A ZACINTO UGO FOSCOLO PARAFRASI E ANALISI DEL TESTO

A ZACINTO UGO FOSCOLO PARAFRASI E ANALISI DEL TESTO


A Zacinto

A Zacinto (conosciuto anche come Né più mai toccherò le sacre sponde, dal primo verso) è uno dei più celebri sonetti della produzione di Ugo Foscolo, scritto nel 1803 a Milano. Il sonetto affronta il tema dell’esilio e della nostalgia della terra natale, e il poeta paragona la sua condizione a quella di Ulisse, che però fu più fortunato di lui in quanto riuscì a rimettere piede sulla sua petrosa Itaca (cui si contrappone il termine sponde riferito a Zacinto, per sottolineare la lontananza e l’impossibilità del poeta di raggiungere la sua terra), mentre Foscolo è condannato ad una illacrimata sepoltura, senza pianto, cioè morirà lontano dalla sua terra che non potrà rimpiangerne la scomparsa. Questa poesia è di genere tipicamente del Romanticismo, cioè (a grandi linee) il ritorno, da parte di alcune persone, ai pensieri tipici classici come la patria, le proprie origini e la mitologia greca. Il sonetto è stato di ispirazione per To Zante di Edgar Allan Poe.


Parafrasi

Io non potrò mai piu’ toccare le sacre sponde dove il mio corpo da piccolo giacque; o Zante mia, che ti rispecchi nelle onde del mare greco dal quale nacque la dea vergine Venere, e rese feconde quelle isole attraverso il suo primo sorriso, motivo per cui l’ alta poesia di Omero non potè non parlare del tuo limpido cielo, e delle avventure di Ulisse per il mare governato dal fato e l’ esilio di colui, bello per la fama e per la disgrazia, che è arrivato alla fine a baciare la sua Itaca piena di pietre. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo figlio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime.


Contenuti

Il sonetto foscoliano tratta il tema dell’esilio; rivolgendosi alla sua terra natale, l’isola di Zacinto, attuale Zante, l’autore afferma che mai più potrà tornare in quel luogo meraviglioso dove era stato durante l’infanzia. Questo, oltre che legarsi al tema dell’esilio, ci riporta al ricordo della propria patria. Nelle prime tre strofe Foscolo rimarca il legame con la Grecia: la sua isola si affaccia sullo stesso mare da cui nacque la dea Afrodite e fu resa celebre dai versi di Omero. Con quest’ultimo, Foscolo sente una doppia comunanza di sentimenti: come Omero, egli è poeta; come Ulisse, l’eroe cantato dall’aedo, vive un diverso esilio. Ma se l’eroe di Itaca potrà tornare a baciare la sua terra (aspra, ma non per questo meno amata), Foscolo al contrario sente che mai gli sarà possibile ritornarvi: egli potrà soltanto cantare della sua terra natale, ed è destinato ad una morte lontana. Nell’ultimo verso inoltre troviamo un ricollegamento al divino, con “il fato”, che predisse il non ritorno del poeta in patria.

“Né più mai”

L’incipit con effetto di improvviso del sonetto A Zacinto ha sempre attirato la curiosità degli studiosi e dei lettori, e costituisce una parte non secondaria del suo fascino. Ora è dato di sapere che il componimento prende le mosse dal biblico Cantico di Ezechia (Isaia 38). Il che permette di osservare che il sonetto, più che dal tema dell’esilio (per quanto presente, come stato detto poc’anzi), muove dall’idea della morte, e di una morte imminente.

Il testo della Vulgata è noto al Foscolo che lo cita più volte nelle opere e nell’epistolario, e vale anch’esso a riconoscervi la citazione foscoliana. Ma il testo a cui il Foscolo si rifà è piuttosto la traduzione del Cantico di Ezechia fatta da un suo amico, il naturalista Giuseppe Olivi di Chioggia, morto di tisi a soli ventisei anni, e pubblicata nella commemorazione funebre che di lui ebbe a scrivere il padovano Melchiorre Cesarotti (Elogio dell’abate Giuseppe Olivi, Padova 1796). Il verso “né il caro popol mio vedrò più mai” della traduzione mostra che l’innesto del sonetto (“né più mai toccherò le sacre sponde”) avvenne, in modo pressoché esplicito, attraverso un chiasmo. (Per inciso: l’ Elogio cesarottiano l’ebbe in mano anche Leopardi, e ne uscirono i versi A Silvia (v.)).

La descrizione della poesia e’ circolare: si parte da Zante per passare al mare Ionio, a Venere, alle isole, ai poemi omerici, a Omero, a Ulisse e Itaca ed infine ancora a Zante.

Temi Romantici:

Patriottismo, eroe romantico in esilio

Temi Neoclassici:

Presenza di Grecismi e Latinismi (Zacinto), figure mitologiche ( Venere), e Omero


METRICA:

Forma metrica: sonetto costituito da quartine a rima alternata (ABAB, ABAB) e da terzine a rima invertita (CDE, CED).

Le rime delle quartine sono tutte assonanti in e. Vi è una netta prevalenza dei tempi verbali passati, in particolare del passato remoto, nella parte centrale del sonetto nella quale viene rievocato un passato lontanissimo, addirittura mitico.

Nei versi 1 e 12, che aprono rispettivamente la prima e l’ultima strofa, troviamo invece due futuri introdotti entrambi da una negazione, più forte e incisiva quella del primo (né più mai), attenuata quella del v.12 (non altro che).

Figure Retoriche:

Perifrasi = V 2 “dove…giacque”

Sineddoche = V 7: “nubi”

Litote = V 6: “non tacque”

Antitesi = V 11: “baciò-petrosa”

Intreccio Romantico e Neoclassico:

Il tema romantico si intreccia con quello neoclassico quando Foscolo richiama l’ attenzione sul personaggio mitologico di Ulisse, sottolineando in particolar modo la patria ed il fatto che, anche lui come Ulisse, era in esilio. Comunque la figura mitologica (neoclassica) in questo caso, coincide con l’ eroe romantico.

Identificazioni del poeta:

Il poeta si rivede in parte nella figura mitologica di Ulisse, perchè Ulisse ha potuto ritornare nella sua patria Itaca, mentre Foscolo è destinato a restare lontano da Zante anche dopo la sua morte.

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