laurearsi. Preferì infatti immergersi nella vita giornalistica ma soprattutto mondana della capitale, collaborò con periodici prestigiosi con testi narrativi ma anche di cronaca mondana e in breve divenne noto nella società romana per le sue avventure calanti e per i suoi atteggiamenti originali e plateali. Costruì su di sé il mito di una vita vissuta all’insegna della avventura e della bellezza, di una vita intesa come opera d’arte. Nel 1882 pubblicò con successo Canto Novo e Terra vergine e sposò – contro la famiglia di lei – la duchessina Maria Hardouin di Gallese, da cui ebbe tre figli. Al culmine dell’esperienza romana si colloca la pubblicazione de Il Piacere (1889). Negli stessi anni, il poeta prestò servizio militare in condizioni privilegiate e il suo tenore di vita lo portava ad indebitarsi sempre di più, al punto che egli fu costretto a fuggire da Roma e trasferirsi per due anni a Napoli, dove collaborò alla redazione de “Il Mattino” e intavolò una relazione con la principessa Maria Gravina Cruyllas, sposata con un ufficiale dell’esercito, da cui ebbe una figlia che gli causò una condanna per adulterio.

Trasferitosi prima in Abruzzo e poi in Grecia (1895), incontrò l’attrice Eleonora Duse, che avrebbe segnato indubbiamente la sua esistenza: le sue ambizioni, esaltate verso un ideale umano e artistico capace di trascendere la mediocrità, si nutrirono delle teorie di Nietzsche e del musicista Wagner. Pubblicò il romanzo Le vergini delle rocce e per il teatro, ispirato dalla Duse, la tragedia La città morta. Iniziò così un periodo di fervida attività di cui vale la pena ricordare almeno le Laudi (1903-12: trasfigurazione mitica del  viaggio in Grecia in cui l’”io” protagonista si presenta come eroe “ulisside”, proteso verso tutte le più multiformi esperienze, pronto a sprezzare ogni limite e divieto pur di raggiungere le sue mete. Il viaggio nell’Ellade è l’immersione in un passato mitico, alla ricerca di un vivere sublime, divino, all’insegna della forza e della bellezza. Dopo questa iniziazione il protagonista si reimmerge nella realtà moderna, nelle “città terribili”, le metropoli industriali orrende ma brulicanti di nuove, immense potenzialità vitali. Il mito classico vale a trasfigurare questo presente, riscattandolo dal suo squallore. Il passato modella su di sé il futuro da costruire. Per questo l’orrore della civiltà industriale si trasforma in nuova forza e bellezza, equivalente a quella dell’Ellade, ed i “mostri” del presente divengono luminose entità mitiche. Il poeta arriva così ad inneggiare ad aspetti tipici della modernità quali il capitale, la finanza internazionale, i capitani d’industria, le macchine, poiché esse racchiudono in sé possenti energie, che possono essere indirizzate a fini feroci ed imperiali. La sezione più importante è senza dubbio la terza, Alcyone, dedicata alla natura nella sua manifestazione più appariscente e solare, quella estiva, in cui la parola diventa musica e canto mentre il poeta celebra la propria completa fusione nel mondo naturale -> panismo) e del romanzo Il fuoco (1900).

L’impegno politico lo portò all’elezione, con l sostegno della Destra, a deputato del parlamento italiano. Il rapporto con la Gravina (da cui ebbe un secondo figlio) rendeva difficile la relazione con la Duse, per cui D’Annunzio, interrotta la sua vita familiare, si trasferì a Settignano (FI) nella villa detta La capponcina, dove visse come un signore rinascimentale circondandosi di domestici, di cavalli di razza e oggetti preziosi. Nel 1900 lasciò polemicamente la Destra per passare sui banchi della Sinistra che, in quel periodo, si opponeva in modo deciso al governo reazionario di Pelloux. Ripresentatosi alle elezioni nelle file della Sinistra non venne però rieletto. Tra avventure spericolate in aereo e in automobile, D’Annunzio completò nel 1910 il romanzo Forse che sì, forse che no, ma a causa dei debiti dovette fuggire in Francia, dove ebbe modo di distinguersi come uomo e come artista. Inviò nel frattempo al “Corriere della Sera” le prose delle Faville del maglio e per guadagnare scrisse sceneggiature cinematografiche (p.e. Cabiria).

Ritornato in Italia alla vigilia della prima guerra mondiale, grazie all’aiuto finanziario di compiacenti sostenitori, fu acceso nazionalista e interventista, il suo superomismo e il suo estetismo si consolidarono e attaccò dalle piazze la linea neutralista di Giolitti. Scoppiato il conflitto si arruolò e compì imprese eroiche per cielo e per mare (trasvolata su Vienna, beffa di Buccari). Perse l’occhio destro e durante la convalescenza scrisse le prose del Notturno. Nel critico dopoguerra D’Annunzio divenne un protagonista politico di rilievo: instaurò con un colpo di mano un governo nella città di Fiume, rivendicandola all’Italia contro il trattato di Versailles, ma dovette cedere di fronte all’arrivo dell’esercito regolare. Sebbene molto vicino ideologicamente al fascismo, che allora andava affermandosi, il D’Annunzio assunse atteggiamenti polemici in quanto nutriva forti riserve sul programma e sulla persona di Mussolini.

