AHI LASSO OR E STAGION DE DOLER TANTO

AHI LASSO OR E STAGION DE DOLER TANTO

AHI LASSO OR E STAGION DE DOLER TANTO

GUITTONE D’AREZZO


POESIA:
Ahi lasso, or è stagion de doler tanto
a ciascun om che ben ama Ragione,
ch’eo meraviglio u’ trova guerigione,
che morto no l’ha già corrotto e pianto,
vedendo l’alta Fior sempre granata
e l’onorato antico uso romano
ca certo pèr, crudel forte e villano,
s’avaccio ella no è ricoverata:
ché l’onorata sua ricca grandezza
e ’l pregio quasi è già tutto perito
e lo valor e ’l poder si desvia.
Ohi lasso, or quale dia
fu mai tanto crudel dannaggio audito?
Deo, com’hailo sofrito,
deritto pèra e torto entri ’n altezza?

Altezza tanta êlla sfiorata Fiore
fo, mentre ver’ se stessa era leale,
che ritenëa modo imperïale,
acquistando per suo alto valore
provinci’ e terre, press’o e lunge, mante;
e sembrava che far volesse impero
sì como Roma già fece, e leggero
li era, c’alcun no i potea star avante.
E ciò li stava ben certo a ragione,
ché non se ne penava per pro tanto,
como per ritener giustizi’ e poso;
e poi folli amoroso
de fare ciò, si trasse avante tanto,
ch’al mondo no ha canto,
u’ non sonasse il pregio del Leone.

Leone, lasso, or no è, ch’eo li veo
tratto l’onghie e li denti e lo valore,
e ’l gran lignaggio suo mort’a dolore,
ed en crudel pregio[n] mis’ a gran reo.
E ciò li ha fatto chi? Quelli che sono
de la schiatta gentil sua stratti e nati,
che fun per lui cresciuti e avanzati
sovra tutti altri e collocati a bono;
e per la grande altezza ove li mise
ennantîr sì, che ’l piagâr quasi a morte.
Ma Deo di guerigion feceli dono,
ed el fe’ lor perdono,
e anche el refedier poi, ma fu forte
e perdonò lor morte:
or hanno lui e soie membre conquise.

Conquis’è l’alto comun fiorentino,
e col senese in tal modo ha cangiato,
che tutta l’onta e ’l danno, che dato
li ha sempre, como sa ciascun latino,
li rende, e i tolle il pro e l’onor tutto.
Ché Montalcino av’abattuto a forza,
Montepulciano miso en sua forza,
e de Maremma ha la cervia e ’l frutto;
Sangimignan, Pog[g]iboniz’ e Colle
e Volterra e ’l paiese a suo tene;
e la campana e le ’nsegne e li arnesi
e li onor tutti presi
ave con ciò che seco avea di bene.
E tutto ciò li avene
per quella schiatta, che più ch’altra è folle.

Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno,
e l’onor suo fa che vergogna i torna;
e di bona libertà, ove soggiorna
a gran piacer, s’aduce a suo gran danno
sotto segnoria fella e malvagia,
e suo segnor fa suo grand’ enemico.
A voi che siete ora in Fiorenza dico,
che ciò ch’è divenuto, par, v’adagia;
e poi che li Alamanni in casa avete,
servite•i bene, e faitevo mostrare
le spade lor, con che v’han fesso i visi,
e padri e figli aucisi;
e piaceme che lor dobiate dare,
perch’ebbero en ciò fare
fatica assai, de vostre gran monete.

Monete mante e gran gioi’ presentate
ai Conti e a li Uberti e a li altri tutti,
ch’a tanto grande onor v’hano condutti,
che miso v’hano Sena in podestate;
Pistoia e Colle e Volterra fanno ora
guardar vostre castella a loro spese;
e ’l Conte Rosso ha Maremma e ’l paiese;
Montalcin sta sigur senza le mura;
de Ripafratta temor ha ’l pisano,
e ’l perogin che ’l lago no i tolliate,
e Roma vol con voi far compagnia.
Onore e segnoria
adunque par e che ben tutto abbiate:
ciò che disïavate
potete far, cioè re del Toscano.

Baron lombardi e romani e pugliesi
e tosci e romagnuoli e marchigiani,
Fiorenza, fior che sempre rinovella,
a sua corte v’apella;
che fare vol de sé rei dei Toscani,
da poi che li Alamanni
ave conquisi per forza e i Senesi.


PARAFRASI:
Ahimè, ora è tempo di soffrire tanto
da parte di ogni uomo che ama la Ragione, 
tanto che io mi meraviglio se trova la salvezza
perché dolore e pianto non l’hanno ancora ucciso. 
Vedendo la nobile Firenze sempre ricca 
e l’antico e onorato costume romano 
che sicuramente morirà, crudeltà molto villana, 
se Firenze non viene salvata presto: 
poiché l’onorata e sua potente grandezza 
e il suo pregio sono quasi del tutto scomparsi, 
e il valore e il potere si perdono. 
Ahimè, in quale giorno 
fu mai sentito un danno tanto crudele? 
Dio, come hai potuto sopportare 
che la giustizia muoia e l’ingiustizia trionfi?

Tanta gloria ci fu nell’indebolita Firenze, 
finché era leale verso se stessa, 
che conservava stile imperiale, 
conquistando grazie al suo grande valore 
numerose provincie e terre, vicine e lontane, 
sembrava che volesse creare un impero 
come in passato fece Roma, e le sarebbe stato facile,
perché nessuno poteva esserle superiore. 
Ed esercitava giustamente questo ruolo 
poiché non si affaticava soltanto per sé, 
ma anche per mantenere giustizia e pace. 
E poiché le piacque 
fare ciò, divenne tanto potente 
che nel mondo non c’era luogo 
dove non fosse celebrato il valore del Leone.

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