ANALISI TESTUALE Il treno ha fischiato

ANALISI TESTUALE Il treno ha fischiato

ANALISI TESTUALE Il treno ha fischiato


LUIGI PIRANDELLO

L’opera

Analisi dell’opera

Nella narrazione sono presenti tre momenti:

  • Esordio: avvio in medias res; situazione di squilibro iniziale determinata da un evento che solo successivamente verrà chiarito.

  • Punto culminante della tensione narrativa: l’accrescersi della tensione narrativa non è dovuta all’aggravarsi della situazione (fin dalle prime righe sappiamo della pazzia e del ricovero di Belluca), ma dall’atteggiamento di conoscenti e colleghi che, di fronte alla rivelazione di Belluca (“il treno…ha fischiato”) manifestano incredulità, stupore e ilarità.

  • Scioglimento: la spiegazione della presunta pazzia di Belluca (l’io narrante, al contrario di tutti gli altri personaggi, non si sorprende, anzi ritiene che tutto l’accaduto sia “naturalissimo”) allenta la tensione e avvia l’epilogo, in cui ogni cosa si ricompone in un rinnovato equilibrio: il fischio del treno rappresenta dunque il varco improvviso, lo squarcio mentale in seguito al quale Belluca ha assunto piena dignità di individuo consapevole ponendosi in un rapporto nuovo con gli individui e col mondo.

Personaggi: Belluca è il personaggio principale della vicenda ed è descritto sia direttamente (attraverso i dialoghi, le descrizioni ), sia ,in minor misura, indirettamente (attraverso i suoi comportamenti). Grazie alle frequenti analessi e agli excursus che il narratore allodiegetico introduce nel corso del racconto, Belluca appare un uomo inetto alle gioie della vita, dedito unicamente all’adempimento dei propri doveri, succube degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il lavoro, la famiglia, lo spazio esterno inteso come “mondo” al di fuori di lui. In questo ambito egli è incapace di agire secondo i desideri personali e si limita a mettere in atto qualsiasi cosa gli venga richiesta dagli altri (ad esempio dal capoufficio), o imposta (ad esempio dalle donne della famiglia). Belluca è passivo alla vita e apatico, pur essendo sempre molto occupato nell’adempimento delle sue mansioni come un automa. A tale vita “impossibile” segue, come “coda naturalissima”, prosecuzione “naturale” di tale mostruosità, la reazione, quasi istintiva, all’evento del fischio del treno: un episodio in sé insignificante ma capace di fargli ricordare quel mondo a cui è stato costretto a rinunciare.
Il personaggio che all’interno del racconto ha il ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che visita dopo il ricovero all’ospizio; la sua partecipazione alla vita del protagonista si limita a questo, appare infatti come un testimone esterno ai fatti; ma non sentimentalmente estraneo: attraverso le sue parole e la sua guida il lettore capisce e interpreta la vicenda cogliendone le motivazioni profonde, e, più ancora, la sente e la soffre insieme a lui (“E il mio silenzio era pieno di dolore…”): potremmo definirlo un testimone pensoso e commosso.
Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi secondari, utili non tanto alla storia in sé quanto alla conoscenza dell’ambiente in cui il protagonista vive.

Luoghi: Nella novella sono assenti precisazioni geografiche, anche se si può supporre che la vicenda si svolga nel Sud-Italia. Infatti Bellica, per evidenziare il divario tra la condizione in cui vive e quella a cui aspira, cita alcune città del Nord, quali Firenze, Bologna, Torino e Venezia. Più che di luoghi è preferibile parlare di “ambienti” intesi allegoricamente: l’ufficio e la famiglia rappresentano gli obblighi e i doveri che opprimono la sua esistenza; l’ospedale, in cui si perde la propria consueta identità, il momento di transizione tra il vecchio e il nuovo stile di vita; la Siberia e le foreste del Congo, presenti solo nella fantasia del protagonista, la possibilità di evadere dalla realtà.

Il tempo:

