Battaglia del Lago Regillo 496 AC

Battaglia del Lago Regillo 496 AC

Battaglia del Lago Regillo 496 AC


La Battaglia del Lago Regillo è una delle prime leggendarie vittorie romane. Leggendaria perchè non si hanno riferimenti precisi (i documenti sembra siano stati perduti nell’incendio seguito all’invasione dei Galli di Brenno). Leggendaria perchè il risultato della battaglia inizialmente sfavorevole ai guerrieri dell’Urbe, si dice fosse deciso dall’apparizione dei mitologici Dioscuri: Castore e Polluce. 

Il Lago Regillo, un tempo sito nell’agro tuscolano e prosciugato nel V o inizio del IV secolo a.C. (oggigiorno la piana che lo ha sostituito ha il nome di “Prataporci”, o “Pantano Secco”), sembra aver preso il nome da un adiacente tempio di Giunone Regina. Il mito di Giunone era molto sentito tra le popolazioni del Lazio. Giunone era venerata sotto svariati attributi fra i quali Giunone Regina e Giunone Moneta. Il lago, formatosi nel cavo di un antico cratere vulcanico, si trova nei pressi di Frascati, vicino a Monte Porzio Catone, ad est di Roma. 

L’anno in cui si svolse la battaglia non è del tutto certo. In genere si situa nel 496 a.C. (anche se la cronologia di Varrone pone Aulo Postumio dittatore nel 499 a.C. con Tito Ebuzio console e magister equitum), ancor meno certi si è del giorno ma, dati i tempi, è logico supporre che si fosse in primavera/estate, momenti in cui in genere riprendevano le ostilità fra le varie popolazioni confinanti. 
Per prima cosa ricordiamo che i Romani, Latini, Sabini ed Etruschi (per citare solo i popoli più rappresentativi) si sono combattuti per secoli e con alterne fortune; questa battaglia è solo una delle tante. La sua importanza viene da quanto, negli anni successivi, nè conseguì nei rapporti fra Roma e i popoli circostanti. Seguiamo la narrazione dello storico patavino Tito Livio in Ab urbe condita libri e vediamo che Lucio Tarquinio il Superbo, dopo la cacciata, aveva cercato aiuto in varie città vicine. Il principale sostegno venne da Porsenna, lucumone di Chiusi, che però ammirato dall’eroiscmo dei vari Orazio Coclite, Muzio Scevola e Clelia (la vergine fuggitiva restituita al re e rimandata da lui a casa) decise di interrompere i suoi attacchi a Roma e di liberarsi dell’ormai anziano e deposto re romano. Tarquinio e i suoi seguaci, che nel frattempo erano stati espropriati dei loro beni a Roma, dovettero trovare rifugio a Tusculum dal genero di Tarquinio, il dittatore Ottavio Mamlio. Mamlio passò i successivi tre anni a preparare la guerra a Roma, aizzando i Latini che, d’altra parte, non avevano nessun bisogno di essere aizzati per combattere. 
Essendo consoli Aulo Postumio e Tito Ebuzia Helva Roma dovette fronteggiare una battaglia più pericolosa delle altre; dopo alcuni anni di combattimenti con i vicini, i romani si trovarono davanti, sul campo assieme ai Tuscolani, Lucio Tarquinio e i fuoriusciti romani che vedevano l’ultima possibilità di vendicarsi e rientrare in patria da vincitori. 
Si noti che il problema per i Romani non era la capacità bellica dei consoli (di cui Livio non riesce a precisarne il nome), ma il fatto di essere sospettati di parteggiare per la fazione dei Tarquini, evidentemente ancora dotata di un certo seguito nella città. 
Roma per alcuni anni si era ritrovata in una condizione di guerra freddacon continue provocazioni da e verso i popoli confinanti e con continue chiamate alle armi che però sfociavano in taciti accordi fra le città. I Tarquini che avevano posto la loro base a Tuscolo, si stavano adoperando per riprendere le ostilità con un supporto militare organizzato. Ottavia Mamlio si era attivato per formare una lega latina e per organizzare un esercito di dimensioni sufficienti da riuscire a vincere i potenti vicini. Livio asserisce che, essendo consoli Tito Ebuzio Elva e Gaio Veturio Gemino (secondo la cronologia varroniana era il 499 a.C.), fu assediata Fidene, conquistata Crustumerio e Preneste defezionò alla Lega Latina passando al campo avversario. La guerra con i Latini era diventata inevitabile. 
