A ZACINTO COMMENTO E PARAFRASI

A ZACINTO COMMENTO E PARAFRASI

A ZACINTO COMMENTO E PARAFRASI


Né più mai toccherò le sacre sponde

ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

Il Foscolo canta Zacinto non solo come la propria patria reale, ma anche, soprattutto, come patria ideale. Essa appartiene infatti a una terra  verso la quale egli si protendeva con nostalgia struggente, come altri grandi romantici europei, che nella Grecia classica vedevano l’incarnazione d’un ideale bellezza, di piena e totale armonia umana. Ma soprattutto, rievocando gli antichi miti della patria, il Foscolo vede in esso prefigurati la sua vocazione e il suo destino. Venere, infatti, raffigura l’ideale della bellezza, di una cosmica armonia; Omero è la poesia, esternatrice dell’eroismo e dei valori umani più alti, in Ulisse, infine, <<bello di fama e di sventura>>, il poeta adombra l’immagine di se stesso, esule magnanimo, avversario dagli uomini e dalla fortuna, proprio per la sua nobiltà spirituale. La sognante evocazione della patria si conclude col presentimento di una sepoltura <<illacrimata>> in terra straniera; ma sollevando la sua esistenza nello splendore di quei grandi miti, il Foscolo vi ritrova un significato e un valore che la riscattano.


 PARAFRASI

Il termine sponde annuncia il tema del mare, un elemento decisivo nella geografia mitica di
questo sonetto: considerando i termini che Foscolo utilizza in riferimento a Zacinto (sacre sponde,
mia, specchi, onde, greco mar, isole feconde, limpide nubi, fronde, acque, materna mia terra),
emerge come l’isola venga rappresentata come luogo geografico e come patria natale, grembo
materno, in quanto ha dato la nascita al poeta. Ed ecco una relazione di tipo analogico tra Zacinto e
Venere: come Zacinto è il grembo materno, così Venere, che, secondo la tradizione classica nasce
giovinetta e vergine dal mare, ha reso fertili le acque di quelle isole greche. Acqua è dunque la
parola-chiave che crea intorno a sé un campo semantico costituito da termini ad essa legati. L’acqua
miticamente è datrice di vita e si identifica quindi naturalmente con l’immagine materna.
Inversamente, l’assenza totale di vita, la morte lontano dalla terra materna, è privazione di acqua
(illacrimata sepoltura).
Nel secondo verso si impone l’espressione il mio corpo …giacque, giacché riveste un
carattere di singolarità se pensata solo nella sua funzione denotativa di ricordare la fanciullezza del
poeta trascorsa a Zacinto. Ma in verità la scelta sia del sostantivo e soprattutto del verbo punta
proprio sull’ambiguità e sui valori connotativi, grazie ai quali il giacere del corpo rimanda ad una
situazione di morte.
Le espressioni acque…fatali (vv. 8-9; da sottolineare che la formula si trova anche nel
sonetto dedicato alla sera) e diverso esiglio (v. 9) ci presentano la figura di Ulisse ramingo per
l’opposizione del fato: ecco la seconda relazione, questa volta antitetica, evidenziata dall’iterazione
dei termini fatali e fato, ed espressa dalle figure di Ulisse1 e Foscolo: Ulisse, l’eroe greco, ha dovuto
viaggiare a lungo prima di far ritorno alla sua Itaca, a causa del volere degli dei e delle acque fatali;
per Foscolo il fato ha stabilito il non ritorno. Vi è qui una contrapposizione culturalmente
interessante tra le due figure, denunciata dal rapporto di contrasto tra i vv. 1 e 11, il primo e
l’ultimo del blocco iniziale. Si può leggere così il sonetto secondo un doppio codice, “classico” e
“romantico”:
codice classico: l’eroe classico, positivo, conclude felicemente le proprie peregrinazioni;
codice romantico: l’eroe romantico, negativo, non può concludere felicemente le proprie
peregrinazioni. E’ un tema tipicamente romantico quello di un errare senza approdo che si conclude
con la morte in terre lontane e sconosciute. Questi viaggi errabondi degli eroi letterari sono la
proiezione simbolica di una condizione di smarrimento, di mancata identificazione con un dato
sistema sociale e con i suoi valori. L’eroe romantico, sentendosi sradicato da una società in cui non
si riconosce, ama rappresentarsi miticamente come un esule, un estraneo nel mondo, condannato a
un perenne vagabondare, segnato da un’arcana maledizione che lo isola dagli uomini e lo condanna
alla sconfitta, alla solitudine, all’infelicità.
Esiste però una possibilità di ritorno alla terra, segnalata dall’iterazione della voce canto
(verbo e sostantivo), che evidenzia la terza ed ultima equivalenza semantica, quella tra le figure di
Omero e Foscolo. Omero è stato il cantore di Ulisse, del suo errare che si è concluso felicemente.
Foscolo è il cantore dell’impossibilità del suo stesso ritorno. Ma sostitutivo al ritorno reale è il
ritorno “ideale” assicurato dalla poesia, che per Foscolo rappresenta un valore che può sconfiggere
anche il destino avverso. Il canto è infatti espressione di valori e di ideali che permangono nei
secoli, che travalicano il tempo presente e stabiliscono una continuità tra passato, presente e futuro.
Per quanto concerne le scelte lessicali prevalgono termini aulici, colti, latinismi e grecismi.
Termini come inclito, dea, fatali sono testimonianza della cultura classica su cui Foscolo si è
formato. Si noti anche la fitta presenza, tra gli aggettivi, delle forme possessive mio, mia, che
rimandano al mondo di affetti e sentimenti su cui è costruito l’intero sonetto.


 Commento

Il sonetto foscoliano tratta il tema dell’esilio; rivolgendosi alla sua terra natale, l’isola di Zacinto, attuale Zante, l’autore afferma che mai più potrà tornare in quel luogo meraviglioso dove era stato durante l’infanzia. Questo, oltre che legarsi al tema dell’esilio, ci riporta al ricordo della propria patria. Nelle prime tre strofe Foscolo rimarca il legame con la Grecia: la sua isola che si affaccia sullo stesso mare da cui nacque la dea Afrodite e fu resa celebre dai versi di Omero. Con quest’ultimo, Foscolo sente una doppia comunanza di sentimenti: come Omero, egli è poeta; come Ulisse, l’eroe cantato dall’aedo, vive un diverso esilio. Ma se l’eroe di Itaca potrà tornare a baciare la sua terra (aspra, ma non per questo meno amata), Foscolo al contrario sente che mai gli sarà possibile ritornarvi: egli potrà soltanto cantare della sua terra natale, ed è destinato ad una morte lontana. Nell’ultimo verso inoltre troviamo un ricollegamento al divino, con il fato, che predisse il non ritorno del poeta in patria.

I temi dell’esilio e dell’amore per la patria sono temi Romantici, infatti Foscolo, pur essendo un autoreneoclassico, introduce molti aspetti del Romanticismo. Aspetti del Neoclassicismo invece sono i richiami classici greci: Afrodite, Omero e Ulisse.

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