  • Fabula: Analizzando i tempi della novella si constata che il tempo della storia (della durata di tre giorni) non coincide col tempo del racconto (o intreccio) per la presenza di anacronie. La storia ha inizio la notte in cui si verifica l’evento motore, cioè quando Belluca sente il treno fischiare. Il giorno seguente il protagonista si reca, come di consueto, al lavoro, ma questa volta non è disposto a subire le angherie del capoufficio. Ha inizio così la presunta pazzia. Quella stessa sera Belluca viene internato all’ospizio dove riceverà il giorno dopo le visite dei conoscenti e del vicino di casa, che ha il ruolo di voce narrante.
  • Tempo del racconto: è strettamente connesso ad una struttura a regressione analettica. Queste inversioni temporali, che sciolgono dai rigidi binari della cronologia la trama del racconto, rispondono ad una concezione interiorizzata del tempo e ad una interpretazione soggettiva della realta’, proprie di Pirandello. Il racconto inizia quando gli eventi principali che costituiscono la fabula sono ormai avvenuti. La narrazione ripercorre quindi tutta la vicenda mediante un’ampia analessi e un’inversione temporale che si manifesta al lettore come recupero regressivo dei fatti simile ad un processo investigativo guidato da un personaggio testimone allodiegetico. La scena iniziale introduce il ricovero di Belluca in ospedale (“Farneticava. Principio di…”) e le supposizioni dei colleghi d’ufficio sulle cause della “pazzia”; in seguito si apre la prima regressione analettica (“Veramente il fatto… paraocchi”) in cui alla retrospezione temporalmente definita (“La sera avanti…”) si affianca una specie di excursus, una parentesi narrativa sulla vita e sulla personalità del protagonista. Dopo tale analessi iterativa in cui il narratore-testimone mostra la propria pietas e benevolenza nei confronti di Belluca, il racconto riprende (“Tanto più… niente”) la prima retrospezione (che si potrebbe definire retrospezione base) arricchendola con una seconda, interna ad essa, grazie alla quale si copre l’arco di un’intera giornata (“Già s’era presentato la mattina… e tutto il giorno non aveva combinato niente. La sera…”). Segue una scena dialogata tra Belluca e il capoufficio che si conclude con il ricovero all’ospedale dell’impiegato che aveva sentito fischiare il treno (“Lo avevano a viva… matti”): si torna in questo modo all’inizio del tempo del racconto (“Seguitava ancora…”). Da questo punto in poi il narratore-testimone si presenta anche come personaggio della vicenda e, mentre si avvia a far visita a Belluca, i suoi pensieri si offrono come spunto per una pausa narrativa in cui egli mette a confronto il”nuovo Belluca” (“E guardava tutti… inaudite”) con quella da sempre conosciuto, protagonista di una vita “impossibile” (“Non avevo veduto… mai”). La parte finale del racconto (“Ebbene signori… fischiato”) riporta il discorso sul “presente” della vicenda, il terzo giorno (“Quando andai a trovarlo all’ospizio…”), quando il narratore-testimone, dopo aver stilato una breve sintesi dei giorni precedenti (“due sere avanti”, “il primo giorno aveva ecceduto”) e delle “specialissime condizioni in cui quell’infelice viveva da tant’anni” (narrate nelle regressioni), fornisce una spiegazione logica e razionale (“una coda naturalissima”) alla presunta pazzia del collega ed amico

La suspense: La novella “Il treno ha fischiato” suscita un particolare interesse sia per l’originalità del contenuto sia per la strategia narrativa che procede attraverso numerose analessi. Grazie a questa tecnica che informa per gradi il lettore sugli antefatti, l’autore (benché non abbia avuto la volontà consapevole di creare un racconto di suspense nel senso attuale del termine) si è avvalso di elementi in grado di suscitare curiosità e attesa e quindi tensione e sospensione emotiva. L’enigma nasce dalla vicenda stessa di cui il lettore viene per gradi a conoscenza: l’anomalo comportamento di Belluca nel presente, la sua condotta esemplare in passato. La stessa interpretazione dei fatti, inizialmente a più voci, non chiarisce, anzi complica l’enigma. Infatti da un lato l’avvio della vicenda in medias res con le supposizioni dei colleghi sulla presunta pazzia di Belluca, dall’altro le anticipazioni del narratore-testimone che al contrario definisce “naturalissimo” il singolare comportamento del protagonista, stimolano una curiosità che nasce dal divario tra le ipotesi dei colleghi ignari e la verità a cui il narratore allude con alcune anticipazioni, ma che ancora non svela.

Il punto di vista: Nell’arco della narrazione la focalizzazione non è costante: infatti i punti di vista si alternano continuamente. La novella inizia annunciandoci che il protagonista, ancora non identificato, ha dato segni evidenti di squilibrio o quantomeno di alterazione del comportamento. In questa fase del racconto, la prospettiva, espressa prevalentemente attraverso il dialogo, è quella dei personaggi secondari: i medici, che parlano di febbre cerebrale, e i compagni di ufficio che avanzano svariate ipotesi: pazzia, encefalite, meningite. Già nella seconda sequenza però, emerge la voce del narratore (un personaggio ancora senza identità) il quale ipotizza che, “date le specialissime condizioni in cui quell’infelice viveva da tant’anni”, il caso del Belluca “poteva anche essere naturalissimo” e il suo farneticare poteva essere la “spiegazione più semplice di quel naturalissimo caso”. Nella quarta sequenza ancora un mutamento della prospettiva: il narratore si fa portavoce delle valutazioni dei colleghi sulla fisionomia umana e sugli antefatti della vita di Belluca (“Circoscritto… sì, chi l’aveva descritto così? Uno dei suoi compagni d’ufficio.”) e il suo giudizio si confonde con il loro. Successivamente ritorna il punto di vista del narratore: a lui Pirandello affida ora il compito di rivelare in modi diffusi ed espliciti la verità, spiegando il “caso” capitato a Belluca. Dopo ancora il narratore, rivelatosi solo ora un vicino di casa di Belluca, riferisce quanto lo stesso Belluca gli ha detto durante l’incontro all’ospizio: in questa sequenza narrativa, attraverso l’uso dell’indiretto libero, il narratore riporta il punto di vista, coincidente col proprio, del protagonista. Infine egli espone i propositi del protagonista per il futuro. In questa continua variazione dei punti di vista, il lettore ha tuttavia la sensazione che prevalente e definitivo sia quello del personaggio-testimone (ad esempio con l’uso dei superlativi naturalissimo e naturalissimamente), l’io narrante, che possiamo definire, per le sua caratteristiche, narratore allodiegetico.

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