Nell’anno 498 a.C. nella Selva Ferentina si tennero riunioni dove si formò una alleanza detta Lega Latina. Trenta città si unirono per scrollarsi il peso di Roma. L’anno successivo i latini conquistano la fortezza di Corbium. Infine, nel 496 a.C., le formazioni della Lega e una coorte di fuoriusciti romani al seguito dei Tarquini iniziarono le operazioni belliche. Le forze latine assommavano a circa 40.000 fanti e 3.000 cavalieri. 
A Roma si era venuti a conoscenza della minaccia, Aulo Postumio venne nominato dittatore e vennero reclutati 24.000 fanti e 3.000 cavalieri, le usuali 4 legioni rinforzate dalle solite forze di cavalleria. Metà delle legioni furono appostate fra Roma e Tusculo al comando di Postumio per controllare i movimenti dei Latini. Questi, visto l’esiguo numero, di romani iniziarono lo spostamento verso le forze nemiche. Postumio fece venire da Roma il resto dell’esercito e dispose i suoi uomini fra il lago Regillo e il Monte, i una strettoia più difendibile. Entrambi gli eserciti attesero rinforzi e quando si sentirono sicuri, i Latini sferrarono l’attacco. 
La battaglia fu violentissima. 
Tarquinio il Superbo si scagliò contro Postumio ma fu ferito a un fianco e ricondotto in salvo dai suoi; Ebuzio che comandava la cavalleria all’ala opposta, si scontrò direttamente con Ottavio Mamlio ed entrambi rimasero feriti, Ebuzio al braccio, l’altro al petto, e dovettero ritirarsi dietro le prime linee. Mamlio, comunque ritornò a combattere guidando la coorte dei fuoriusciti assieme al figlio di Tarquinio. Marco Valerio, fratello di Valerio Publicola, scorto il giovane Tarquinio spronò il cavallo e si gettò, lancia in testa, contro Tarquinio che si ritirò fra i suoi. Valerio non desistette, fu ferito al fianco da un avversario e morì poco dopo. 
Quell’ala cominciò a mostrare segni di cedimento; Postumio diede ordine di trattare come nemici coloro che si fossero dati alla fuga. I Romani stretti fra i nemici e la coorte delle guardie del corpo del dittatore, interruppero la fuga e ripresero il combattimento aiutati proprio da quella coorte. Uomini freschi annientarono i nemici già stanchi, gli esuli furono quasi circondati. Mamlio, vedendo il pericolo si fece seguire da alcuni manipoli tenuti di riserva e si gettò nuovamente nella mischia. Il legato Tito Erminio lo vide, gli si lanciò cntro e lo uccise con un colpo; poi, colpito a sua volta, rientrò fra i ranghi per morire mentre gli si prestarono le cure. 
La battaglia era stata lunga e la fanteria romana era stanca, i nemici stavano prendendo il sopravvento. Postumio allora chiese ai cavalieri di scendere dai cavalli e di aiutare i fanti nelle loro azioni. 
Erano le fasi conclusive, i cavalieri romani risalirono sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria tenne dietro. Venne conquistato il campo latino. 
Secondo la leggenda, oltre a questo rinforzo dei cavalieri, Postumio chiese un aiuto divino ai Dioscuri, facendo voto di dedicare loro un tempio in cambio di un significativo aiuto. Si videro allora comparire due giovani guerrieri che nessuno dei Romani conosceva. Montati su cavalli bianchi si gettarono a combattere nelle prime file trascinando i Romani alla vittoria. Al termine della battaglia, però abbandonarono il campo. Sempre secondo la leggenda erano corsi a Roma a portare la notizia della vittoria, avevano lavato i cavalli alla fonte Giuturna ed erano scomparsi. 
Postumio ed Ebuzio, entrarono a Roma in trionfo; Postumio, devotamente, scioglierà il voto innalzando presso la fonte giuturna un tempio a Castore e Polluce. Il vecchio re Tarquinio terminerà i suoi giorni alla corte di Aristodemo, tiranno di Cuma. 
La sconfitta fermò definitivamente le velleità dei Latini che dovettero accettare la supremazia di Roma. Ma i Romani furono abbastanza saggi da non sfruttare troppo le popolazioni assoggettate, tanto che qualche anno dopo, verso il 462 a.C., i tuscolani furono più fedeli alleati di Roma quando la città, stremata da una micidiale pestilenza, ne ricevette l’aiuto contro le popolazioni degli Equi e dei Volsci. Battaglia del Lago Regillo 496 AC


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