William Shakespeare Tito Andronico

William Shakespeare Tito Andronico


Datazione e trama: Shakespeare (1564 – 1616) scrisse questa tragedia probabilmente fra il 1589 e il 1591. Pubblicata nel 1594, essa appartiene agli inizi della carriera del grande drammaturgo ed è forse la sua prima tragedia. I personaggi principali sono il generale romano Tito Andronico e la regina dei Goti, Tamora. Dopo aver vinto i Goti, Tito dispone che il figlio primogenito di Tamora sia sacrificato pubblicamente. Tamora, che ha implorato invano la grazia per suo figlio, giura vendetta. L’occasione per vendicarsi si presenta dopo che il nuovo imperatore romano Saturnino ha scelto Tamora come sua sposa. I due figli superstiti di Tamora, Demetrio e Chirone, durante una battuta di caccia rapiscono la figlia di Tito Andronico, Lavinia, la violentano, le tagliano la lingua e le mani per impedirle di comunicare, uccidono il fidanzato di lei, Bassanio, e la lasciano libera. Dell’assassinio di Bassanio sono incolpati due figli di Tito, che vengono giustiziati; un altro figlio di Tito, Lucio, viene esiliato e si unisce all’esercito dei Goti, assieme ai quali dichiara guerra a Roma. Quando Lavinia riesce, a gesti e pateticamente, ad indicare a suo padre i nomi dei suoi stupratori, la vendetta di Tito Andronico è atroce: con uno stratagemma, cattura Demetrio e Chirone, li sgozza, e ne serve le carni a Tamora e a Saturnino, durante un banchetto allestito da Tito con il pretesto di tentare una mediazione tra Lucio e l’imperatore Saturnino. Alla fine del banchetto, dopo aver ucciso sua figlia Lavinia per liberarla dalle sue sofferenze, e dopo aver rivelato a Tamora di averle fatto mangiare i resti dei suoi figli, Tito pugnala Tamora e viene subito ucciso da Saturnino. Lucio, a sua volta, pugnala Saturnino. Alla fine della tragedia, Lucio è acclamato imperatore.
Impressioni di lettura: Per questa fosca e cruenta “tragedia di vendetta” Shakespeare si ispirò a Thomas Kyd (il drammaturgo elisabettiano autore di The Spanish Tragedy), alla leggenda di Filomela e Procne nelle Metamorfosi di Ovidio, e specialmente al teatro di Seneca, sul cui Tieste è ricalcato l’episodio del banchetto cannibalesco. Ma Shakespeare superò i suoi modelli nella rappresentazione scenica della crudeltà più efferata. La scena più cruda del dramma è probabilmente l’ultima dell’atto II, nella quale Demetrio e Chirone sbeffeggiano atrocemente la povera Lavinia, da loro brutalizzata. Lo stesso Shakespeare, nelle sue tragedie successive, non arrivò più a questi eccessi, nemmeno nel suo Re Lear (1605), che pure ha vari punti di contatto con il Tito Andronico (ad esempio, nel rapporto fra Tito e Lavinia, che prefigura quello fra Lear e sua figlia Cordelia). Un’altra anticipazione nel Tito è costituita dal personaggio del moro Aronne, amante della regina Tamora e suo malvagio consigliere, un personaggio negativo che precorre in qualche modo Iago. Nel Tito Andronico, Shakespeare rinuncia in gran parte alla propria capacità di analisi psicologica, al suo gusto per le sfumature, per le sottili e complesse ambivalenze emotive, e anche alla propria genialità linguistica ed espressiva, per concentrarsi esclusivamente nella creazione di una macchina teatrale efficace e di grande effetto scenico, cui tutti gli altri elementi del dramma sono subordinati, anche la stessa qualità letteraria della scrittura. Il Tito, dal punto di vista poetico, non è il migliore dei drammi di Shakespeare. Negli ultimi decenni è stato riscoperto dai registi, che sempre più spesso lo ripropongono ad un pubblico ormai assuefatto alla rappresentazione della violenza e della crudeltà umana. A chi non ha ancora letto nulla di Shakespeare non consiglierei di iniziare con il Tito Andronico, perché non è fra le sue opere più rappresentative. (Consiglierei di iniziare dal buon vecchio Romeo e Giulietta).
Del Tito Andronico un’altra buona edizione tascabile è quella curata da Alessandro Serpieri per i Grandi libri Garzanti.