Preferì, estromesso dalla vita politica ufficiale, ritirarsi presso Gardone Riviera, in una villa sontuosa in cui raccolse ogni sorta di testimonianze delle glorie passate. Nominato principe di Montenevoso e sovvenzionato dal regime, morì nel 1938 e la sua casa-museo, lasciata in eredità allo Stato italiano, fu denominata “Il Vittoriale degli italiani”.

La personalità dannunziana è estremamente complessa: molto si è dibattuto sui suoi vari aspetti e volendo operare un’opportuna sintesi, possiamo ricondurla ad alcuni caratteri di stampo irrazionale e decadentistico, costituiti dall’egotismo, dal superomismo, dal sensualismo e l’estetismo individuabili dalla sua vicenda biografica.

D’Annunzio superomista-esteta: Convinto che l’amore per la bellezza assoluta e per la poesia trovassero corpo nella sua vita e nella sua interiorità, D’Annunzio – tra mille eccessi – credette sempre di creare il mondo partendo da sé stesso. Fin da giovane ebbe l’ambizione di vivere oltre gli schemi di una vita ordinaria, oscura e mediocre. Spunti supero mistici sono presenti già nei primi versi; la filosofia del superuomo attecchì pienamente in lui dopo la lettura delle opere di Nietzsche che ne aveva formulato la teoria. D’Annunzio non capì  fino in fondo la drammaticità e le conseguenze delle teorie del filosofo tedesco (che in seguito fornirono non pochi spunti al nazismo): egli intese soprattutto il superomismo con l’attuazione di una vita magnifica, in continua ascensione, basata sulla forza degli istinti, dell’orgoglio, della volontà individuale. Il personaggio di Claudio Cantelmo, protagonista del romanzo Le vergini delle rocce è l’incarnazione di questa interpretazione delle teorie niciane: egli auspica un ritorno allo stato autoritario romano o veneziano, gestito da pochi nobili depositari di antiche virtù quali l’ardore bellicoso, il culto della forza e della bellezza oltre ogni limite morale, l’affermazione del singolo oltre le leggi imposte dalla convivenza civile, l’assecondare gli istinti e le potenti forze della natura operanti all’interno del lato più animalesco dell’uomo. Per quanto riguarda l’estetismo, bisogna tener presente che la conquista di una superiore bellezza nell’arte fu un obiettivo dei grandi geni letterari europei e, in questo aspetto, D’Annunzio si ricollega ad essi. Per estetismo dannunziano si può intendere genericamente il culto dell’arte fine a sé stessa, con l’identificazione dell’artista con un sacerdote che celebri la bellezza nel suo stato più puro, esente da ogni implicazione morale. Il personaggio che meglio incarna questo ideale è Andrea Sperelli, protagonista del romanzo Il Piacere. Egli adora la bellezza in ogni sua forma e ne fa una ragione della propria vita, in cui tutto deve risolversi nell’arte. L’estetismo è presente in tutta l’opera dannunziana ma quando si fonde con il superomismo, la contemplazione si mescola all’azione: la bellezza viene perseguita anche nel gesto, nell’impresa, nell’avventura da mostrare al mondo intero. Il sensualismo è l’altra cifra della produzione letteraria e biografica dannunziana. Le donne che egli possedette furono considerate prevalentemente dal punto di vista erotico; poche conservano una dimensione spirituale. Visse questo aspetto della vita come godimento estremo, soddisfacimento delle pulsioni più recondite dell’uomo, senza segni di stanchezza o sazietà.

D’Annunzio “notturno”: in realtà D’Annunzio era molto turbato da tutte le sensazioni di morte e di dolore; questa vena, riscoperta negli ultimi anni della sua vita, portò alla stesura del Notturno. Il Notturno nasce in un momento particolare della vita dell’autore: ferito ad un occhio durante un’azione di volo nella prima guerra mondiale, dovette rimanere immobile a letto per salvare l’altro. Con gli occhi bendati, nel buio e nel silenzio cui fu costretto dai medici, egli si abbandonò ai ricordi, ai rimpianti, alla nostalgia e scrisse di suo pugno, sia pur faticosamente, le sue pagine più intime e raccolte. La prosa è scarna, rapida, essenziale, vicina al gusto impressionistico, dallo stile intenso e dai periodi molto brevi, in cui la paratassi (giustapposizione di periodi brevi o brevissimi) tradiva un’intensa meditazione prima della scrittura, al punto che il risultato fu un assottigliamento della barriera tra prosa e poesia (ogni cartiglio, striscia di carta su cui l’autore scriveva una singola riga, poteva essere paragonato al verso di una poesia).

D’Annunzio “importatore”: D’Annunzio scoprì l’importanza del rinnovamento del panorama culturale italiano e fece conoscere molti autori stranieri in Italia, tra cui i filosofi tedeschi Shopenhauer e Nietzsche e gli scrittori francesi Théophile Gautier, Guy de Maupassant, Max Nordau e soprattutto Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo À rebours costituì il manifesto europeo dell’estetismo In un senso più generale, le scelte di D’Annunzio furono condizionate da un utilitarismo che lo spinse non verso ciò che poteva rappresentare un modello di valore “alto”, ideale, assoluto, ma verso ciò che si prestava a un riuso immediato e spregiudicato, alla luce di quelli che erano i suoi obiettivi di successo economico e mondano.D’Annunzio non esitava a “saccheggiare” ciò che colpiva la sua immaginazione e che conteneva quegli elementi utili a soddisfare il gusto borghese ed elitario insieme del “suo pubblico”.

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