LA BATTAGLIA DEL FIUME ALLIA 390 AC

LA BATTAGLIA DEL FIUME ALLIA 390 AC

LA BATTAGLIA DEL FIUME ALLIA 390 AC


La battaglia di Allia fu combattuta il 18 luglio del 390 a.C./388 a.C. nei pressi dell’Allia fra Romani e Galli Senoni. La sconfitta dell’esercito romano permise ai galli la conquista di Roma.
La presenza celtica, nel nord Italia, risaliva all’età del Bronzo e alle Cultura di Canegrate e alla Cultura di Golasecca. Fu una penetrazione lenta e indolore, risale al VII secolo a.C. la più antica iscrizione celtica in Italia, oggi conservata nella Biblioteca di Castelletto sopra Ticino. Diversa fu la migrazione di massa del VI secolo a.C., che portò alla colonizzazione della pianura padana. In emilia si stabilì la potente confederazione dei Boi, in Romagna e nelle Marche, si stabilirono i Senoni in quello che venne denominato Ager Gallicus, dal fiume Montone, nell’attuale Romagna, fino ad Ancona. Attorno al 391 a.C., una tribù dei Senoni, al capo di un Brenno si spinse nel cuore dell’Etruria piantando il campo davanti a Chiusi, città etrusca sul confine toscano. Gli Etruschi di Chiusi chiesero aiuto ai Romani. Roma non diede un aiuto militare, ma inviò in qualità di ambasciatori, per trattare con i Galli, i tre figli di Marco Fabio Ambusto. Costoro non solo condussero l’ambasceria in modo arrogante, ma addirittura presero parte ad un combattimento nelle file degli Etruschi di Chiusi contro i Senoni, e uno di essi colpì e uccise un condottiero dei Galli. I Senoni chiesero alla repubblica romana la consegna dei temerari violatori del diritto delle genti (gli ambasciatori, essendo consacrati, durante le loro funzioni non potevano toccare il ferro nè versare sangue). Il Senato romano, pur giudicando giusta la richiesta dei Senoni, rifiutò di dar loro soddisfazioni per le pressioni della Gens Fabia; anzi, la potente gens riuscì a far nominare i tre Fabi addirittura tribuni consolari per l’anno 390 assieme a Quinto Sulpicio Longo, Quinto Servilio e Publio Cornelio Maluginense. Indignato Brenno, re dell’esercito dei Galli, levò l’assedio di Chiusi e con tutta l’armata si volse verso Roma. I Romani allestirono in fretta un esercito improvvisato.
Lo scontro tra i due eserciti avvenne sul fiume Allia “ad appena undici miglia dalla città, là dove il fiume Allia, scendendo dai monti Crustumini in una gola profonda, si getta nel Tevere poco sotto la strada”; il fiume Allia corrisponde probabilmente all’attuale “Fosso Maestro”, un piccolo affluente di destra del Tevere. Mentre l’esercito celtico con ogni probabilità era ben addestrato ed equipaggiato, sebbene desse l’impressione di avanzare come un branco di predoni non organizzato, quello romano era poco più che raccogliticcio e composto da due legioni più gli alleati latini. La condotta dei Romani, così come descritta dai primi analisti e da Tito Livio, appare presuntuosa e temeraria. I tributi militari schierarono l’esercito “senza aver scelto in anticipo uno spazio per il campo, senza aver costruito una trincea che potesse fungere da riparo in caso di ritirata, dimentichi, per non dire degli uomini, anche degli dei, non essendosi minimamente preoccupati di trarre i dovuti auspici e di offrire sacrifici augurali”. Dopo le prime manovre (le riserve romane conquistarono un’altura, i Galli si dirigono contro di loro), inopinatamente, il grosso dell’esercito romano si diede ad una fuga precipitosa prima ancora che cominciasse il combattimento.
Gli stessi galli rimasero sbalorditi per la conclusione così improvvisa della battaglia. In seguito alla disfatta dell’Allia, e al sacco di Roma che ne seguì, i romani adottarono le necessarie misure per ottenere un esercito più mobile e compatto tale che i Galli vennero vinti in tutte la altre battaglie (Battaglia del Sentino, Battaglia di Talamone, Battaglia del lago Vadimonte). Da quel giorno, comunque, la data annoverrata nel calendario romano come “Dies nefastus “giorno sfortunato”.

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